English | Español | Português | Italiano | Français | Deutsch | Nederlands | August 15, 2018 | Issue #41 | ||
Marcos chiede alle persone di ascoltarsi tra loroAd Anenecuilco, Morelos, il subcomandante zapatista “traccia la linea” rispetto alla campagna elettoraledi Bertha Rodríguez Santos
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Marcos con un bracciale Huichol. Foto: D.R. 2006 Nives Gobo |
Altri dicono che Marcos non è più Marcos, ma l’incarnazione di qualcosa che tutti vorremmo essere: Zorro, Robin Hood, Chucho el Roto, un poeta innamorato, un amante della vita e nemico della noia e della solennità. Come sia, a volte lo stesso Marcos si pone come indigeno, come donna, ecc. parlando di “noi indigeni” o “noi donne”.
A volte i rappresentanti delle comunità sono quelli che spiegano in maniera più chiara quello che ferisce il Messico del basso ed il modo in cui piacerebbe loro vivere; sono loro ad insegnare a Marcos la ricchezza di questo paese. Gli consegnano poemi, lo fanno accompagnare dai chinelos(persone che si prendono gioco dei bianchi mascherandosi da re, ecc.), gli appendono collane di fiori di maggio o Guiechachi, gli regalano cuexcomates o recipienti antichi che conservano il mais, e nei villaggi huicholes gli hanno perfino regalato due colorati bracciali, uno con la figura della pianta sacra del peyote, che ancora riluce mentre prende appunti delle testimonianze della gente che lotta in ogni stato.
A Tetelcingo, Morelos, i cattolici gli hanno cantato: “In questo angolo d’America, il futuro sta nascendo, un uomo dal sangue giovane per le valli va dicendo che per questa feconda terra, un uomo nuovo sta nascendo”.
A Morelia, Michoacán, i giovani hanno cantato mentre marciavano: “Mar-cos es- un in-sur-gente, lo-ama- tutta- la gente, anche-io-sono- za-pa-tista, mar-xis-ta-leni-nista”.
Gli uomini della campagna, a volte con un nodo alla gola, si impegnano: “se io rimarrò solo non importa, dovranno passare sul mio corpo, ma non passeranno sulla mia terra”, oltre ad assicurare che lotteranno fino alla fine per difendere la loro terra, le loro risorse naturali ed i loro diritti.
Altre volte, come alla Barranca de Los Sauces, in mezzo ad una zona residenziale di Cuernavaca, il regalo è per tutti. Si tratta di una lezione indimenticabile. Davanti ad un rovere, un albero di guayaba, un alloro ed altri due alberi da ombra, Flora Guerrero, Carlos Pérez, Alberto Mora, Azalea Calleja, Ruth Jimenez ed Astrid Arias si erano incatenati per impedire che le macchine per iniziare i lavori di costruzione di un ponte, le sradicassero.
Il 10 aprile, intorno alle 9 del mattino gli abitanti raggruppati nell’organizzazione ambientalista “Guardiani degli Alberi”, che da mercoledì 5 aprile mantenevano un presidio all’ingresso della gola, sono stati testimoni dell’arrivo di quattro pattuglie della polizia statale e della polizia a cavallo e di circa 20 granatieri.
Con loro c’erano due ambulanze in previsione dello sgombero dei manifestanti che sarebbe stato violento. Tuttavia, apprendendo dell’arrivo della carovana dell’Altra Campagna sul posto, i poliziotti se ne sono andati “scappando come galline”.
“Ci avete salvato la vita. Ci avete salvato dalla repressione”, avrebbero detto più tardi gli ecologisti.
Nella gola scorre il fiume Salto de San Antón, molto inquinato dalle acque nere della città prima considerata “dell’eterna primavera”, si ergono grandiosi, diversi ahuehuetes [pianta conifera ornamentale – n.d.t.] e ficus così come una grande varietà di flora e fauna tra cui si distinguono iguane, pappagalli, ecc.
La presenza del veterano guerrigliero Félix Serdán, che ha combattuto con Rubén Jaramillo per i diritti dei lavoratori dello zuccherificio di Zacatepec, ha incoraggiato il presidio. I machete che “tagliano il cuoio” dei contadini di Atenco, hanno riscaldato gli animi dei presenti.
Di comunità in comunità, il Delegato Zero, dopo aver ascoltato i partecipanti, offre le sue parole, a volte con interventi brevi ed in altre occasioni estesi. In tutti, tocca i grandi temi dell’Altra Campagna anticapitalista, con incorporando spesso le storie delle lotte locali. I dettagli cambiano – non ripete mai due volte lo stesso discorso – ma i grandi temi come il problema con i partiti ed il sistema politico, compaiono sempre in molteplici forme. Per esempio, a volte in comunità rurali o indigeni parla della storia di come si è fondato e cresciuto l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale in Chiapas prima dell’insurrezione del 1994.
Ad Anenecuilco, villaggio in cui giacciono i resti di Zapata, l’11 aprile, il Delegato Zero “ha tracciato la linea” tra il modo tradizionale di fare politica, che di questi tempi si caratterizza per il fatto di dissipare migliaia di milioni di pesos in propaganda elettorale alla ricerca della presidenza della Repubblica, e L’Altra Campagna.
Riferendosi al periodo elettorale che sta vivendo il nostro paese, ha paragonato i partiti politici agli antichi impiegati dei ricchi latifondisti: “Quelli che stanno in alto hanno quelli che chiamiamo capoccia, per fare un riferimento al latifondo porfirista che fu distrutto dal movimento contadino di Emiliano Zapata, che per noi sono i partiti politici”.
Parla della versione moderna degli spacci di proprietà dei latifondisti, dove invece del denaro i peones usavano le tessere per acquistare i prodotti necessari per sopravvivere alla schiavitú nelle fincas. “La base di questo sistema che stiamo affrontando è la merce”, dice Marcos ed aggiunge: “Questo sistema capitalista trasforma tutto in merce ed in questi momenti, in questo anno ed in questi mesi, stiamo vedendo la trasformazione della politica in una merce ed in questo senso, come prima, offrono un vestito, delle scarpe, uno shampoo. Ora offrono candidati e partiti politici”.
“Da un po’ di tempo in qua, le proposte politiche, le organizzazioni che stanno in alto si contendono il governo, non importa per voler essere governo, ma – ad una lettura attenta, che è quello che dobbiamo fare come parte dell’Altra Campagna delle proposte dei politici – non c’è nessuna differenza tra l’uno e l’altro”.
Davanti ai cooperativisti e praticanti della teologia della liberazione, tra altri aderenti, Marcos ha spiegato: “Cioè, non si sta proponendo realmente una trasformazione delle condizioni cui siamo soggetti. Dunque, siccome non si tratta più di portare avanti una proposta politica, allora ci offrono una merce, un candidato, nemmeno più un partito politico. E su questo candidato si costruisce una campagna pubblicitaria”.
“Noi – ha proseguito – noi come lavoratori, sia della campagna che della città, come insegnanti, studenti, incluso comunità ecclesiali di base, siamo i consumatori a cui hanno dato una carta di credito che si chiama credenziale elettorale che si usa solo ogni tre o ogni sei anni, e questa carta di credito è ceduta al candidato che risulti vincitore affinché ne faccia uso ed ottenga guadagni per tre o sei anni”.
In piena guerra propagandista tra i candidati alla presidenza, ha detto: “Durante questo periodo noi siamo solo consumatori in più. Cercano di convincerci che il prodotto che consumeremo è quello buono, ma risulta che non sono la stessa cosa un contadino senza terra, un venditore ambulante e un grande proprietario dei mezzi di produzione, un proprietario terriero, il padrone della Coca Cola, o i direttori e la gente che vende bibite fresche al mercato”.
“Allora, lo stesso candidato, lo stesso prodotto deve convincere gli uni e gli altri. Se noi analizziamo bene questo, ci rendiamo conto che il venditore ambulante o il contadino senza terra non vogliono la stessa cosa del grande proprietario terriero o del padrone di un centro commerciale”.
Marcos, chiarisce: “Troviamo che questo prodotto che si vende nelle elezioni cambia. Quando parla con gli industriali dice loro ‘Io sono quello buono’; quando parla con i contadini, ‘Io sono quello buono’ e a seconda del tipo di consumatore che incontra, gli dice, ‘Io sono quello buono’”.
Il delegato Zero parla di qualcosa che tutti vogliono sentire e va al sodo. “E’ qui sta la trappola, il politico che dice che io governerò, guiderò questo paese per favorire tutti, ‘per il bene di tutti’, ‘affinché le cose si facciano’, dice (Roberto) Madrazo (candidato del Partito Rivoluzionario Istituzionale, o PRI); ‘Per il bene di tutti’, dice (Andrés Manuel) López Obrador (candidato del Partito della Rivoluzione Democratica, o PRD); e (Felipe) Calderón non so se riesce a formulare qualche proposta – guarda i presenti e sorride con gli occhi – che è il candidato del Partito di Azione Nazionale (PAN), dice che ha le mani pulite, beh, può lavare i piatti, è quello che propone il candidato del Partito di Azione Nazionale e quello che noi proponiamo nell’Altra Campagna è esattamente il contrario. In primo luogo, non stiamo vendendo un prodotto, neanche una candidatura, un partito o un progetto di nazione, quello che stiamo facendo è tentare di costruire dal basso un’altra cosa, e quest’altra cosa è completamente radicale nella sua differenza rispetto a quello che sta accadendo là in alto”.
Allude a quello che si vede sempre ma che molti trascurano: “Non si tratta di convincere gli uni e gli altri dell’impossibile, e chiunque si trova in basso sa che come avanza la sua miseria avanza la ricchezza di chi sta in alto. Nel Morelos che stiamo percorrendo, abbiamo trovato queste differenze: zone residenziali, grandi centri commerciali da una parte e quasi immediatamente zone nella più profonda miseria e nella disperazione, e questa avanzata della conquista – noi diciamo, una Guerra di Conquista come 500 anni fa – diventa sempre più brutale e sanguinaria, come se il ricco non avesse fondo, come se non gli bastasse quello che ha, sei, sette case, auto, viaggi all’estero, abiti eleganti, ne vorrebbe ancora di più”.
Lo zapatista spiega: “Dunque, si tratta, diciamo noi, che c’è la gente che ha molto denaro e dice: ‘bisogna vendergli le cose costose’ e c’è gente che ha poco denaro, ed uno penserebbe, ‘no, lasciatelo in pace’, vogliono anche quello che abbiamo in tasca”.
Tocca corde intime: “Allora, si apre questa linea dalla parte della politica dell’alto che dice ‘scommettete tutto quello che avete’ anche se è molto poco; là in alto qualcuno risolverà il problema. E questa scommessa che si deve rinnovare ogni tre o sei anni, per noi significa che si riduce sempre più quello che c’è in tasca, quello che c’è in tavola nel momento di mangiare è meno e di peggiore qualità ma adesso si aggiunge la comparsa di una distruzione ed una morte che prima non c’era e questo è particolarmente doloroso in Morelos che è sempre stato un emblema del paese per la sua ricchezza naturale: l’acqua, i boschi, l’aria, di fatto, tutto questo è stato trasformato in una merce, quando proprio per questo Morelos è stato popolato, non con i grandi latifondisti contro i quali si ribellò Zapata ma al posto del latifondista c’è l’impresario turistico, l’impresario immobiliare, e dove prima c’erano tenute e poi ejidos e comunità, terre comunali, adesso ci sono zone residenziali, centri commerciali e centri turistici”.
Ancora una volta ricorre all’ironia, all’umorismo: “Noi potremmo pensare che il capitalismo si impadronirà di questo ed avrà cura della natura per poterne godere, ma il capitalismo è tanto idiota, e qui il suo massimo rappresentante è Estrata Cagui… Cajigal… Caguijal diciamo noi, perché non fa altro che cagate ad ogni momento nel suo affanno di profitto”, ha detto suscitando risate.
Marcos rivela la relazione tra i politici ed il sistema capitalista. “Si tratta di guadagnare denaro, non importa quello che si distrugge, e non importa che questa distruzione vada perfino contro i loro interessi. Se qualcuno pensa che il capitalismo possieda una razionalità nel perseguire il processo di distruzione che sta portando avanti dovunque, si renderà conto che non è così. Il capitale è un grande criminale idiota e stupido”.
Spiega: “Noi potremmo fare lo sforzo di tentare di convincere il capitale ad essere più razionale, a riflettere bene sulle cose, a non essere così idiota. Allora, si apre una linea rispetto a questa zona di distruzione in cui si è trasformato il paese, che dice, ‘tentiamo di umanizzare il capitalismo, lo razionalizziamo, lo rendiamo buono’; questa è la proposta che si sta giocando in alto”.
Marcos enfatizza: “Noi che siamo nell’Altra Campagna pensiamo che sia inutile, che non si avrà nessun successo perché la base del capitalismo, è la base della sua origine. Così come è nato spargendo sangue, fango e merda, così è cresciuto e così si sviluppa”.
“Allora, noi diciamo, ‘facciamo un’altra cosa’, noi come zapatisti e tutti e tutte noi, con tutte le organizzazioni, gruppi, collettivi che siamo nell’Altra Campagna, famiglie e singoli individui che sono venuti qua, e noi scommettiamo che in basso troveremo molti gruppi piccoli, perché il successo del mercato elettorale è che ci sia tanta gente che voti per qualcuno. Si stanno contendendo milioni di persone e noi stiamo parlando con 10, 15 persone e a volte, come ha detto il compagno, ne aspettavamo cento ed improvvisamente ne sono arrivati da altre parti – Che bello! -, noi scommettiamo su questo ed ognuno sente che la sua lotta è molto piccola, che non riesce ad opporsi a quello che è molto grande. L’Altra Campagna dice ‘sì, siamo piccoli è vero ma se riusciamo ad unire tutta questa forza non saremo più tanto piccoli, non saremo più tanto pochi e soprattutto, non saremo più separati’”.
Il portavoce zapatista personalizza, è diretto: “Questo è quello che sta tentando di fare L’Altra Campagna: ascolteremo le persone, le incontreremo e incontreremo l’altro. Già in altri stati abbiamo incontrato l’altra chiesa e qui ci riferiamo alle comunità ecclesiali di base che tanta luce hanno diffuso e continuano a diffondere in Morelos. C’era un uomo, che era don Sergio Méndez Arceo (morto Vescovo di Cuernavaca e pioniere della teologia della liberazione) che diciamo sintetizzava, concentrava questa luce e che non dubitò – avrebbe potuto essere (Vescovo di estrema destra dello Stato di Messico) Onésimo Zepeda, ma Sergio Méndez Arceo scelse di essere Sergio Méndez Arceo – decise di essere non un ministro o predicatore della chiesa al servizio del potente che al povero predica la rassegnazione”.
Marcos fornisce dettagli di come si va costruendo il movimento: “Quello che stiamo dicendo è che uniremo questa altra chiesa con gli altri omosessuali e lesbiche, con l’altro movimento operaio, con l’altro movimento contadino, con l’altro movimento studentesco, giovanile, di donne, di popoli indios, e scopriremo che nel nostro paese, a partire da quest’anno 2006, si aprono due grandi strade: quella che porta ala distruzione della nostra terra e di noi come messicani e messicane o quella che permette di incominciare a costruire un’altra cosa, un altro paese”.
Il Delegato Zero condivide una certezza: “Quello che ci vestirà, ci definirà, sarà il prodotto di questo ascolto di massa a livello nazionale con la gente del basso. E’ lei che ci dirà che cosa siamo, che cosa vogliamo e dove andiamo”.
Assicura: “Per questo la VI Dichiarazione della Selva Lacandona parte da una definizione fondamentale che è: noi siamo contro quelli in alto, sono i nostri nemici, non vogliamo convertirli né umanizzarli, né dire loro di non essere tanto bestie né impartire loro corsi di umanesimo, quello che vogliamo è distruggere loro e quelli che sono al loro servizio, i partiti politici”.
“Quando la VI Dichiarazione e L’Altra Campagna definisce il nemico, definisce il suo orizzonte, non si tratta di cambiare governo, ma di cambiare sistema, e nel momento di cambiare sistema, arriva tutto il resto: cambiare la proprietà della terra, la proprietà della politica, l’ambito della politica, e tra altre cose anche l’ambito religioso, secondo il credo di ognuno o il suo non credo, questo incomincia a produrre e poi altri effetti”.
Dissipa incertezze: “Sappiamo che cosa non vogliamo. Non vogliamo questo sistema perché ad ognuno produce un dolore ed inoltre, lo fa pagare. Questo è l’assurdo delle elezioni quest’anno: ci stanno vendendo un dolore ed in aggiunta ce lo fanno pagare per i prossimi sei anni se li lasciamo fare, perché L’Altra Campagna, tutti quelli che stiamo nell’Altra Campagna non lo permetteremo”.
Arriva al nucleo, alla radice che sostiene questo movimento: “Si tratta di un’altra politica ed è questo che si sta mettendo in gioco qui: che tutte queste altre ed altri, che tutte queste organizzazioni politiche di sinistra, altri movimenti, tutto l’altro che abbiamo visto, è fare un’altra politica e noi confidiamo che la gente capirà che questo è diverso e che vale, non importa il suo volume, non importa se è una persona individuale, non importa se è un anziano che nessuno rispetta o un’anziana; non importa se è un bambino che tutti disprezzano o mettono da parte perché ancora non ha giudizio, dicono; non importa se è una donna; non importa se è un indigeno che non sa parlare, leggere né scrivere, quello che importa è il cuore e il nostro obiettivo di fare un altro paese”.
Analizza: “L’invito dell’Altra Campagna non sarebbe tanto drammatico se non accadesse quello che sta accadendo adesso. Noi diciamo: ‘non si tratta di un progetto a lungo termine’; in alto, i settori di sinistra moderata, tanto moderata che sono di destra, gli intellettuali dicono ‘sì, quello che prospettano quelli dell’Altra Campagna è molto bello e molto buono, come Gandhi, come il cristianesimo antico ecc., ma accadrà tra cento anni, adesso bisogna risolvere questo’. No, non durerà così tanto il paese. Il nostro invito è drammatico perché noi diciamo: ‘se noi tutti e gli altri e le altre che siamo non facciamo quello che dobbiamo fare, non ci sarà niente di quello che vediamo adesso, per cui lottiamo”.
Il Sup fissa impegni: “Noi prospettiamo questo: quello che succederà, lo vedremo, non importa l’età, non è qualcosa che si trasformerà tra molti anni e forse vedranno i nostri figli o i nostri nipoti – beh, quelli che li hanno -, ma è qualcosa che dobbiamo fare noi tutti e tutte; dobbiamo vederlo perché è necessario così come stiamo facendo tutti e tutte, attori di questo processo, facciamoci i suoi realizzatori”.
Invita gli astanti a fare loro il movimento e combattere per lo spazio attraverso la partecipazione: “Noi dobbiamo, diciamo, entrare nell’Altra Campagna, conquistare lì il nostro spazio, costruirlo e difenderlo come donne, come bambini, come giovani, come anziani, come popoli indios, come operai, come studenti, come insegnanti, come sia ognuno: omosessuali, lesbiche… Dobbiamo conquistare questo spazio, difenderlo e convincere L’Altra Campagna della nostra esistenza. E questo si conquista in due modi: con le cattive e con la parola, e L’Altra Campagna ha scelto la parola”.
“In questa tappa in cui ci avete regalato la vostra parola, a partire da ora vi chiediamo di regalarci il vostro udito per ascoltare gli altri”.
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