CNI e EZLN convocano in forma urgente il Quarto Congresso Nazionale Indigeno
La riunione si terrà a Ocoyoacac, nello stato di México, i giorni 5 e 6 maggio
di Hermann Bellinghausen
La Jornada
4 aprile 2006
Nurio, Mich., 3 aprile. Il Congresso Nazionale Indigeno (CNI) e la Commissione Sesta dell’EZLN hanno convocato oggi, con carattere d’urgente, il Quarto Congresso Nazionale Indigeno, da tenersi nei giorni 5 e 6 maggio nella comunità ñañú di San Pedro Atlapulco, nello stato di México. La convocazione è stata letta da don Juan Chávez Alonso, autorità morale del popolo purhépecha, dopo una riunione a porte chiuse dei rappresentanti della regione centro-pacifico del CNI con il subcomandante Marcos.
Bisogna ricordare che in questa comunità di Nurío si è celebrato il Terzo Congresso Nazionale Indigeno, durante la Marcia del Colore della Terra. Cinque anni dopo, e con un progetto molto diverso, torna ad essere “la casa del purépecha” il luogo in cui si apre questa nuova tappa, in un momento molto greve nella vita dei popoli originari in Messico, e nell’ambito dell’altra campagna che domenica scorsa ha realizzato proprio qui una riunione con rappresentanti di decine di popoli della meseta tarasca.
La convocazione parte di tre considerazioni: “Considerando che fino al 2001 i popoli indigeni del Messico hanno condotto una lunga lotta per il riconoscimento costituzionale dei propri diritti secondo gli accordi di San Andrés, gli stessi che sono stati traditi da tutti i poteri dello Stato messicano, incrementando la guerra di conquista, usurpazione e devastazione che da 513 anni quelli in alto hanno dichiarato ai popoli primi di questa nazione e che oggi ha come fine la distruzione e la svendita della patria.
“Considerando che a partire dalla burla e tradimento rappresentati dalla riforma costituzionale in materia indigena del 28 aprile 2001, accompagnata da un insieme di leggi e politiche ufficiali tendenti alla distruzione e privatizzazione delle nostre terre, territori, basi alimentari e cultura, i nostri popoli hanno deciso di non chiedere più il riconoscimento legale dei propri diritti ma di esercitare tali diritti e autonomia nei fatti”.
“Considerando che la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona emessa dall’EZLN invita tutti quelli in basso a costruire una grande forza anticapitalista e di sinistra che lavori per la costruzione di un nuovo programma nazionale di lotta ed una nuova costituzione al fine di frenare la guerra di devastazione capitalista, abbiamo concordato di convocare urgentemente le autorità ed i rappresentanti diretti dei popoli, nazioni, tribù, quartieri, comunità ed organizzazioni indigene la realizzazione del Quarto Congresso Nazionale Indigeno che avrà luogo nella comunità di N’Donhuani-San Pedro Atlapulco, municipio di Ocoyoacac, stato di México”.
Il nucleo del congresso sarà la discussione di due punti. Uno, bilancio della lotta indigena a partire dal Terzo Congresso Nazionale Indigeno realizzato nel marzo del 2001. Due, diagnosi e valutazione della guerra di conquista e devastazione capitalista neoliberale contro i popoli indigeni e la nazione intera.
Firmano la convocazione, per la Commissione Sesta dell’EZLN, il subcomandante insurgente Marcos, e per il Congresso Nazionale Indigeno, regione Centro-Pacifico, comunità, fronti, organizzazioni, consigli di anziani, autorità tradizionali, collettivi di Michoacán, Guanajuato, Jalisco, Durango, Guerrero, Colima e stato di México.
Al suo arrivo la notte di sabato a Nurío, dove è stato ricevuto festosamente da centinaia di indigeni della comunità, il Delegato Zero aveva affermato: “Cinque anni fa arrivammo qua nella casa del purépecha. Partecipammo alla riunione del CNI che convocò decine di popoli indios di questo paese ed insieme portammo la nostra parola al potente reclamando il riconoscimento dei nostri diritti e della nostra cultura come indigeni quali siamo.
“Cinque anni fa offrimmo al potente la nostra parola di dignità per chiedere un posto per noi nella bandiera nazionale. I potenti ed i loro partiti politici ci negarono quel posto, ci tradirono. Tra quelli che ci tradirono c’è chi oggi malgoverna le terre di Michoacán, colui che si dice governatore e dice di preoccuparsi per la gente in basso. Da questa persona e da persone come lui è arrivato il tradimento alla nostra offerta di dialogo ed accordo affinché questo paese riconoscesse gli indigeni, coloro che hanno portato sulle spalle questa nazione, con il loro sangue.
“Adesso non siamo venuti ad offrire dialogo né accordo, ora li riconosciamo come nostri nemici. Ora riconosciamo che la guerra di conquista non è finita e che lo straniero vuole impadronirsi un’altra volta delle nostre terre attraverso le trappole del governo. Non stiamo cercando il dialogo con chi comanda, quello che vogliamo è che cada, che sparisca ed insieme a lui cadano e spariscano i ricchi che ci hanno gettato nella lunga notte che subiamo da più di 500 anni. E’ arrivato il momento di ribellarsi in un grande movimento civile e pacifico per occupare con la forza il posto che ci spetta in questa nazione messicana. Non è più possibile aspettarsi dal potente l’attenzione. Non gli interessiamo. Ci disprezzano”.
Affiancato da autorità indigene di diversi popoli e stati della Repubblica, ha così concluso: “Siamo venuti nella casa del purépecha per incominciare a fare insieme ad altri il grande accordo che torni ad innalzare la ribellione come nella rivoluzione messicana, come nella guerra di indipendenza ma ora facendo attenzione a che i popoli indios non restino nell’oblio nel momento della vittoria”.
Bruciare le loro navi
La notte di domenica, concludendo l’incontro con i purépechas, il Delegato Zero ha detto: “Dopo avere ascoltato le parole di tutti voi, si conferma quello che abbiamo ascoltato nel resto del paese. Le navi dalle quali sta sbarcando lo straniero sono i partiti politici, le camere di Deputati e Senatori, i governi, municipali, statale e federale. Da qui si sta realizzando in primo luogo una strategia di distruzione della terra e di spopolamento, contemporaneamente, distruggendo tutto quello che c’è, desertificando i villaggi, li fanno sparire insieme alla gente che li abita. L’emigrazione, non solo in Michoacán, ma in tutto il paese, ha provocato la scomparsa reale di intere comunità oltre alla scomparsa della loro vita comunitaria”.
Nello stesso tempo, ha proseguito, “la crisi economica fa sì che la gente abbandoni le campagne, perché quello che danno non è più sufficiente per mantenersi. Continuare a vedere questa distruzione delle campagne mediante le leggi, suscita in noi come popoli indios un primo meccanismo di resistenza, un riflesso a cui bisogna resistere ed opporsi. Con la Sestaci rivolgiamoci allora ai contadini che non sono indigeni, e troviamo questa stessa strategia di distruzione e spopolamento in tutto il paese.
Marcos ha aggiunto che la crisi dei prezzi dei prodotti agricoli obbliga sempre più a vendere le terre, ora orami senza l’intoppo dell’articolo 27 e con l’ausilio di tutte le leggi. Vogliamo insistere sul fatto che si tratta di una guerra che ha tutto l’appoggio del governo federale”. Ha citato gli effetti di questa “guerra” che non sarebbe indirizzata solo contro i popoli indios, ma “contro tutti quelli che stanno in basso”. Nelle città, le fabbriche, le cliniche di salute, le scuole. “Il loro obiettivo è molto chiaro: distruggono, spopolano e ripopolano ma non più con messicani”.
Davanti ad un centinaio di autorità e comuneros purépechas aderenti alla Sesta che per molte ore hanno spiegato come si vive e sopravvive nei villaggi da queste parti dell’occidente messicano, il delegato zapatista ha aggiunto: “Dovunque la gente si sta organizzando e resistendo. Ma non basta. In questa guerra di conquista (quelli in alto) non si fermeranno davanti a niente. Anche la zona zapatista, che noi non ci azzardiamo a chiamare liberata, ma in resistenza ribelle, con tutti i suoi avanzamenti e la nostra presenza, subirà un’aggressione totale fino ad essere distrutta completamente come un’alternativa”.
Le parole del delegato zapatista tra gli indigeni della costa, ed ora la meseta di Michoacán, hanno raggiunto un’intensità senza dubbio stimolata dai discorsi, gli atteggiamenti e la determinazione che l’altra campagnaha trovato durante i suoi incontri delle settimane recenti: “L’unico modo di resistere a questa guerra di conquista, di fermarla, sarebbe che tutte le resistenze che ora sono disperse si unissero. Se le resistenze continueranno ad essere isolate, continueranno ad essere eroiche, coraggiose fino ad essere cosa del passato. Se continuiamo da soli ognuno per i fatti suoi, saremo sconfitti”.
Ha spiegato che la proposta dell’altra campagna è unire le resistenze e le ribellioni. “Perché secondo noi, per fermare questa guerra, sarebbe necessario un tale livello di organizzazione che la resistenza sarebbe breve. Perché, se riusciamo ad unire tutta la forza per resistere a quest’offensiva, fermarci qui? Perché, se riusciamo d unire tutta questa forza a livello nazionale, fermarci a riformare il paese a poco a poco se abbiamo invece la forza di distruggere totalmente il sistema che ci tiene così? Abbattere il governo e distruggere il sistema che promette la distruzione”.
Pronunciandosi per una nuova Costituzione, Marcos ha così concluso: “Pensiamo che per affrontare questa guerra dobbiamo andare da loro, passare all’offensiva. Non è più possibile sopravvivere nella resistenza se non organizziamo questa ribellione a livello nazionale. E’ arrivata l’ora, dobbiamo ribellarci. E dobbiamo decidere se è solo per metterci in ginocchio o semplicemente per sperare che l’altro riconosca che esistiamo. Secondo noi, bisogna ribellarci e rimanere in piedi per il resto della storia”.
Dopo due giorni di lavoro dell’altra campagna a Nurío, il Delegato Zeroè stato ricevuto da circa 700 comuneros delle 14 comunità di Pamatácuaro, davanti ai quali ha dichiarato: “Non bisogna più parlare con i governi. Nemmeno una parola. Perché chiedere il permesso di governare e governarci? Abbiamo dimostrato di poter governare meglio che quei caproni che stanno in alto”.
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