Intergalattica la rotta dell'anticapitalismo
“I settori subalterni in tutto il mondo sono e sono stati protagonisti di un nuovo periodo di lotte e resistenze”
di Luis Hernández
La Jornada
5 gennaio 2007
I settori subalterni in tutto il mondo sono e sono stati protagonisti di un nuovo periodo di lotte e resistenze. In tutti gli angoli del pianeta i popoli respingono l’unilateralismo statunitense, il lavoro precario e lo smantellamento delle reti di protezione sociale, mentre rivendicano nuove forme di cittadinanza per i lavoratori immigrati.
In Iraq la resistenza ha reso invivibile il trionfo delle forze di occupazione del più potente esercito della Terra. Presto o tardi, le forze dello Zio Sam dovranno battere in ritirata. Negli Stati Uniti, il progetto conservatore di George W. Bush ha ricevuto una seria sconfitta elettorale con l’intervento dei candidati del Partito Democratico. Ancora lì, centinaia di migliaia di immigrati sprovvisti di documenti, di cui molti di origine messicana, hanno manifestato durante il 2006 con le più imponenti mobilitazioni da molti anni a questa parte, contro una legislazione che pretende di criminalizzare l’immigrazione.
In Libano, Hezbollah ha propinato un serio rovescio al militarismo israeliano, alterando le relazioni di forze nella regione. In Nepal, il Partito Comunista del Nepal, maoista, controlla ampie regioni del paese e potrebbe prendere il potere in poco tempo.
Nella consultazione per ratificare la Costituzione Europea, nel maggio 2005, in Francia ha trionfato il no. Cinque mesi dopo ci sono state grandi rivolte nei sobborghi delle grandi città, con alla testa, soprattutto, giovani discendenti di immigrati. Tra febbraio e marzo di quest’anno, impressionanti mobilitazioni hanno bocciato la legge per regolare il contratto del primo impiego.
In Gran Bretagna e Germania ci sono state grandi manifestazioni contro il sistema di pensioni. Praticamente in tutto il vecchio continente gli indocumentati sono scesi in strada ed hanno provocato una vera crisi delle politiche di immigrazione dell’Unione Europea.
In America Latina le forze di centro-sinistra continuano a mietere trionfi elettorali (in Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Venezuela, Brasile) e tentano non senza grandi difficoltà nuove modalità di integrazione continentale. Queste vittorie nelle urne hanno come fondamento grandi mobilitazioni sociali che hanno cambiato la correlazione di forze.
In Africa, Asia ed Oceania la lotta contro la globalizzazione neoliberale ha acquisito nuovi livelli di sviluppo, mentre affronta o subisce, a seconda dei diversi paesi, una crescente espansione dell’islamismo radicale.
Questo nuovo ciclo di lotte sociali ha surclassato, in molti casi, gli strumenti di coordinazione che l’altermondismo e la sinistra politica ha costruito durante gli ultimi anni. Il nuovo egemonismo statunitense in espansione a partire dall’11 settembre 2001, il suo crescente confronto con l’islamismo radicale, l’emergere di India e Cina come nuovi attori di prima categoria nell’economia mondiale, i trionfi elettorali di formazioni di centro-sinistra che non rompono col Consenso di Washington e l’omogeneizzazione dell’intellighenzia progressista, tra i molti vari fattori, sono dei fatti di fronte ai quali l’altermondismo non è riuscito a formulare risposte di successo. Per la sinistra radicale la questione islamica è diventata un tema molto difficile da affrontare.
Nonostante i successi ed i progressi che hanno avuto quando sono stati fondati, iniziative come il Forum di San Paolo ed il Forum Sociale Mondiale hanno sofferto un chiaro processo di stagnazione.
Tra il 12 ed il 16 settembre del prossimo anno si celebrerà in San Salvador il 13° Incontro del Forum di San Paolo. Il tema centrale sarà quello della nuova tappa della lotta per l’integrazione latinoamericana e caraibica. Il forum è una convergenza dei partiti di sinistra fondata nel 1990 su iniziativa del Partito dei Lavoratori del Brasile che cerca un modello alternativo di sviluppo della giustizia sociale. La sua importanza e l’impatto nella politica regionale sono sempre minori.
Alla fine di gennaio del 2007 ci sarà pure a Nairobi, in Kenya, il sesto Forum Sociale Mondiale (FSM). Nove sono gli obiettivi generali. Secondo Ignacio Ramonet, uno dei suoi principali propugnatori ed ideologi, “di fronte al fatto di essere puri spettatori dell’attuale scontro principale a livello planetario, tra Stati Uniti e islamismo radicale, e vedendo che le trasformazioni sono monopolio del potere riformato attraverso governi progressisti, il movimento è diminuito”. Ciò che è certo è che, oltre questi fattori e gli indubbi successi del forum, questo resta come una zattera nel mare della resistenza al neoliberalismo: non affonda ma non si dirige verso nessun punto preciso.
Questa situazione è aggravata dalla crisi che si vive all’interno del capitolo francese di ATTAC, uno dei pilastri del FSM. A causa di una forte disputa tra una corrente incline ad intervenire nella politica elettorale ed un’altra che postula di proseguire come movimento di educazione popolare, sono sati alterati i risultati delle elezioni per riuscire a nominare una direzione che favorisse quelli che vogliono fare dell’associazione un proto-partito.
È in questo contesto che questo 30 dicembre comincerà a Ovetic, in Chiapas, l’Incontro dei Popoli Zapatisti con i Popoli del Mondo. Non è il primo di questa natura convocato dall’EZLN. Nel 1996, rispondendo all’appello dei ribelli, ci fu il primo Incontro per l’Umanità e contro il Neoliberalismo che, davvero, fu il punto di avvio per la costruzione del movimento altermondista. Altri due incontri si sono svolti a Barcellona, in Spagna, ed a Belem, in Brasile.
Fino ad oggi hanno confermato la loro presenza all’incontro attivisti di 30 paesi, molti dei quali provenienti dal Mediterraneo europeo. Non sono pochi quelli che hanno un certo peso relativo nelle lotte sociali delle loro nazioni d’origine. Sono stati loro la colonna portante delle mobilitazioni internazionali di solidarietà con Atenco e Oaxaca.
L’incontro sarà fondamentale per fare un passo in avanti nella riflessione e nel coordinamento di un insieme di forze che hanno deciso di orientare chiaramente la loro azione in una prospettiva anticapitalista.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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