L’Altra Campagna di Tamaulipas denuncia l’omicidio di un attivista omosessuale
Durante il precedente viaggio di Marcos nell’entità, José Leal parlò di intimidazioni e minacce
di Hermann Bellinghausen
La Jornada
19 gennaio 2007
Membri dell’altra campagna nello stato di Tamaulipas hanno denunciato ieri l’omicidio di José Ernesto Leal, militante attivo e difensore dei diritti della comunità gay (o “di altri amori”) nella città di Matamoros, che in precedenza era stato già minacciato e vessato da poliziotti locali.
Secondo la denuncia, Leal “è stato uno dei compagni che ha incontrato il subcomandante Marcos, dell’EZLN, nel suo viaggio per l’altro nord del paese, al suo passaggio per Matamoros, per parlare della repressione di cui sono vittime permanenti delle cosiddette autorità e per sollecitare cambiamenti legislativi sulla convivenza tra persone dello stesso sesso”. Quella riunione, svolta il 24 novembre nel quartiere La Capilla della città di confine, era stata pesantemente controllata dalla polizia statale e municipale, e seguita da rinnovate minacce e “punizioni” contro gli attivisti, lavoratori e lavoratrici del sesso che vi avevano partecipato.
Subito, questo martedì la Polizia Ministeriale Statale ha iniziato a parlare di “delitto passionale”, senza avere elementi e “senza aver svolto nessun’indagine sui “fatti”. L’altra campagna di Tamaulipas esige “il chiarimento dell’omicidio del nostro compagno e la punizione dei responsabili. Non permetteremo che si parli di delitti passionali né di omofobia per cercare di occultare che un attivista sociale è stato assassinato”.
Bisogna ricordare le condizioni di malgoverno imperanti, tanto nella città che “presiede” il sindaco priista Baltazar Hinojosa Ochoa, come in generale nello stato di Tamaulipas, dove il narcotraffico controlla spudoratamente i giorni e le notti. Lì opera il famoso gruppo Los Zetas che si è evoluto da sicari al servizio del cartello di Osiel Cárdenas, ad uno dei bracci più efficaci di detta “impresa”. Mentre i corpi di polizia sono denunciati continuamente come corrotti, estorsori e violenti.
Arrestati a Oaxaca a simpatizzanti zapatisti
D’altra parte, il collettivo Todos Somos Presos informa che questo mercoledì sono stati arrestati dalla polizia statale nella città di Oaxaca due membri dell’altra campagna e del Collettivo Zapatista, dopo una manifestazione svoltasi nel Centro Storico di detta città contro l’occupazione della polizia e per la liberazione di decine di detenuti politici della APPO. I nuovi detenuti sono Ramiro Martínez Caballero ed Eduardo (per il momento non si conoscono i loro cognomi, ma si sa che vengono da Zaachila. Ci sono informazioni di altri arresti.
“A Oaxaca si criminalizza la protesta sociale civile e pacifica in nome dello stato di diritto, dell’ordine e della legalità che legittima il genocidio e la brutalità del governo”, denuncia il collettivo. “I nostri compagni non sono delinquenti, sono attivisti sociali che oppongono la loro dignità alla mediocrità, alla brutalità, alla prigione, all’oblio e all’ingiustizia del governo, e per questo sono stati repressi. Siamo consapevoli che la mediocrità del governo di Oaxaca si regge sulla menzogna e sull’infamia, e non dubitiamo che contro i nostri compagni si vogliano inventare accuse e crimini mai commessi, come hanno fatto spudoratamente in questi ultimi mesi”.
I collettivi dell’altra campagna oaxaqueña esigono la liberazione immediata ed incondizionata dei loro compagni, e ritengono direttamente responsabili della loro integrità “il governo illegittimo di Oaxaca ed il governo federale, che causano solamente incertezza, sofferenza ed insicurezza”. Qualunque danno fisico o psichico sui detenuti “è un attentato contro l’iniziativa civile e pacifica dell’altra campagna in Oaxaca, Messico e nel mondo”. Chiedono “urgentemente” la presentazione e liberazione di Eduardo e Ramiro, e concludono: “ogni minuto a Oaxaca significa una vita. O perdere la libertà. O forse recuperarla”.
Anche oggi, il Centro di Ricerche Economiche e Politiche di Azione Comunitaria, con sede in San Cristobal de Las Casas, ha denunciato che i suoi uffici sono controllati e sono stati oggetto di fallite incursioni, mentre i membri dell’organizzazione sono seguiti da sconosciuti quando si spostano nelle comunità indigene.
(tradotto dal Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo)
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