Unificazione indigena in Lacandonia
Aumenta il numero di comunità che adriscono all’altra campagna
di Hermann Bellinghausen
La Jornada
3 febbraio 2007
Selva Lacandona, Chis. 2 febbraio. L’altra campagna non solo ha attraversato il paese ed oltrepassato le frontiere. Anche in comunità della selva Lacandona, dove condividono il territorio, indigeni che non sono mai stati zapatisti, o hanno smesso di esserlo con l’arrivo della contrainsurgencia e le sofferenze di 13 anni di guerra di bassa intensità, la proposta di un’organizzazione politica nazionale “di nuovo tipo” contenuta nella Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, ha trovato riscontro come forse nessuna delle altre iniziative dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) in più di un decennio.
Sebastián Jiménez Clara, del villaggio Salvador Allende, nella cosiddetta regione Candelaria dei Montes Azules, parla per la prima volta davanti ad un mezzo di comunicazione del processo di cooptazione che hanno affrontato le organizzazioni indigene dopo l’insurrezione armata, della divisione delle comunità che hanno accettato progetti governativi, della “rabbia” di sentirsi traditi, del loro rapporto con l’EZLN e della recente e crescente incorporazione di centinaia di famiglie della selva nell’ altra campagna.
“Non sono mai stato zapatista. Non siamo entrati nell’EZLN perché non li capivamo bene ed avevamo paura di andare in guerra. Per noi era uno scandalo. A parte che apparteniamo ad un’altra organizzazione politica, l’ARIC Indipendente” (ARIC-I), dichiara.
C’è stato un tempo, dice, “che gli zapatisti avevano tentato di convincerci, ma non ci siamo uniti a loro. Sappiamo che dall’inizio il governo ha cooptat molta gente per dividere le comunità. Siccome c’era molta motivazione per l’insurrezione, il governo parlava con quelli che non erano zapatisti perché non passassero da quella parte, e a parte parlava con quelli che lo erano per tirarli fuori dall’organizzazione”. Tuttavia, “abbiamo sempre condiviso delle cose con loro ed a volte siamo giunti ad accordi. Ora alcuni dicono che siccome siamo entrati nell’ altra aderiamo allo zapatismo, ma non è così.”
La regione Candelaria nasce nel 1994, prima si chiamava Amador. Un gruppo è passato dalla parte del governo e se n’è andato dal posto, ed il resto ha stabilito degli accordi. “L’ARIC-I è politica, fondamentalmente lotta per la terra da quando si stava difendendo la breccia lacandona. Nel 1975 si organizzano massicciamente la difesa e la resistenza e nasce la Quiptik, fondamento dall’ARIC. Con la dichiarazione di guerra degli zapatisti ci siamo sentiti appoggiati. Eravamo molto pressati dal governo che voleva sgomberarci e ci siamo coordinati con l’EZLN per difenderci.”
Secondo Sebastián, “per tutti c’è stato un prima un dopo la guerra”. Con l’insurrezione “e l’allarme nazionale, il governo non ha risposto ascoltando le proteste, ma cooptando i dirigenti. Prendeva famiglia per famiglia ed offriva denaro e progetti. Dal 1994 ha cominciato a sviluppare progetti di contrainsurgencia per dividere le comunità, smantellare le basi zapatiste e fare in modo che le altre organizzazioni non andassero con loro”.
A Salvador Allende, giorni prima dell’insurrezione, è arrivato il Procampo. La Segreteria di Sviluppo Sociale offriva progetti produttivi. “Solo tetti di lamiera. Poi offrivano acqua potabile ed altre cose. La strategia consisteva nel dare ad una comunità e non ad un’altra. O in una stessa comunità selezionavano solo alcune famiglie per metterle contro. Noi avevamo già deciso di non accettare progetti che dividono. Stavamo così quando arriva la Sesta. L’abbiamo letta attentamente, abbiamo studiato il documento. Abbiamo visto che contiene l’idea di coordinare le organizzazioni. È un’iniziativa per discutere insieme di quello che vogliamo. Abbiamo sentito allora, che è il momento giusto per unirci.”
Gli indigeni ritenevano che l’ARIC-I “stava sbagliando strada, si stava solo riempiendo di idee”. Nel frattempo, “sentivamo che altre organizzazioni si stavano unendo alla Sesta”.
Quattro comunità della regione decidono di aderire: Salvador Allende, Corozal, San Manuel, San Martin e parte di Candelaria. “Siamo andati a cercare alcuni compagni dell’EZLN perché ci parlassero della Sesta. Loro si sono aperti con noi e ci hanno spiegato. Siamo tornati nei nostri villaggi ed abbiamo discusso. Abbiamo capito che l’obiettivo dell’altra è il consenso delle lotte per un movimento nazionale e per fare fronte al capitalismo. Abbiamo sentito che se ci facciamo parte di questo movimento, dove staremo come organizzazione, comunità, famiglie o persone? Cerchiamo consenso, ma la osa non si ferma qui. Non è un reclutamento, è un rafforzamento della nostra stessa organizzazione. Abbiamo sentito famiglia per famiglia. Se una dice di no, la rispettiamo, non ci divideremo.”
Nell’altra, aggiunge, “ci dicono ‘mostra la tua organizzazione, la tua autonomia, il tuo modo di lotta e di parlare’, ed è stato questo che ci è piaciuto; in altri momenti avevamo pensato che se volevamo andare con gli zapatisti dovevamo abbandonare l’organizzazione alla quale apparteniamo”. Per Sebastián, l’altra “è un movimento di organizzazioni, esperienze, strategie e progetti di lotta. È l’unità senza abbandonare la tua organizzazione. Ora sono ARIC-I e sono zapatista dell’altra campagna”.
Ammette che non mancano “malintenzionati”. Il governo “offre, ma abbiamo chiaro che cosa possiamo accettare e cosa no. Siamo anche in resistenza”. Con i programmi “arriva la maledetta divisione; quello che vuole il governo, mentre l’altra dice: ‘non ti tolgo quello che hai’, né ‘visto che stai nell’altra, ti proibisco di prendere delle cose’; quello che ci dice è: ‘se la tua organizzazione prende dal governo, fallo con coscienza, non farti comprare’ “.
E spiega: “Attualmente non permettiamo che entrino i progetti del governo”, anche se ammette “ci sono altri dell’ARIC-I che lo permettono, e per questo hanno molti problemi”. In quanto al processo di adesione, il rappresentante tzeltal dice: “Tutto è stato molto allegro. Nella regione avevamo già tentato un coordinamento con gli zapatisti. Ora che c’è la Sesta, sono loro che lo cercano. Così abbiamo cominciato a parlare con i fratelli ed abbiamo visto che è il momento giusto per incontrarci”.
Nella sua regione, nei Montes Azules, sei comunità sono tuttora minacciate, compreso Salvador Allende, che si trova in fase di regolarizzazione. Le altre sono San Gregorio, San Manuel, Samaritano, Corozal e San Antonio Miramar.
Dei nuovi governi federale e statale, Sebastián non si aspetta niente. “A suo tempo ci eravamo fidati di Pablo Salazar che ha fatto tutto il contrario. Ci eravamo erfino mobilitati per la sua elezione, ma l’unica cosa che ha fatto è stato attrarre dirigenti mentre il popolo è rimasto nella stessa situazione. Ha tradito il popolo che si era fidato di lui.”
Il sentimento delle comunità è di “rabbia e incredulità”. Provano “rabbia per il passato governo”. Salazar parlava degli accordi di San Andrés e dell’iniziativa di legge, e “con quella maschera pensavamo che avrebbe fatto qualcosa per i popoli indigeni. Adesso sappiamo che ha messo Juan Sabines, e le cose peggioreranno.
“È solo ora, dopo 13 anni, che troviamo questo spazio di partecipazione politica. L’altra non offre poltrone né promette, è piuttosto il lavoro dell’autonomia. Quello che non vogliamo è essere più grandi del popolo. Da molto tempo ci sentiamo compagni dell’EZLN. Qui, nella selva, gli zapatisti non sono un altro gruppo o altre famiglie; siamo gli stessi. Sono i miei cugini, zii, padrini, figli di altri o nipoti. Non possiamo essere nemici.”
Non nega neppure i conflitti: “Ci sono regioni in cui la politica governativa ha distrutto famiglia per famiglia. Per quanto grande sia l’ARIC-I, se non fa parte dell’ altra rimarrà da sola in un angolo, e allora che cosa ne sarà del movimento nazionale. Siamo compagni di quelli che sono nell’altra in tutto il Messico, come in Atenco o Oaxaca. Vediamo anche la nostra situazione di minaccia nei Montes Azules, il massacro a Viejo Velasco Suárez, ed ora può succedere qualcosa di peggio, e dove andremo a stare? Chi parlerà per noi? Ora siamo orgogliosamente dell’altra, facciamo parte del movimento e ci sentiamo anche protetti dalle basi zapatiste e dai compagni aderenti di tutto il paese.”
(Traduzione Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo)
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