English | Español | Português | Italiano | Français | Deutsch | Nederlands | August 15, 2018 | Issue #42 | |||
La TV di Stato di Oaxaca sotto il controllo popolareLe donne marciano sullo zócalo contro il governatore ed occupano gli studi di Canale 9di Nancy Davies
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Il corteo delle donne per le strade di Oaxaca il 1 august Foto: D.R. 2006 Nancy Davies |
Quando hanno raggiuno lo zócalo il suono dei tamburi era come un acquazzone tropicale – pioggia su un tetto di lamiera. Poi le campane dell’edificio dell’ex-governo, trasformato in museo da URO, hanno cominciato a suonare. Le persone hanno legato delle corde dal campanile al padiglione nel centro dello zócalo, ed il suono di migliaia di cucchiai sulle pentole ha neutralizzato le campane.
Niente pioggia tropicale: il sole di mezzogiorno sfolgorava e molte donne, alcune con i bambini, hanno tirato fuori gli ombrelli da sole. Le donne erano di tutte le età, dalle bambine alle nonne. Molte donne indossavano i costumi tradizionali – un marchio distintivo delle ambulanti del mercato di Oaxaca – così come i jeans. Prima che il corteo si sciogliesse alle 12:30, dal padiglionne qualcuno ha annunciato, “Le donne stanno andando a Canale 9”. La sede degli studi televisivi statali è fuori dal centro cittadino, verso il Teatro Alvaro Carillo.
Le donne hanno giocato un forte ruolo fin dall’inizio del movimento perché rappresentano la metà del sindacato degli insegnanti e/o sono madri di studenti coinvolti. Come genitori hanno manifestato la loro rabbia per la mancanza di scuole ed aule decenti, e più recentemente contro le tasse di iscrizione alle scuole pubbliche. L’istruzione gratuita è garantita dalla Costituzione Messicana. Le tasse di iscrizione, così come l’acquisto di divise e libri, sembrano aver introdotto un altro metodo di furto statale.
Prima trasmissione dal Canale 9 occupato 9 Foto: D.R. 2006 Nancy Davies |
Verso sera alcune delle occupanti sono tornate a parlare in diretta su Radio Universidad, mentre la maggior parte è rimasta nella stazione televisiva.
“Non abbiamo paura”, ha detto la portavoce. “Accada quel che accada. Non ne possiamo più di questa situazione. Stiamo lottando per i nostri figli. Noi donne non possiamo starcene in casa”.
Il giorno prima, lunedì 31 luglio, il governo aveva patrocinato un secondo evento turistico della “Guelaguetza” organizzato dal Dipartimento Statale della Cultura nel Parco Llano recentemente pavimentato, un altro pezzo rinnovato del patrimonio culturale. Anche se Radio Universidad – ieri l’unica fonte di comunicazione pubblica per il movimento sociale – avesse suggerito che fosse permesso alle persone di andare, stare lontani e non provocare guai. Gli studenti (l’ho dedotto dalle voci giovani) sono andati nel Parco Llano dove si svolgeva l’evento a gridare “ya cayó!”. Comunque, si sono tenuti sul lato opposto del parco dove si svolgeva l’evento.
Come riportato dal quotidiano locale Las Noticias, uno scontro diretto si è verificato quando un giovane ha scalato il monumento di Benito Juárez. Il ragazzo che è salito sul monumento è stato fatto scendere letteralmente sotto una pioggia di noccioline, bottiglie vuote di acqua ed alcune pietre. Un gruppo è giunto poi in sua difesa. Le grida, gli insulti e le aggressioni fisiche si sono moltiplicate. Poi qualcuno ha cominciato a sparare con una pistola, secondo voci non confermate tra i presenti, del tipo in uso esclusivo dell’esercito.
Il presunto sparatore è stato catturato dai rappresentanti di APPO. Secondo quanto riferito, non è stato maltrattato ed un medico ha verificato le sue buone condizioni di salute prima di essere consegnato. Rappresentanti dell’Avvocatura Federale General sono andati all’Università Autonoma di Oaxaca Benito Juárez (UABJO) a prelevare il prigioniero identificato come Isaías Pérez Sánchez. Perez si è dichiarato innocente.
Le notizie riferiscono che Pérez indossava abiti civili ma, in effetti, fa parte della polizia. Come al solito per Oaxaca, è molto difficile arrivare alla verità. In ogni caso, come osservatore posso dire che se uno sparatore, chiunque potesse essere, avesse voluto ferire qualcuno avrebbe potuto farlo – ma non l’ha fatto.
Quindi, il fatto si inserisce nella prassi della polizia statale di creare paura, ansia e minaccia. Pattuglie di polizia sostano davanti alle case di leader e membri del movimento. Rapporti di paramilitari armati crescono come erbacce. L’atmosfera generale è inquinata da confusione e disinformazione e menzogne che attribuiscono agli insegnanti il comportamento illegale commesso dai teppisti.
Gli edifici di tutti e tre i rami del governo sono stati bloccati per quattro giorni dal movimento sociale; persone del movimento hanno picchettato i vari alberghi e ristoranti dove i delegati statali ed il governatore tentavano di riunirsi; molte strade importanti sono chiuse; si susseguono su Radio Universidad le denuncie di vari criminali del PRI; e da fuori i cittadini chiamano per dire che hanno ripreso i loro edifici municipali dai caciques del PRI che hanno dissipato le risorse della città mentre la gente si nasconde per paura della repressione.
In questo scenario, alle 19:00 Canale 9 ha ripreso le trasmissioni. Suono terribile, pieno di scariche, ma c’era la APPO. Seduta davanti ad uno striscione del movimento che diceva “Quando una donna avanza non c’è nessun uomo che indietreggia”, Daniela, un avvocato che lavora sia con APPO che con la commissione per i diritti civili CODEP, ha presentato una mezza dozzina di donne (nessuna per nome, io ho riconosciuto solo Daniela). Le donne a turno hanno preso il microfono per chiedere le dimissioni di URO. “Le donne si sono organizzate per una grande marcia”, ha detto una. “Siamo in lotta. Grazie ad Ulises Ruíz le persone si sono ribellate con cortei e concentramenti di cittadini. Canale 9 non ci ha mai dato informazioni, solo bugie. La APPO è il popolo. In maniera pacifica abbiamo preso il canale che è il canale pubblico”.
Un’altra donna ha detto: “Questo è un momento storico”. Sullo sfondo si stagliava un cartellone su cui era scritto a lettere bianche su fondo rosso: “Fuori Ulises”.
Dopo la trasmissione delle donne, Canale 9 ha trasmesso brevi filamati delle comunità indigene. Alle 20:30 tutto era tranquillo.
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