English | Español | Português | Italiano | Français | Deutsch | Nederlands | August 15, 2018 | Issue #41 | ||
Il Subcomandante Marcos saluta la Polizia Comunitaria in GuerreroNon pagati ed armati di fucili, hanno cacciato ladri e stupratori dalle loro città: ”Questo è quello che deve accadere in questo paese!“di Al Giordano
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La Polizia Comunitaria di Guerrero Foto: D.R. 2006 Escuadron Charlie Parker, Enlace Zapatista |
Per molte ore in questo pomeriggio arioso, circondato dalle montagne panoramiche, davanti al municipio di El Rincón, il Delegato Zero ha ascoltato le loro storie di lotta, mentre prendeva appunti.
“Nel 1995 siamo stati sommersi da un’ondata di delinquenza”, spiega Gelacio Barrera, un Consigliere della Polizia Comunitaria, un uomo dalla parlata dolce con occhiali sportivi ed un sombrero, rivolgendosi alle centinaia di residenti locali e a Marcos. “Questi delinquenti rubavano il bestiame e le capre dalle fattorie. Ci assaltavano per strada quando portavamo i nostri prodotti al mercato di San Luis Acatlan. Ci rubavano i soldi quando andavamo al mercato per comprare cibo. Ci hanno rubato un mucchio di soldi. Stupravano le donne davanti ai loro uomini e ai loro bambini, proprio là sul ciglio della strada. Qualche volta venivano arrestati ma loro avevano soldi e così il giudice li lasciava andare. Così i criminali si sentivano forti perché sapevano di essere protetti”.
“Noi, le donne, insieme ai nostri uomini, abbiamo deciso di agire”, spiega Catalina Garcia Castillo, uno dei consiglieri civili, anche loro volontari, che la comunità sceglie per dirigere il lavoro della polizia comunitaria. “Il 15 ottobre del 1995 abbiamo formato la Polizia Comunitaria. Abbiamo imparato dalle formiche: quando affrontano un nemico più grande, le formiche si mettono insieme e si uniscono per ucciderlo. Questo è quello che abbiamo fatto: abbiamo buttato fuori le erbe cattive”.
Gli agenti della polizia comunitaria viaggiano sul retro di autocarri, armati di pistole e fucili da caccia, la maggior parte vecchi di decenni (uno porta un fucile 30-30 dei primi anni del XX° secolo), pattugliano le strade che collegano queste città di montagna, cacciano fuori i cattivi ragazzi, spiega Augustín Barrera, che fu il primo comandante della Polizia Comunitaria. “L’esercito federale è venuto qui ad intimidirci, accusandoci di essere guerriglieri. Ma l’assemblea ci sceglie perché le persone guardano il comportamento di ognuno di noi”.
Nonostante le minacce dall’esercito federale e del governo dello stato di Guerrero, nonostante i mandati di cattura emessi contro alcuni di loro, oggi ci sono 612 agenti di polizia comunitaria in questo progetto. Sono organizzati in 59 gruppi, ognuno con un comandante ed un subcomandante, il gruppo di ognuno è indicato sui loro berretti e sulle loro uniformi che sono magliette stampate. Pattugliano 14 strade dalla città sul mare di Marquelia alla città di montagna di Tlapa, distante quattro ore. La strada principale – precedentemente un paradiso per banditi notturni – è stata considerata, per molti anni, pericolosa da percorrere nelle ore notturne. Martedì sera scorso, la squadra mobile di Otro Periodismo l’ha percorsa liberamente per tre ore, e senza incidenti.
La crescita della Polizia Comunitaria ha portato un cambiamento tra la popolazione della regione di cui gli agenti si considerano parte. “Noi siamo del popolo. Noi siamo con il popolo. Noi lavoriamo per il popolo”, afferma il Comandante Florentino García.
Nel pomeriggio di martedì, gli uomini – circa 200 di loro allineati in formazione per salutare il Subcomandante Zapatista alla riunione di El Rincón – sono tranquilli, seri e perfino rilassati. Non scrutano minacciosi i cittadini come molti agenti di polizia del governo; anche gli estranei sono a loro agio alla loro presenza. Probabilmente, li temono solamente quelli che vorrebbero fare del male ad altri.
“Loro”, dice Augustín Barrera degli agenti della polizia comunitaria, “sono il motivo grazie al quale noi respiriamo aria di libertà su queste montagne”.
Dopo aver ascoltato a lungo le storie delle persone di questa città e regione – la riunione è iniziata alle 5:40 e si è conclusa alle 8:45 – Marcos ha preso il microfono nel buio di sera: un’ombra davanti ad una gigantesca bandiera che ha fatto da sfondo alla riunione. Ha spiegato perchè ha rivolto il saluto militare al suo arrivo. “Ho fatto il saluto militare perché io sono un comandante militare. Ho salutato i compagni che stanno svolgendo un servizio per la comunità e che lo fanno senza essere pagati, come noi”.
“La vostra esperienza di dieci anni non solo ha portato la pace nel vostro territorio. Tutti noi abbiamo imparato qualche cosa da voi. Voi avete legittimità”, ha detto. “Quello che non hanno le autorità governative”.
Marcos ha ricordato all’assemblea che la seconda fase dell’Altra Campagna che comincia col suo giro di sei mesi in tutto del Messico (ora nel suo terzo mese e mezzo di viaggio) ci sarà il prossimo autunno, quando i suoi capi – gli indigeni Maya comandanti dell’EZLN – si sparpaglieranno, a due a due, in ogni stato della Repubblica. “I miei comandanti verranno come un orecchio che ascolta per le loro comunità. Ed io li porterò qui a vedere come noi possiamo imparare a fare quello che fate voi nelle vostre comunità”.
Venendo dall’uomo che guida un esercito di guerriglia che ha stupito molti del paese e del mondo – e preoccupato altri, in alto – con la sua disciplina e capacità di auto-organizzazione, queste non sono parole vuote. Come un promemoria che gli zapatisti, oltre al largo appoggio che ricevono da tutta società messicana contano anche su di un attivo esercito di ribelle, il Subcomandante ha ripetuto il suo avvertimento al governo del presidente Vicente Fox nel caso volesse mandare truppe in Guerrero per sgomberare 25.000 persone dalle loro case per costruire una gigantesca diga idroelettrica nella regione di La Parota, “Lo ripeto: se l’esercito entra a La Parota ci sarà una guerra in tutto il sud-est messicano”. E’ esploso l’applauso dei presenti.
“In ogni parte di questa Repubblica c’è una lotta e c’è una bugia corrispondente imposta su questa lotta”, ha detto il Delegato Zero che ha enfatizzato che L’Altra Campagna Zapatista sta tessendo le molte lotte in una. (...).
“C’è una rabbia in questa città che non si ferma in questa città. Non si ferma in questo stato e non si ferma in questo paese. E sicuramente non si ferma in un’urna elettorale”, ha detto Marcos. “Voi avete dimostrato che se una persona si unisce con un’altra, con una famiglia intera, con una comunità, con altre comunità, si possono cacciare i criminali”.
“Questo è quello che deve succedere in questo paese!”, hai esclamato ripetendo il suo determinato assioma che “il colpevole” di tutte le sofferenze e le miserie del popolo, dalla campagna alla città, è un sistema: il capitalismo. “Il popolo chiede: Perché il governo non fa niente per aiutarci? E perché, quando io mi organizzo per farlo, il governo è il primo ad attaccarmi?”.
Il portavoce mascherato dell’Altra Campagna – un movimento anti-elettorale per costruire una ribellione anti-capitalista e nazionale – ha invitato la polizia comunitaria e gli abitanti di questa regione ad unirsi con quelli che lottano in tutto il paese, in “mutuo appoggio, come lo chiamiamo noi”.
Gli agenti della polizia comunitaria, con i loro fucili al fianco, le casalinghe, i bambini, gli anziani, gli indigeni Mephaa e Mixtec residenti in questa regione si sono uniti all’Altra Campagna.
“Non ci preoccupa chi vincerà le elezioni presidenziali”, ha concluso Marcos, sempre più ottimista sul percorso dell’Altra Campagna dopo avere ascoltato le persone in ogni città e regione. “Qualsiasi partito vinca le elezioni, noi lo abbatteremo”.
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