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Narco News Issue #47

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Reportage - A dieci anni da Acteal XX

Secondo l’indagine zapatista: Zedillo finanziò l’aggressione


di Hermann Bellinghausen
La Jornada

24 novembre 2007

“Non fu uno scontro armato, ma un’esecuzione”
Secondo l’indagine zapatista: Zedillo finanziò l’aggressione
Il 22 dicembre 1997 Ruiz Ferro ricevette due telefonate d’allerta della Conai, ma rispose che “tutto era sotto controllo”
“Preferisco passare alla storia come repressore piuttosto che mantenere gli accordi con l’EZLN”, fu il messaggio dell’allora presidente alla Comandancia Generale ribelle

Hermann Bellinghausen – Parte Venti

Tra il 23 dicembre 1997 ed i primi giorni del 1998, l’EZLN emette diversi comunicati che rivelano il risultato delle proprie indagini sul massacro. Come prima cosa, il comando ribelle accusa membri del PRI “sovvenzionati dai governi federale e statale”. Secondo alcune comunicazioni radio del governo chiapaneco intercettate dall’EZLN, “nelle vicinanze di Acteal e mentre si realizzava il massacro, poliziotti di Pubblica Sicurezza hanno appoggiato l’aggressione e, nel pomeriggio e nella notte, hanno raccolto i cadaveri per nascondere la dimensione del massacro” (24 dicembre).

“Il signor Julio Cesar Ruiz Ferro era continuamente informato dello sviluppo dell’operativo, per lo meno dalle ore 12 del 22 dicembre, quando il massacro era in corso da un’ora. Approvato dai governi federale e statale, l’attacco è stato affinato 21 dicembre in una riunione tra paramilitari di Los Chorros, Puebla, La Esperanza e Quextic”, continua il primo dei quattro comunicati zapatisti.

“La responsabilità diretta dei fatti sanguinosi ricade su Ernesto Zedillo Ponce de León e sulla Segreteria di Governo, che da due anni hanno dato luce verde al progetto di contrainsurgencia presentato dall’Esercito federale. Questo progetto vuole spostare la guerra zapatista in un conflitto tra indigeni, motivato da divergenze religiose, politiche o etniche. Per compierlo, hanno finanziato equipaggiamento ed armi e fornito addestramento militare, diretto da ufficiali dell’Esercito federale, ad indigeni reclutati dal PRI. Per dare tempo all’approntamento di questi squadroni della morte, il governo messicano ha studiato una strategia parallela di dialogo simulato, senza intenzione alcuna di compiere quanto concordato ed aumentando la presenza militare. Il governo del Chiapas è stato incaricato di garantire l’impunità dei gruppi paramilitari e facilitare le sue operazioni nelle principali zone ribelli”.

Come dimostrazione della sua “volontà di pace”, per diversi canali “il signor Ernesto Zedillo mandò minacce alla Comandancia Generale dell’EZLN col seguente messaggio: ‘Preferisco passare alla storia come repressore piuttosto che mantenere gli accordi con l’EZLN’. Questa parola l’ha mantenuta. Zedillo è ormai passato alla storia come assassino di indigeni e porta sulle mani il sangue di Acteal”.

Nessun rifugiato aveva armi

In un secondo comunicato (27 dicembre) l’EZLN informa dell’avanzamento delle sue indagini. “Nessuno dei rifugiati aveva armi”, rivela. Invece, tutti gli aggressori le avevano ed alcuni, inoltre, possedevano armi bianche. La maggioranza delle armi lunghe erano AK-47 calibro 7.62×39. Le armi corte o pistole erano calibro 22, carabina lunga.

“Prima che cominciasse il massacro, i veicoli dei paramilitari erano stati scoperti dalle basi di appoggio dell’EZLN che erano andati ad avvisare i rifugiati di Acteal affinché se ne andassero ed allertassero la Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai). Un gruppo di 15 persone circa riuscì ad andarsene, ma il resto disse che non potevano fare loro nulla, perché non avevano fatto niente di male.

“Il 22 dicembre a mezzogiorno, quando era da poco iniziato l’attacco, le basi di appoggio zapatiste hanno sentito le prime detonazioni ed hanno contattato la Conai per informarli. La Conai ha risposto che avrebbe avvisato il governo dello stato. Alle ore 12 del 22 dicembre il governo dello stato ha ricevuto la denuncia. Alle ore 19 si ripeteva l’avviso. Il governo dello stato disse che tutto era sotto controllo.

“Il comando paramilitare che ha eseguito il massacro si è spostato su veicoli di proprietà della presidenza municipale priista di Chenalhó e di privati. Tutti i membri del gruppo aggressore portavano uniformi di colore oscuro. I veicoli, come le armi, le uniformi e l’equipaggiamento degli aggressori sono stati ottenuti con denaro proveniente dalla Segreteria di Sviluppo Sociale. Finito l’attacco, agenti di Pubblica Sicurezza sono stati incaricati di raccogliere i cadaveri e farli sparire dentro una grotta ed in fondo ad un burrone”.

La comandancia zapatista espose alcune conclusioni. Non si trattò di un conflitto religioso, né etnico.” Non si è trattato di uno scontro, come lo vogliono presentare i governi federale e statale; i morti erano disarmati. Non c’è stato scontro armato. Si è trattato, semplicemente, di un’esecuzione”.

L’obiettivo era “uccidere tutti”, che non rimanessero testimoni ed eliminare le prove: “Il piano governativo era che il fatto non diventasse di pubblico dominio. Le autorità per prima cosa hanno cercato di negare il massacro, poi di minimizzarlo. Ora vogliono confondere l’opinione pubblica sulla vera matrice del crimine”.

Per l’EZLN, “è evidente che il gruppo aggressore contava su una preparazione militare ‘di commando speciale’. Le loro armi, equipaggiamento ed uniformi sono quelle di un’organizzazione militarizzata e rivelano che si è trattato di un’azione combinata, preparata e diretta da persone o istanze che non hanno partecipato direttamente.

“Dall’inizio del deterioramento e della crisi della situazione sociale in Chiapas, prodotto della strategia contrainsurgente governativa, il CCRI-CG dell’EZLN ha disposto alle sue basi di appoggio di evitare in ogni momento, anche a costo di perdere i pochi beni, lo scontro con altri indigeni. Il proposito governativo era ed è che cambiassimo nemici ed affrontassimo altri indigeni. Per questo ogni volta che siamo stati aggrediti non abbiamo mai risposto in maniera violenta, ma siamo ricorsi alla Conai (la cui esistenza il governo federale combatte con ogni decisione) ed alla stampa nazionale ed internazionale (il cui lavoro disturba tanto i governanti).

“In una televisione sono state documentate obiettivamente le condizioni di persecuzione e vessazione in cui vivono gli indigeni di Chenalhó. Tutti gli intervistati hanno denunciato la presenza e l’operato di guardias blancas”. Il segretario di Governo “ha protestato per il ‘tono parziale e tragico’ dell’informazione trasmessa ed ha vietato la sua replica”, dice l’EZLN.

“Secondo le prove raccolte, si deduce che il crimine di Acteal è stato preparato in anticipo, in piena coscienza, sotto la direzione di autorità statali e la complicità di diverse segreterie del governo federale, tra le quali si rilevano Governo, Sviluppo Sociale e Difesa Nazionale, così come delle dirigenze nazionale e statali del PRI.

“La guerra attuale a Chenalhó non è cominciata negli anni 30. È iniziata nell’agosto del 1995, quando i governi federale e statale hanno concordato la loro attuale strategia antizapatista. Prima di questo, più di anno e mezzo dopo il primo gennaio 1994, la convivenza pacifica tra gruppi politici diversi era stata possibile. Ancora alcuni mesi fa, le autorità filogovernative di Chenalhó avevano concordato con gli autonomi mutuo rispetto e tolleranza. Ma è arrivato l’ordine di distruggere i ribelli”.

Analisi balistiche

Agli inizi del 1998 l’EZLN aggiunge (5 gennaio): “Secondo le ferite che presentano alcuni sopravvissuti, l’analisi dei colpi nelle costruzioni di Acteal, secondo studi balistici, i paramilitari hanno usato anche armi calibro 5.56 millimetri, con pallottole a punta tonda”, con effetti simile alle pallottole ad espansione. Tra le armi calibro 5.56 mm c’è il fucile automatico M-16 (R-15 nella versione semiautomatica) che attualmente usano gli elementi della Pubblica Sicurezza del Chiapas”.

Secondo comunicazioni radiotelefoniche intercettate dall’EZLN, “la Segreteria di Governo dà ordini ai suoi sicari negli Altos perché si nascondano. Si dice loro di seppellire le armi ed aspettare ‘che passi il problema’. ‘Bisogna lasciare che si stanchino e si calmino le proteste’, ha detto la voce (meticcia) che diede le indicazioni al sindaco priista di Chenalhó. La comunicazione intercettata proviene dal telefono 8-48-33. Si dice che appartenga alla delegazione in San Cristóbal del governo del Chiapas”.

La presenza massiccia dell’Esercito “ha incoraggiato i paramilitari che ora minacciano di attaccare altri gruppi di profughi. Questo ha provocato che migliaia di indigeni si siano rifugiati a Polhó”, dove sono concentrati 4.273 rifugiati. “Ce ne sono almeno altri 2.440 in condizioni di isolamento, vulnerabili ad un nuovo attacco”, afferma l’EZLN.
Nei primi giorni di gennaio del 1998, l’Esercito occupa Aldama, Morelia, Yaltchiptic, San Caralampio, 10 de Abril ed altre comunità zapatiste nella selva Lacandona e negli Altos, ed assedia per 17 ore La Realidad. La guerra non è finita.

*Tutte le date tra parentesi corrispondono a notizie pubblicate da La Jornada.

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