English | Español | Português | Italiano | Français | Deutsch | Nederlands | August 15, 2018 | Issue #54 | ||||||
Lo scisma dei Democratici a una raccolta fondi a Città del MessicoLa “generazione NAFTA” di imprenditori espatriati ha truffato la campagna Obama e gli invitati alla raccolta fondi di martedì scorsodi Al Giordano
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Maya Soetero-Ng, sorella del candidato alla Presidenza degli Stati Uniti Barack Obama, a Città del Messico martedì 22 luglio. |
La situazione si aggrava se si pensa che l’ospite ha partecipato di recente a un evento col Senatore John McCain a Città del Messico, scrivendo poi cose bellissime sul candidato repubblicano nella sua rubrica, e ne ha cantato le lodi pure al ricevimento di martedì per Obama, senza contare la sfilza di scandali di cui è stato protagonista, nonché il suo coinvolgimento in un caso di corruzione che ha interessato le alte sfere della politica messicana.
È questione di giorni: in men che non si dica Lou Dobbs della CNN o il Comitato Nazionale Repubblicano si avventeranno sulla notizia. Per questo motivo, è di assoluta importanza che i fatti veri, pienamente contestualizzati, vengano fuori prima che i manipolatori professionisti ci mettano le mani. La campagna Obama non è responsabile di questo oltraggio, anzi, ne è una delle principali vittime.
Alla macchina diffamatoria dei media basta distorcere un paio di dettagli per raccontare la storia di questa raccolta fondi come un voltafaccia (anche se falso) di Obama sul NAFTA (Accordo nordamericano per il libero scambio) e come un conubbio forzato con un personaggio poco chiaro del panorama politico corrotto messicano, il tutto per raccogliere la misera somma di 40mila dollari o poco più.
Il brutto è che alcuni dei “Democratici all’estero” che vivono in Messico sono da tempo legati all’ala anacronistica, pro-NAFTA e imprenditoriale del Partito Democratico. Sono stati proprio loro, quei fantasmi ambulanti degli anni Novanta, ad avere messo in scena un colpo di raccolta fondi a Città del Messico. Sono stati loro a truffare gli invitati e la campagna Obama mentendo sull’identità dell’ospite del ricevimento, impedendo quindi alla campagna di prendere informazioni secondo i suoi standard di sicurezza e decidere eventualmente di cambiare la sede dell’evento. Poi hanno fatto entrare la loro claque per gettare fango sull’evento, sul candidato, su sua sorella, sulla sua piattaforma e sui suoi sostenitori locali in un modo che potrebbe finire per danneggiare tutti.
Nel corso della sua campagna, Obama ha dichiarato più di una volta che, quando sarà Presidente, aprirà una ri-negoziazione del NAFTA, ovvero l’Accordo nordamericano per il libero scambio tra il Canada, il Messico e gli USA, che ha mandato in rovina operai e contadini da Oaxaca all’Ohio fin dal 1993 – anno in cui fu approvato – e che ha provocato la più grande e compatta ondata migratoria della storia nordamericana. Come correttamente sostiene, il NAFTA manca delle norme di tutela del lavoro e dell’ambiente che sono alla base di qualsiasi accordo di scambio equo e praticabile tra nazioni la cui ricchezza e i cui standard di vita sono agli antipodi. La primavera scorsa Obama si era trovato in mezzo a un altro scandalo mediatico quando un funzionario canadese aveva dichiarato che il Senatore, a detta di uno dei consulenti sull’economia più vicini al candidato, non stava prendendo sul serio la riapertura del NAFTA. Da allora, Obama ha dovuto ripetere fino alla nausea che sì, intende modificare quell’accordo tanto disastroso.
Secondo quanto riferiscono i membri dei Democrats Abroad, la prima sezione di questa organizzazione è nata proprio tra gli espatriati statunitensi in Messico, che sono almeno seicentomila, molti dei quali pensionati con reddito fisso o gente alla ricerca di una vita all’insegna della libertà personale e dell’anonimato. Come cittadini USA, possono scegliere se votare per i loro Stati di provenienza o darsi all’assenteismo. Negli ultimi decenni, a loro si è unita la generazione NAFTA dei manager e dei dirigenti d’impresa che sono scesi in Messico come vicerè spagnoli per presiedere al saccheggio delle risorse umane e naturali di questa nazione. Si sono infiltrati in blocco nella politica messicana per sostenerne le fazioni più autoritarie, oligarchiche e repressive al fine di facilitare la razzia.
Al pari dei loro colleghi imprenditori che vivono negli USA e che assunsero il controllo del Partito Democratico negli anni Novanta – un controllo ora in frantumi dopo la vittoria di Obama nelle elezioni primarie e l’ingresso in massa nel partito di giovani decisi a cambiare le cose – questa generazione NAFTA di imprenditori espatriati e saccheggiatori (delusi dalla recente sconfitta della macchina Clinton) si sta aggrappando disperatamente al suo pezzettino di potere immaginario.
Chi vi scrive ha visto in azione questa dinamica il 6 luglio, quando partecipò a un pranzo all’aperto organizzato dai Democrats Abroad nella periferia di Città del Messico, curioso di vedere per la prima volta chi fossero i membri di questo gruppo. La maggior parte della gente era molto simpatica, sincera nella sete di cambiamento, e il pomeriggio si rivelò nel complesso piacevole. Le chiacchiere si sprecarono per l’arrivo di una certa Ana Maria Salazar, ex membro dell’amministrazione Clinton e ora funzionario del Pentagono, la quale, in un’intervista dai toni orwelliani concessa nel 2005 al quotidiano di Città del Messico La Jornada, descrisse Bill Clinton come “il salvatore del Messico”. Non appena Salazar se ne fu andata, molteplici fonti dissero al vostro corrispondente di essere molto sconvolti da quanto aveva dichiarato la Salazar, ovvero che sarebbe stata la coordinatrice della campagna di Obama in Messico anche se, parole sue, “non credo che ce la possa fare”.
Ana Maria Salazar |
Ciao! Sono Ana Maria Salazar. Da quindici anni lavoro in politica e mi occupo in particolare di due aree che mi entusiasmano: la negoziazione e la risoluzione di conflitti. Tra le sfide più grandi che ho affrontato posso citare le mie cariche nel governo degli Stati Uniti, come assistente sottosegretario al Pentagono, dove mi sono occupata di negoziare con governi stranieri e legislatori USA su problematiche complesse, e come consulente politica alla Casa Bianca, dove ho coordinato lo sviluppo del programma politico del Presidente Bill Clinton per l’America Latina e i Caraibi (…).
Lungi dal renderlo “il salvatore del Messico”, la sottoscrizione e la promozione del NAFTA da parte di Clinton azzoppò l’economia messicana e strappò milioni di contadini alla propria terra, costringendoli a spostarsi nelle città, nei villaggi di confine o negli Stati Uniti per cercare lavori difficili con salari miseri, anche in laboratori illegali, che stanno spuntando come funghi, dove anche soltanto parlare di organizzarsi per migliorare le condizioni lavorative ha portato molti al licenziamento, alle percosse o perfino alla morte. Il NAFTA è inoltre in buona parte responsabile della distruzione ambientale in Messico: spiagge, montagne e fiumi incontaminati sono diventati fogne a cielo aperto per colpa di un’espansione urbanistica non regolamentata, voluta dalle multinazionali e da chi ricicla il denaro del narcotraffico per costruire alberghi e strutture turistiche. I terreni agricoli vengono lasciati a maggese oppure se ne appropriano le multinazionali dell’industria agroalimentare, con i loro pesticidi, le loro sostanze chimiche e le loro sementi geneticamente modificate. Infine, la “guerra alla droga” imposta dagli USA ha portato con sé corruzione, violenza e una scia di sangue, il sangue di troppi civili innocenti.
Salazar è da molti anni la figura di spicco della sezione messicana dei Democrats Abroad. Quel che più conta per capire i fatti raccontati qui è che, secondo i membri locali, anche lei faceva parte del comitato che ha organizzato la raccolta fondi che si è svolta martedì scorso a Città del Messico in onore di Obama.
L’invito era arrivato in un modo alquanto innocente:
Lei è invitato a partecipare con
Maya Soetoro-Ng
Sorella del Senatore Barack Obama
a un ricevimento di beneficenza per
l’Obama Victory Fund
Martedì 22 luglio 2008
presso l’abitazione di Alan Skinner.
L’indirizzo sarà fornito previa accettazione del presente invito
Città del Messico, Messico
L’invito comprendeva due ricevimenti: un ticket pranzo da duecentociquanta dollari alle ore 15 (per quaranta ospiti) e un ticket cena da mille dollari alle ore 20 (per trenta ospiti), entrambi nello stesso luogo. Ovviamente c’era il solito avviso: “possono contribuire a questo evento soltanto i cittadini statunitensi”.
Fotografia pubblicata sul profilo Facebook di Agustin Barrios Gomez, all’anagrafe Barrios Segues. |
Barrios Gomez, va da sé, non avrebbe mai superato le verifiche di affidabilità previste dalla campagna Obama prima di qualsiasi raccolta fondi, e non soltanto perché la sua probabile doppia cittadinanza avrebbe potuto dare di che scrivere ai mezzibusti della CNN.
Lo scorso 10 luglio Barrios Gomez, che cura una rubrica per il quotidiano messicano in lingua inglese The News, aveva scortato il candidato repubblicano McCain durante il suo soggiorno a Città del Messico, cosa di cui si era vantato nella sua rubrica:
Giovedì scorso il vostro corrispondente ha avuto l’opportunità di incontrare il candidato alla Presidenza degli Stati Uniti John McCain. Nonostante i suoi quasi 72 anni e la statura relativamente bassa, il Senatore McCain ha “tenuto in pugno” una folla di gente davvero impressionante. L’ammirazione è doppia se si pensa che questo avveniva dopo tutti i comizi, gli spostamenti e la visita mattutina sia alla Basilica del Guadalupe sia al Presidente Calderòn (agli estremi opposti di una città difficile da attraversare). Data l’intelligenza piena di speranza che ha da offrire il Senatore Obama, e la leadership intrisa di esperienza e moralità che trasuda il Senatore McCain, fra quattro mesi gli americani saranno chiamati a una scelta difficile.
Ad ogni modo, il vero problema dell’avere organizzato una raccolta fondi per Obama in casa di Barrios Gomez è che il candidato sindaco di quartiere alle elezioni del 2003 per il Distretto Miguel Hidalgo di Città del Messico – Barrios Gomez appunto – è un personaggio legato allo scandalo di corruzione politica più grande mai scoppiato in Messico, nonché il più tristemente noto, in termini di copertura mediatica, del nuovo secolo.
Carlos Ahumada |
Alcuni di questi politici andarono totalmente in rovina quando gli investigatori trovarono i loro nomi nel libro nero di Ahumada, insieme ai codici cifrati che indicavano i pagamenti illegali a loro destinati.
Un reportage del 2006 trasmesso da Radio 13 (Città del Messico) riportò quanto segue:
I destinatari del denaro di Carlos Ahumada cominciano a venire fuori (...). Un milione di pesos per Luis Eduardo Ozuno, parente acquisito dell’ex Presidente messicano Luis Echeverria; trecentomila pesos a Francisco Martinez Rojo, ex legislatore a Tlahuac; un milione di pesos a Agustin Barrios Gomez il 12 maggio, seguiti da un milione e centomila, ancora a Agustin Barrios Gomez, seguiti da settecentocinquantamila, sempre a Agustin Barrios Gomez (...).
All’epoca di quei pagamenti, effettuati nel 2003, Barrios Gomez era candidato a una carica politica a Città del Messico.
Nel 2007 il quotidiano Voz Independiente riportò i codici cifrati presenti sull’agenda del 2003 di Ahumada e i nomi dei politici e dei funzionari a cui corrispondevano i pagamenti:
A ciascuno era collegato un numero che corrispondeva all’area di spesa. Per esempio, la “password” dell’allora governatore di Città del Messico Rosario Robles era GPV08, quella dell’ex membro del Partito Rivoluzionario Democratico (la cui sigla in spagnolo è PRD) Ramon Sosamontes, GPV09; quella dell’allora funzionario del Partito di Azione Nazionale (PAN) per il distretto Alvaro Obrego, Luis Eduardo Zuno, GPV22; quella del candidato del PRD alla presidenza del distretto Miguel Hidalgo, Agustin Barrios Gomez, GPV45 (...).A quanto pare, tra maggio e giugno il candidato perdente del PRD per la direzione di Miguel Hidalgo, Agustin Barrios Gomez (GPV52), ricevette quasi quattro milioni di pesos (pari a circa quattrocentomila dollari americani).
Sia che Barrios Gomez fosse stato innocente, colpevole o più colpevole di quanto non dica la stampa, la campagna Obama non avrebbe mai e poi mai dato il suo consenso a una raccolta fondi a casa sua se gli organizzatori locali fossero stati onesti sull’identità dell’ospite del ricevimento, invece di truffare staff e invitati dando loro un nome diverso. Sarebbe bastata una ricerca su Google per fare luce su tutti gli scandali di Barrios.
Una campagna politica, però, deve potersi fidare dei contatti locali e dei membri dei vari comitati per le raccolte fondi, specialmente quando, nel caso di membri connessi alla politica come Ana Maria Salazar, si tratta di informazioni – entrate ormai nel vocabolario politico di Città del Messico – note a ogni giornalista che ha scritto qualcosa sullo scandalo Ahumada e a qualsiasi messicano che si interessi di politica.
Ma non è tutto: il quadro è addirittura peggiore…
Martedì scorso gli invitati alla villa principesca della famiglia Barrios Gomez – al numero 210 di via Agustin Ahumada (l’indirizzo è tutto un programma, se si pensa alla carrellata di personaggi che popolano questa Rogues Gallery della corruzione politica messicana), nel quartiere di lusso e oligarchico Lomas de Virreyes a Città del Messico – pensavano di entrare nell’abitazione di un certo Alan Skinner, presunto cittadino statunitense.
Queste furono descritte agli invitati come stampe originali della madre di Barrios Gomez create da Andy Warhol. |
Ecco altre fotografie scattate martedì durante la serata di raccolta fondi a casa Barrios Gomez:
(Nel caso abbiate qualche dubbio, questo non è l’arredamento tipico delle case messicane post-NAFTA).
A quanto pare, poco dopo la morte di Barrios Gomez padre, avvenuta nel 1999, il figlio abbandonò il cognome della madre per adottare il nome completo, più celebre, del padre prima di presentarsi alle elezioni.
Ed eccolo lì, Agustin Barrios Gomez junior, con l’identità tirata a lucido, che mette in scena il suo colpo di ospitalità ai danni della sorella di chi sarà con tutta probabilità il prossimo Presidente degli Stati Uniti. Alle lamentele degli invitati per il suo comportamento improponibile, gli organizzatori hanno risposto che la serata l’aveva ospitata lui perchè aveva donato cinquemila dollari alla campagna Obama. (Si accettano scommesse su quanto ci metterà Chicago a restituirgli la somma, non appena scopriranno tutto.)
In aggiunta alle sue dichiarazioni circa il bisogno di avere “la certezza che non si metterà in discussione il NAFTA”, Barrios Gomez si è profuso in gaffe politiche e errori madornali in veste di ospite e presentatore della serata.
A detta dei presenti, Barrios Gomez ha sfruttato il pulpito per tessere le lodi del candidato rivale alla Presidenza John Mcain, dicendo che “senza alcun dubbio McCain aveva la platea in pugno” in occasione dell’evento da lui presenziato due settimane prima, precisamente il 10 luglio, a Città del Messico. E quando accennò al fatto che sua moglie era prossima al parto, un invitato commentò che fosse bello sapere che stava per venire al mondo un altro democratico all’estero. Al che Barrios Gomez, secondo quanto riportano gli invitati, avrebbe dato questa risposta di fronte a tutta la platea: “mia figlia farà meglio a essere repubblicana, così farà tanti soldi. Poi sì che potrà diventare democratica”.
La storia di queste due piccole raccolte fondi, che con i loro quarantamila dollari hanno fruttato l’equivalente di due minuti di donazioni online per la campagna Obama (se si pensa che due milioni di statunitensi hanno donato finora una media i 64 dollari a testa), è interessante perchè riproduce in miniatura un conflitto assai più grande all’interno del Partito Democratico negli Stati Uniti: una lotta tra i grandi sostenitori appartenenti all’ala industriale del partito, che possono contare sulle politiche rapaci di baroni del calibro di Ana Maria Salazar, e la carica delle persone normali, portate alla ribalta dalla candidatura di Obama, che stanno strappando il potere dalle mani di chi l’ha sempre avuto.
E a Città del Messico, come nel resto del mondo, questo conflitto prende forma in base alla classe sociale: la generazione NAFTA di industriali espatriati dagli USA ha provato a fare il botto, truffando gli invitati e la campagna Obama mentendo sul nome dell’ospite del ricevimento, mentre quello vero dirottava il tema della serata trasformando la raccolta fondi in una campagna “salvaNAFTA”.
E la base dei Democrats Abroad, la maggior parte dei quali vogliono davvero il cambiamento, sta cominciando ora, e neanche tanto, a svegliarsi riguardo alla lotta che li aspetta dopo questa vicenda locale: devono rimuovere i truffatori (che sfruttano il loro nome per attirare l’attenzione) dai loro ruoli di portavoce e di intermediari e creare dal basso un’organizzazione genuina che, come ha fatto la campagna Obama negli USA, porti avanti una nuova leva di dirigenti slegati da interessi personali, più onesti e in grado di comprendere che settecento piccoli sostenitori e volontari hanno più potere – sempre che lo usino – di settanta grandi sostenitori e manipolatori che sfruttano le raccolte fondi politiche per spingere sulle proprie mire imprenditoriali e personali.
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