<i>"The Name of Our Country is América" - Simon Bolivar</i> The Narco News Bulletin<br><small>Reporting on the War on Drugs and Democracy from Latin America
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Narco News Issue #40

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Donne: istruzioni per il montaggio?

Parole della Commissione Sesta dell’EZLN per l’atto pubblico “Donne senza Paura. Tutte siamo Atenco”


di Subcomandante Marcos
L’Altro Messico

25 maggio 2006

Buona notte.

Il mio nome è Marcos, Subcomandante Insurgente Marcos.

Per quelle che conoscono lo zapatismo forse non sarà necessario spiegare che cosa faccio qui, in un atto di donne e per le donne.

Indubbiamente non sono solo donne e basta, ma donne che hanno deciso di alzare la loro voce per protestare contro le aggressioni che, da parte della polizia, hanno subito, e stanno subendo ancora, altre donne a partire dai giorni 3 e 4 maggio del 2006, in San Salvador Atenco, nello Stato di Messico, nella Repubblica Messicana.

Sono, in tutti i sensi, donne senza paura.

Il mio nome è Subcomandante Insurgente Marcos e sono, tra il resto, il portavoce dell’EZLN, un’organizzazione a maggioranza indigena che lotta per la democrazia, la libertà e la giustizia per il nostro paese che si chiama Messico.

Come portavoce dell’EZLN, attraverso la mia voce hanno voce gli altri e le altre che ci formano, che ci danno viso, parola, cuore.

Una voce collettiva insomma.

In questa voce collettiva c’è la voce delle donne zapatiste.

E con le nostre voci e con il nostro ascolto, ci sono anche i nostri sguardi, le nostre luci ed ombre zapatiste.

Mi chiamo Marcos e tra i molteplici difetti individuali che ho, a volte con cinismo e disinvoltura, c’è quello di essere uomo, maschio.

Come tale, mi porto addosso, e non poche volte inalberare, una serie di stereotipi, di luoghi comuni, di evidenze.

Non solo per quello che si riferisce al mio sesso o genere, ma anche e soprattutto per quanto si riferisce alla donna, al genere femminile.

Ai difetti che mi caratterizzano individualmente, qualcuno aggiungerebbe quelli che abbiamo come zapatisti, ad esempio quello di non aver ancora perso la capacità di stupirci, di meravigliarci.

Come zapatisti ci affacciamo a volte ad altre voci che sappiamo altrui, estranee e tuttavia, simili e nostre lo stesso.

Voci che stupiscono e meravigliano il nostro ascolto con la loro luce… e con la loro ombra.

Voci, per esempio, di donne.

Dal collettivo che ci dà viso e nome, passo e cammino, ci sforziamo di scegliere dove dirigere l’ascolto ed il cuore.

Cosicché ora scegliamo di sentire la voce delle donne che non hanno paura.

Si può ascoltare una luce? E se così fosse, si può ascoltare un’ombra?

E chi altro sceglie, come noi oggi, di impegnare l’ascolto ed anche il pensiero ed il cuore, per sentire quelle voci?

Abbiamo scelto. Scegliamo di star qui, di ascoltare e di farci eco di un’ingiustizia commessa contro delle donne.

Scegliamo di non aver paura di ascoltare chi non ha avuto paura di parlare.

La brutalità esercitata dai malgoverni messicani in San Salvador Atenco i giorni 3 e 4 maggio, e che si estende ancora fino a questa notte contro le detenute, in particolare la violenza contro le donne, è ciò che ci convoca.

E non solo. Questi malgoverni con la loro azione volevano mietere paura ed ora invece risulta che non è così: stanno mietendo indignazione e rabbia.

In un giornale di questa mattina, uno dei personaggi che, insieme a Vicente Fox ed al suo gabinetto, si inorgoglisce per “l’applicazione dello Stato di Diritto”, il signor Peña Nieto, presunto governatore dello Stato di Messico, dichiara che ciò che è avvenuto ad Atenco era stato pianificato.

Se è così, allora le picchiate, le detenute illegalmente, le aggredite sessualmente, le violate, le umiliate, avevano pianificato, tra il resto, di essere donne.

Dalle testimonianze di queste detenute senza paura che sono le nostre compagne, sappiamo che sono state aggredite come donne, violentate nel loro corpo di donna.

E, per ciò che sappiamo anche dalla loro parola, questa violenza sul loro corpo ha provocato piacere ai poliziotti.

Il corpo della donna preso con violenza, usurpato, aggredito per ottenere piacere.

E la promessa di quel piacere su quei corpi di donna, è stata aggiunta al comando ricevuto dai poliziotti di “imporre la pace e l’ordine” in Atenco.

Sicuramente per il governo, sono loro, le donne di Atenco, che hanno deciso di avere un corpo di donna e, con estrema perversità, hanno pianificato che quel loro corpo fosse bottino di guerra per le “forze della legalità”.

Il signor Fox, governante federale del “cambiamento” e dello “Stato di Diritto”, alcuni mesi fa ci ha spiegato che le donne sono “lavatrici a due zampe”.

È che per lassù in alto, queste macchine di piacere e di lavoro che sono i corpi delle donne, includono le istruzioni di montaggio che il sistema dominante assegna loro.

Se un essere umano nasce donna, durante la sua vita deve percorrere una strada che è stata costruita proprio per lei.

Essere bambina. Essere adolescente. Essere una donna giovane. Essere adulta. Essere matura. Essere anziana.

E non solo dalle prime mestruazioni alla menopausa. Il capitalismo ha scoperto che nell’infanzia come pure nella vecchiaia si possono utilizzare come oggetti di lavoro e piacere, e per l’appropriazione e la gestione di questi oggetti abbiamo da tutte le parti “Governanti Preziosi” ed industriali pedofili.

La donna, dicono lassù in alto, deve camminare per la vita implorando perdono e chiedendo il permesso di e per essere donna.

E percorrere una strada irta di filo spinato.

Una strada che bisogna percorrere strisciando, con la testa ed il cuore raso terra.

Ed anche così, nonostante si seguano le istruzioni di montaggio, continuare a raccogliere graffi, ferite, cicatrici, colpi, amputazioni, morte.

E cercare la responsabile di quei dolori in se stessa, perché nel crimine di esser donne è compresa la condanna.

Nelle istruzioni di montaggio della merce “Donna”, si spiega che il modello deve sempre tenere la testa bassa, che la sua posizione più produttiva è in ginocchio, che il cervello è prescindibile e, non poche volte, la sua inclusione è controproducente, che il suo cuore deve alimentarsi di frivolezze, che il suo coraggio deve basarsi sulla competizione con il suo stesso genere per attirare il compratore, quel cliente sempre insoddisfatto che è l’uomo, che la sua ignoranza deve continuare ad essere alimentata per garantire un miglior funzionamento, che il prodotto ha capacità di automantenimento e miglioramente (per questo c’è un’ampia gamma di prodotti, oltre ai saloni ed ai laboratori di riparazione e verniciatura), che non deve solo imparare a ridurre il suo vocabolario al “sì” e “no”, ma, soprattutto, deve imparare quando è giusto dire quelle parole.

Nelle istruzioni di montaggio del prodotto chiamato”Donna” c’è la garanzia che terrà sempre la testa bassa.

E che, se per qualche difetto di fabbricazione involontario o premeditato, qualcuna alza lo sguardo, allora l’implacabile falce del Potere le mozzerà la sede del pensiero e la condannerà a procedere solo come se essere donna fosse qualcosa per cui bisogna chiedere scusa e per cui bisogna chiedere permesso.

Per rispettare questa garanzia ci sono governi che suppliscono alla loro mancanza di cervello con le armi ed il sesso dei loro poliziotti e, non basta, quegli stessi governi hanno manicomi, prigioni e cimiteri per le donne irrimediabilmente “guaste”.

Una pallottola, una manganellata, un pene, una sbarra, un giudice, un governo ed infine un sistema: alla donna che non chiede scusa né permesso, applica un’avvertenza che recita “Fuori Servizio. Prodotto Non Riciclabile”.

La donna deve chiedere permesso per essere donna e le è concesso solo se lo è secondo quanto indicato nelle istruzioni di montaggio.

La donna deve servire l’uomo, seguendo sempre queste istruzioni, per essere assolta dal cimine di essere donna.

In casa, nei campi, in strada, a scuola, nel lavoro, nei trasporti, nella cultura, nell’arte, nello svago, nella scienza, nel governo, 24 ore al giorno e per 365 giorni all’anno, da quando nascono fino a che muoiono, le donne affrontano questo procedimento di montaggio.

Ma ci sono donne che lo affrontano con ribellione.

Donne che invece di chiedere il permesso, impongono la loro esistenza.

Donne che invece di implorare perdono, esigono giustizia.

Perché le istruzioni di montaggio dicono che la donna deve essere sottomessa e camminare in ginocchio.

E, tuttavia, alcune donne osano camminare erette.

Ci sono donne che stracciano le istruzioni del montaggio e si alzano.

Ci sono donne senza paura.

Dicono che quando una donna avanza, non c’è uomo che retroceda.

Dipende, dico io dal mio maschilismo di ritorno, un miscuglio di Pedro Infante e José Alfredo Jiménez.

Dipende, per esempio, se l’uomo sta davanti alla donna che avanza.

Il mio nome è Marcos, ho il difetto personale di essere uomo, maschio e la virtù collettiva di essere quello che noi siamo, quelle che noi siamo: zapatiste.

Come tale, come tali, confesso che mi stupisce e meraviglia vedere una donna alzarsi e fare a pezzi le istruzioni del suo montaggio.

È tanto bella una donna in piedi che dà i brividi solo guardarla.

Ed ascoltare è questo, imparare a guardare…

Salute a queste donne, alle nostre compagne detenute ed a quelle qui riunite.

Salute al loro non aver paura.

Salute al valore con cui ci contagiate, alla convinzione che ci trasmettete: che se non facciamo niente per cambiare questo sistema siamo suoi complici.

Dall’Altra Città del Messico
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, maggio 2006

P.S. CHE DOMANDA: Che punizione si meritano i governanti, i comandanti ed i poliziotti che hanno aggredito così le donne, le nostre compagne? Che punizione si merita il sistema che ha trasformato l’essere donna in un crimine? Se restiamo zitti, se guardiamo da un’altra parte, se lasciamo che la brutalità poliziesca in Atenco rimanga impune, chi sarà salvo? Non è allora elementare giustizia la libertà di tutte le prigioniere e di tutti i prigionieri di Atenco?

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