Discorso del delegato Zero il 15 settembre ad Atenco
“Continueremo a lottare per loro fino a che non saranno liberi, e se non li lasceranno andare, li libereremo noi”
di Subcomandante Insurgente Marcos
L’Altro Messico
17 settembre 2006
Buona notte compagni e compagne di Atenco e dell’Altra Campagna qui riuniti per lanciare l’altro grido dell’altra indipendenza che stiamo realizzando.
Si è levato presto il16 settembre. “Ignacio del Valle”, vengo a portare questo nome, mentre là fuori si disputano i nomi di Fox, Calderón e López Obrador. E noi come zapatisti non scegliamo nessuno di quei tre. Questo giorno 16 di settembre scegliamo il nome di Ignacio del Valle e, insieme al suo nome, quello del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e quello del degno popolo di Atenco.
Un anno fa, L’Altra Campagna si riuniva in una comunità zapatista, a La Garrucha. E quel giorno, oggi 16 settembre di un anno fa, le comunità indigene zapatiste e l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale consegnarono a tutti questi compagni e compagne L’Altra Campagna, ed iniziammo insieme a creare un movimento diverso da tutti quelli visti da tutte le parti, in tutte le storie.
Perché adesso che sta succedendo tutto quello succede là fuori e in alto, c’è chi sta cercando chi li guidi. C’è chi si unisce dove c’è molta gente per sentire che cosa dirà chi li comanderà. Quello che li vuole portare da una parte o dall’altra. Ma noi, nell’Altra Campagna, non stiamo cercando chi ci guiderà, chi ci redimerà, né chi ci darà quello di cui abbiamo bisogno. Nell’Altra Campagna non stiamo nemmeno cercando chi guidare, non stiamo cercando un popolo che possiamo riunire in un posto per dirgli che cosa deve fare e che basta che alzi la mano per una cosa o per un’altra.
Noi, nell’Altra Campagna, ci stiamo cercando gli uni con gli altri, con le altre, non perché ci comandi qualcuno, ma per prendere il nostro destino nelle nostre mani. Per decidere noi, come popoli indios, come popoli campesinos, come operai, come donne, come giovani, come impiegati, come studenti, quello di cui abbiamo bisogno e come lo otterremo.
Noi, nell’Altra Campagna, stiamo cercando fare un altro paese. Dove la Patria siamo noi e non un simbolo che si stanno disputando alcuni là in alto. Affinché, al momento opportuno, i due escano correndo e nessuno dei due lanci il grido che tanto si stavano disputando. Noi scegliamo di stare qui con voi in Atenco.
Ignacio del Valle, Felipe, Galindo ed altri compagni e compagne del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra erano là nelle comunità fin da quando stava iniziando L’Altra Campagna. C’erano come Fronte dei Popoli in Difesa della Terra un anno fa, quando incominciò L’Altra Campagna. Ed allora incominciammo il percorso. Sono arrivati in molti posti, e con loro siete arrivati voi come popolo. Non parlavano per sé stessi, non raccontavano la loro storia personale. Ci hanno raccontato ed hanno raccontato a molti in tutto il paese la storia dei popoli di Atenco. Di come hanno difeso la terra. Di come l’hanno conquistata. E come hanno ottenuto questa vittoria. E sono apparsi i morti, e sono apparsi i carcerati nelle loro storie. Ed è sempre apparso quello che non appare mai, quello che non è nessuno, quello che non ha nome e volto se non quando si trova là in alto e diventa deputato, senatore, presidente, governatore, per vincere o perdere semplicemente una piccola scatola da dove tira fuori i soldi per se stesso e non per quello di cui ha bisogno la gente.
Dunque, nell’Altra Campagna un anno fa dicemmo che saremmo stati compagni, dicemmo che saremmo state compagne, che ci saremmo appoggiati gli uni con gli altri. Ed abbiamo cominciato. Ed oggi, qui, in questa terra, ricordiamo il sangue di Alexis Benhumea, il nostro compagno, morto per difendere Atenco. Un giovane studente che non era di qui e che qui è morto in queste terre (...).
Il 4 maggio Alexis era qui per la stessa ragione per cui Ignacio del Valle, Felipe e Galindo, e tutti quelli del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra, erano a Texcoco il giorno 3. Perché eravamo compagni. Il giorno 4 maggio, in tutta la Repubblica messicana, noi, l’Altra Campagna, abbiamo innalzato la bandiera per la libertà e la giustizia per quei compagni che erano stati aggrediti.
Dopo, organizzazioni, gruppi e collettivi hanno sciolto quella bandiera e criticato l’EZLN perché in maniera unilaterale, senza domandare a nessuno, aveva deciso di sospendere il percorso dell’Altra Campagna per concentrarsi sulla libertà e la giustizia per i compagni e le compagne di Atenco. Quando sono venuti a domandarvi che avrebbero sciolto quella bandiera? Quelli che adesso ci stanno criticando perché non siamo più andati in altri posti, per concentrarci sul difenderci ed appoggiarci come compagni: lottare per la libertà e la giustizia per Ignacio del Valle, per Felipe, per Galindo, per i compagni e le compagne che sono detenuti nel carcere di Santiaguito.
Non appena ha cominciato a formarsi il movimento che sta in Reforma – o c’era – e nello zócalo, immediatamente hanno sciolto la bandiera per la libertà di Atenco e sono corsi a vedere chi li guiderà, chi dirà loro che cosa fare. Non hanno chiesto a nessuno. Dove sta la questione della decisione unilaterale? A chi hanno chiesto che cosa era più importante? Mettersi in coda ad un movimento che vuole il potere invece di lottare per la libertà e la giustizia per un contadino come Ignacio del Valle, o come Felipe, o come Galindo, o per una studentessa come quella che ci ha parlato un momento fa.
Che cosa importa loro se lì non c’è niente di questo? Là ci sono le masse, là c’è la televisione, là ci sono i giornali, le foto, gli artisti, i cantanti, i pittori. Là c’è la stessa polizia che aggredì i nostri giovani compagni nella Scuola Nazionale di Antropologia, quando hanno bloccato il periferico per chiedere la libertà di Atenco, la libertà dei prigionieri e prigioniere di Atenco.
E adesso invece sembra che si possono fare le cose, perché si tratta della libertà di espressione. Ma quando l’abbiamo fatto noi, allora era un reato. E quando lo fanno loro ed è per conquistare il potere, allora è un diritto che bisogna esercitare.
E loro pensano che non abbiamo memoria. E queste organizzazioni e questi gruppi che un anno fa dissero che saremmo stati compagni, e che hanno smesso di esserlo nel momento in cui le telecamere, i microfoni, le foto, si sono voltati a guardare da un’altra parte, pensano che noi lo dimentichiamo che non abbiamo memoria. Pensano che potranno ritornare quando questo movimento che è l’Altra Campagna strapperà dalla prigione Ignacio del Valle. Perché lo tireremo fuori. E mentre loro stavano sciogliendo quella bandiera, per andare ad afferrare la bandiera gialla e nera, per andare ad afferrare la bandiera di un movimento che è legittimo perché lotta contro la frode elettorale, ma che ha tutto l’appoggio di un altro governo, noi soli siamo qui a lottare con le nostre forze.
E noi qui vi diciamo, compagni e compagne di Atenco: anche se tutti nell’Altra Campagna abbandoneranno la lotta per la libertà dei nostri compagni, noi, gli zapatisti, le zapatiste, non ci arrenderemo. E continueremo a lottare per loro fino a che saranno liberi. E se non li lasceranno andare, li libereremo noi.
Questi compagni e compagne che durante questo anno hanno abbandonato la lotta per andare ad unirsi a quella coda, che hanno abbandonato i nostri prigionieri e prigioniere, che nell’altro movimento hanno fatto quello che non hanno mai fatto per i detenuti di Atenco, quei compagni e compagne non saranno più tali. E andremo avanti anche da soli. Ed anche cosí sappiamo che non saremo soli. Ci sono altre organizzazioni di sinistra, gruppi e collettivi che sanno che è qua, in basso, dove sta la Patria che vogliamo e non in uno zócalo, non in una campana che si suona ogni 16 di settembre, ma nella gente che sta lottando per la terra.
Tra qualche giorno, una o due settimane, compagni e compagne della nostra direzione, della direzione dell’EZLN, comandanti, arriveranno per rafforzare la solidarietà con Atenco. Ve l’avevamo detto tempo fa ed ora lo manteniamo. Noi proseguiremo per il nord della Repubblica ed in ogni posto dove passeremo racconteremo la storia di quell’ingiustizia, quella del 3 e del 4 maggio, e vogliamo invitare uno o due compagni del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra a venire con noi negli stati del nord. E che sia la sua voce, la vostra voce a raccontare la vostra storia. Non solo quella dei carcerati, non solo quella della repressione. Anche e soprattutto la vostra storia di lotta e di organizzazione. Quella che vi ha permesso di ribellarvi con la più grande vittoria ed umiliazione mai ricevuta dal governo di Vicente Fox: la cancellazione dell’aeroporto che voleva costruire sulle vostre terre. Vogliamo che veniate con noi e a partire da adesso, i nessuno che siamo noi, in ogni posto, in ogni angolo, torneremo ad innalzare la bandiera della libertà e la giustizia per i prigionieri e le prigioniere di Atenco.
Questa è la nostra storia. Ci dicono che non unendoci al movimento di López Obrador, abbiamo perso l’opportunità di parlare davanti a milioni di persone. E chiha detto che noi volevamo parlare davanti a milioni di persone? Se quello che vogliamo è ascoltare la voce di quelli che nessuno ascolto. Questo è quello che abbiamo fatto questo anno e che torneremo a fare a partire da ora. Ora nel resto della Repubblica.
C’è una storia, una leggenda della guerra di Indipendenza: Vicente Guerrero arriva e si presenta a José María Morelos y Pavón e gli dice che vuole combattere. Morelos cgli consegna una lettera e lo nomina generale. Guerriero domanda: e dov’è la mia truppa? Morelos si volta e gli dice: quelli – e gli mostra un mucchio di contadini e contadine indigene, armati solo di machete, zappe e bastoni -. E dice a Guerrero: “quella è la tua truppa”. Con quella, Vicente Guerrero inizia la campagna che poi culminerà nell’Indipendenza.
Noi non vogliamo un’Indipendenza per cambiare nome. Noi non vogliamo un’Indipendenza perché qualcuno ci guidi. Noi vogliamo l’Indipendenza per decidere noi. Come ha detto il compagno: la sovranità. Che comandino i popoli. Che si comandino da soli, non che venga un altro a dirci che cosa è quello che dobbiamo fare.
C’è una leggenda maya. Noi siamo zapatisti, indigeni di radice maya. Raccontano che la luna è una dea: Ixchel. Che questa dea si preoccupava di avere cura della terra e curò e fece crescere uomini e donne del colore della terra. E che è di giorno, quando la luna si nasconde e si protegge nella terra, che questi uomini e donne, i contadini e le contadine, gli indigeni e le indigene, devono prendersi cura della terra, affinché all’alba torni ad uscire, un’altra volta, Ixchel, la dea della luna. In cambio di questlo, la dea diede loro il potere di poter guarire. Il potere della medicina. E da allora, questi uomini e donne, noi, quelli che siamo del colore della terra, dobbiamo prenderci cura, guarire i dolori della terra.
Siamo venuti qui a dirvi quello che sappiamo già. Là in alto non c’è soluzione per noi. Nessun leader, nessun capo costruirà la nostra soluzione. Tutto quello che abbiamo l’abbiamo ottenuto organizzati, insieme. Che ci sia o no la stampa. Che ci siano o no le folle. Noi, nell’Altra Campagna, proseguiremo sulla nostra strada.
E quelli che stanno là in alto, adesso scoprono che il governo è una merda, che le istituzioni non funzionano. Adesso scoprono che bisogna lottare per i diritti, ora scoprono che bisogna ascoltare il popolo del Messico, perché nessuno l’ascolta. Noi l’avevamo scoperto. Perché è questo ciò che manca: che ci ascoltiamo.
Torniamo a dirlo qui: tra una cosa e l’altra dei partiti che stanno in alto, noi scegliamo il Fronte dei Popoli in Difesa della Terra. Tra Fox, López Obrador e Calderón, scegliamo Ignacio del Valle. Siamo venuti qui, vi diciamo: continueremo a lottare per la sua libertà.
Grazie compagni, grazie compagne.
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