Marcos saluta la lotta dell’APPO ad Oaxaca
Il potere tenta di imporre un altro cattivo governante
di Hermann Bellinghausen
La Jornada
28 agosto 2006
Il subcomandante Marcos ha salutato la lotta dell’Assemblea Popolare del Popolo di Oaxaca (APPO) che chiede le dimissioni del “malgovernante Ulises Ruiz”, in un ampio messaggio inviato al secondo Incontro Indigeno Peninsulare, che si è tenuto venerdì in Candelaria, Campeche. Ha ribadito anche la richiesta dell’altra campagna che si liberino i prigionieri politici di Atenco.
L’incontro era stato organizzato dal Coordinamento Indigeno Peninsulare e dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI).
Nel suo messaggio, la Commissione Sesta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) dice: “Questa è la nostra parola di indigeni zapatisti quali siamo, che non solo saluta la radice maya che ci unisce ai popoli indios che danno dignità ai suoli e cieli in Quintana Roo, Yucatan e Campeche. Ma anche la grande radice che ci rende uno con tutti gli indigeni del nostro paese.Se prima nel Congresso Nazionale Indigeno abbiamo trovato la dignità indigena che con differenti lingue, culture e modi, lotta per i nostri diritti, ora nell’Altra Campagna abbiamo trovato altri popoli indios ed altre compagne e compagni che stanno in basso e a sinistra. La nostra causa come popoli indios si mantiene viva e presente”.
Dopo aver ricordato i distinti settori che partecipano all’altra campagna, aggiunge: “siamo entrati in questa nuova tappa che cerca di costruire un nuovo modo di fare politica, anticapitalista e di sinistra, di realizzare un programma nazionale di lotta ed una nuova costituzione”.
Dichiara che “diversi quali siamo, abbiamo trovato un’uguaglianza cercando e trovando il responsabile delle nostre sofferenze: il sistema capitalista. Le nostre singole lotte non si sono perse, sono cresciute non solo perché hanno unito il loro coraggio ad altre, ma anche perché hanno individuato chi è il nemico ed hanno deciso di affrontarlo. La nostra lotta per la libertà, la giustizia e la democrazia sa che queste non sono possibili nel sistema che si è imposto a ferro e fuoco nel nostro paese”.
È la libertà strappata ai carcerati di Atenco “ed alle centinaia di detenuti e detenute, desaparecidos e perseguitati politici nel nostro paese. La giustizia che viene negata al popolo oaxaqueño. La democrazia che si è trasformata in frode e sfacciata burla nelle passate elezioni presidenziali e che sta trasformandosi nella tomba della via elettorale”.
Lontano dai mezzi di comunicazione e dai temi “importanti” per quelli in alto, l’altra campagna continua ad avanzare.
“Senza fare chiasso, il nostro ascolto raccoglie parole da differenti suoli e realtà, ma tutte del basso, di sinistra. Con questo pensiero compagno stiamo preparando i nostri passi successivi. Mentre in alto il rumore e la fretta dei potenti cercano di imporre un’altra volta un malgovernante, incoronandolo con la menzogna ed il disprezzo. Mentre si diffonde tra cuori buoni e nobili che niente importa se non si segue il movimento che aspira a stare in alto. Mentre, dappertutto si compra e si consuma la menzogna che impedisce lo sguardo critico e l’analisi profonda. Mentre si torna a dimenticare perfino il colore che abbiamo noi che siamo del colore della terra, compresi quelli che dicono di volere il bene di tutti. Il pensiero che siamo cammina nel nostro cuore prima di farsi parola e strada che invita ad un destino quelli che in basso sono con noi. E questo nostro modo esaspera molto chi alimenta le voci in alto. Se non camminiamo alla velocità e nella direzione di quelli che sono in alto, dicono che non esistiamo, che siamo caduti, che siamo morti, che basta, che ci siamo sbagliati, che abbiamo sprecato un’occasione, che abbiamo perso”.
Il delegato zapatista dice: “Sappiamo che non è in alto, né nel tempo né nello spazio, dove troveremo quello che cerchiamo, di cui abbiamo bisogno, che meritiamo”. Il posto dove si troveranno libertà, giustizia e democrazia “non esiste” – afferma – “dobbiamo farlo con altri diversi nel loro dolore e storia, ma resi simili da chi ci deruba ed opprime, chi ci disprezza e sfrutta”.
Il subcomandante descrive i due pensieri che esistono. Uno, dove “il collettivo non vale, non conta, che bisogna cercare il bene individuale anche a costo del male collettivo”. Ma questo pensiero dell’alto “si veste di molti abiti che ingannano”. Dice uguaglianza “perché col nostro dolore si arricchisce. E la libertà che promette è quella che vuole per commerciare col nostro sangue. E la giustizia che difende è quella che lo lascia impunito e persegue chi in basso non si arrende. E la democrazia che proclama è quella della rassegnazione di fronte alle diverse facce dello stesso potere che ci deruba, ci sfrutta, ci disprezza e ci persegue”.
Ma c’è stato e c’è un altro pensiero “che conosce la storia di lotta che in basso duole, che cerca di costruire un’altra cosa, un altro mondo, che anima le nostre compagne e compagni detenuti di Atenco. Il pensiero che innalzano i nostri compagni e compagne di Oaxaca. Il pensiero che si fa strada in coloro che hanno fatto loro un nuovo modo di fare politica che non guarda né aspira né sospira all’alto che ci disprezza”.
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