English | Español | Português | Italiano | Français | Deutsch | Nederlands | August 15, 2018 | Issue #40 | ||||
Gli zapatisti si uniscono alla lotta in difesa dell’acqua in QuerétaroMarcos propone agli aderenti all'Altra Campagna di fare brigate per l'accampamento di di El Batán per impedire la perforazione di pozzi industrialidi Bertha Rodríguez Santos
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Martha, presidentessa della Giunta degli Abitanti a Difesa dell’Acqua Foto: D.R. 2006 Bertha Rodríguez Santos |
Francisco Loda Carvajal, che era il commissario ejidale, aveva allora detto che era necessario firmare un accordo affinchè il governo s’impegnasse a realizzare opere pubbliche in cambio della perforazione di tre pozzi di acqua. La maggioranza degli ejidatari non fu d’accordo.
Durante la visita del Delegato Zero della Commissione Sesta dell’EZLN, all’accampamento di El Batán del 9 marzo, i contadini hanno raccontato:
“Il dieci novembre incominciarono ad arrivare nove macchine perforatrici e come arrivavano incominciavano a lavorare senza che il commissario ci informasse per niente. Il 25 novembre ci riunimmo in assemblea: c’erano comuneros, ejidatari, donne e bambini ed il commissario diceva che non avrebbe partecipato perché era solo degli ejidatari”.
Foto: D.R. 2006 Bertha Rodríguez Santos |
Inoltre, hanno denunciato l’abitudine di questo commissario ejidale di chiedere copie della credenziale per votare ed i verbali di nascita per presuntamente aiutare nelle pratiche per gli appoggi, ma alla fine finiva riscuotendo lui quegli aiuti, come ha fatto con la vendita di pali e di rotoli di filo di ferro che ha distribuito tra gli ejidatari in cambio di mille pesos.
La gente protestò, ma i lavori di perforazione dei tre pozzi cominciarono senza il permesso dei danneggiati, avvalendosi della presenza della polizia: secondo la gente della zona, arrivavano fino a 30 pattuglie per proteggere gli operatori del macchinario pesante.
La collera dei contadini aumentò, per cui l’8 febbraio 2005, Loa Carvajal fu destituito dal suo incarico ed al suo posto rimase Isaías Eugenio Durán Gachuzo, che “di nuovo senza permesso della comunità fece andare aventi i pozzi perché disse che lui stava col governo e non con la gente. L’ex-commissario ed il nuovo commissario cominciarono ad unirsi per fare il lavoro insieme”, denunciò la dirigente, chi poi è stata imprigionata per la sua opposizione alla perforazione dei pozzi.
Secondo questa versione: “Quelli della Commissione Statale dell’Acqua (CEA) hanno sottoposto a votazione l’uso di tre pozzi, due per Querétaro ed uno per la comunità ma i due li perforarono fino a 520 metri mentre quello della comunità solo a 270 metri. Noi ejidatari e comuneros non siamo d’accordo a scambiare opere con acqua”.
Martha segnala che in tutto il processo si sono registrate molte irregolarità, oltre alla repressione con la forza pubblica. “Il 17 giugno, alle 8 e 30 della mattina cominciarono ad arrivare pattuglie e camion. Il commissario Francisco Loa Carvajal disse che stava arrivando il governo per arrestarci. Gli ripetiamo che non vogliamo scambiare opere con acqua e lui andò a chiamare la polizia. Io sono stata arrestata per 24 ore ed altri ragazzi sono stati picchiati”.
Foto: D.R. 2006 Bertha Rodríguez Santos |
Una giovane madre di famiglia racconta ancora indignata: “ci hanno investito, hanno picchiato mia sorella e poi l’hanno pure querelata. Ci hanno lanciato contro i cani (da caccia)”.
Anche Martha commenta: “Il 18 giugno ci hanno arrestato perché non permettevamo che continuassero a perforare. I detenuti furono: María Guadalupe Noriega, Gilberto Jiménez e Rolando Jiménez. Furono picchiati e dovettero pagare fra i 9mila 500 ed i 1.600 pesos di cauzione”.
Il nuovo commissario presentò una denuncia contro Enrique León García, Rogelio Nieto, Rogelio Tovar, Agustín Marínez, Lupe Soto, Onofre Colín, Nicolás Soto, Arturo Soto, Vicente Soto, Pedro Noriega, Cecilia Colín, Cindy Loa, Guadalupe Loa, Celia Martínez, Serafín e Guillermo Maldonado, Elena Hernández, Cirilo Jiménez, Rolando e Gilberto Jiménez, Janet Velázquez e María Guadalupe Noriega.
Mentre cresceva lo scontento contro la perforazione dei pozzi, il governo affrettò la costruzione della strada e di una chiesa che ha costruito a finaco della chiesa già esistente, “come se fossimo così tanto cattolici”.
“Quello che volevano era impadronirsi dell’acqua per portargliela agli impresari di Querétaro perché il governatore Francisco Garrido Patrón nella sua campagna si era impegnato con gli impresari a fare la perforazione dei pozzi in cambio del loro appoggio per vincere le elezioni a governatore… quell’acqua serve alla zona industriale, agli impresari”, dicono i contadini.
È importante aggiungere che alla fine degli anni ‘60 nella capitale di Querétaro aveva cominciato a svilupparsi un importante complesso industriale, ed in quattro decenni si sono formate cinque aree industriali: Bernardo Quintana, El Tepeyac, Querétaro, Benito Juárez e El Marquéz, nelle quali emerge la presenza di corporazioni transnazionali come la Coca Cola, Daewoo, John Deer, Kimberly Klark e Arbill, tra le molte altre.
Rispetto al conflitto dei contadini per un presunto accordo delle autorità di El Batán col governo, gli ejidatari di altre comunità pensano che questo accordo non debba essere rispettato dato che “la falda acquifera non è situata solo nsi terreni di El Batán, ma abbraccia la regione di El Rincón e di Quiotillos, così come una frangia di Puerta de Allegrías. Le autorità di El Batán non possono fare affari con una falda che appartiene a tutta una regione”.
Altri si preoccupano per il pericolo di permettere un supersfruttamento di quella falda acquifera e fanno l’esempio dell’area di Laguna Servín, dove si sono già perse otto sorgenti, oltre al fatto grave che lì le comunità hanno già sofferto il saccheggio illegale dei boschi.
Un contadino ha denunciato che dal 1993 negli ejidi e nelle comunità localizzate nelle regioni di San Juan del Río, Laguna Servín e San Pablo sono di fronte al disboscamento dei loro boschi “col consenso di Semarnat (Segreteria dell’Ecosistema e delle Risorse Naturali) e della Profepa (Procura Federale di Protezione dell’Ambiente)”, situazione “che è peggiorata dall’inizio dell’amministrazione di Vicente Fox”. Secondo uno degli oratori, in quella regione sono mille gli ettari di bosco disboscati ai margini della legge.
Questo saccheggio, ha accusato, è stato promosso dall’ex-governatore Ignacio Loyola che ha dichiarato in varie occasioni che i boschi si devono usare. E questo saccheggio è stato promosso anche da politici del PRD come Martín Mendoza Villa e Juan Tovar, consigliere comunale di Amealco.
Dicono che la responsabilità è pure della cartiera Kimberly Klark, tra i cui azionisti raffigura l’ex-governatore e l’attuale titolare della Profepa, Ignacio Loyola Vera.
Gli abitanti della regione accusano Loyola Vera di approfittare del suo incarico di funzionario pubblico: invece di appoggiare la gente povera sta facilitando la spoliazione delle risorse naturali della regione, compresa l’acqua, a favore della gente che ha i soldi.
Una contadina in età avanzata ha detto: “sono pronta a tutto quello che può succedere per difendere l’acqua. Perché il governatore ci toglie l’acqua? A lui non importa ammazzare chicchesia ma lui non ha diritto d’impadronirsi dell’acqua… Se vuole vendere qualcosa, che venda la sua casa o se ha diritti su sua moglie che la venda, ma io credo che non sia padrone nemmeno della sua vita perché la vita la dobbiamo sempre a Dio. Non sono d’accordo che ci minaccino”.
Un’altra casalinga ha detto che il commissario ejidale non ha tenuto in considerazione le donne, ma solo alcuni ejidatari che si sono venduti ed allora si è domandata se forse gli uomini non hanno bisogno dell’acqua.
“Noi donne abbiamo bisogno dell’acqua. Siamo già anziane, siamo già stanche. È da 71 anni che vivo qui e prima non avevamo mai avuto di fronte i problemi che ci sono ora. Mi fa molto male che l’acqua vada via perché è la cosa unica che abbiamo qui in El Batán. I nostri antenati difesero la terra ed ora a noi tocca difendere l’acqua”, ha terminato singhiozzando.
I contadini arrabbiati per le manovre dei partiti politici hanno avvisato che non parteciperanno alle elezioni perché quelli del “governo c’ignorano tutti”. Si sono detti disposti a partecipare alla lotta in difesa dell’acqua. “A noi interessa l’acqua, non il denaro, perché i soldi non li mangiamo”.
L’esperienza raccontata dai contadini e dalle contadine ha infiammato il portavoce zapatista, ora Delegato Zero dell’Altra Campagna, che ha commentato di vedere in questa lotta un esempio di ciò che sta succedendo in tutto il paese: la spoliazione delle risorse che sono beni del popolo, col governo col ruolo di intermediario, a beneficio degli impresari.
“Il sistema toglie i poveri per dare ai ricchi… il loro progresso è la nostra miseria”, ha detto il rappresentante Zapatista.
Perciò, il subcomandante Marcos ha esortato i presenti a non mollare la lotta: “Se si portano via l’acqua da qui, si portano via altre cose: gli alberi, il clima. Tutto quello che riuscite a raccogliere acnora, non potrete farlo più. Non si tratta di quanto costa, ma se si portano l’acqua è come se arrivassero con un coltello e vi dicono ‘ti tolgo il cuore e ti do 20mila pesos’. Quanto vale un cuore? Due milioni, 20 milioni di pesos? Però non appena lo tolgono, incomincia a morire tutto. Senza acqua muore El Batán, muoiono gli alberi, gli animali, i raccolti, il cielo morirà, perché tutto è collegato. Se si portano via l’acqua, non è come se si portassero via alcune pere, se si portano via un po’ di alberi… si stanno portando via il cuore di questa terra”.
Ha detto che chiederà agli aderenti all’Altra Campagna in Querétaro, anche agli studenti dell’Università Autonoma di Querétaro (UAQ) che organizzino brigate d’appoggio agli accampamenti. Si è riferito alle brigate di appoggio al Chiapas ed ha suggerito che si possa lavorare allo stesso modo negli accampamenti che ci sono qui, perché “qui c’è la lotta”. Questo appoggio includerebbe l’accompagnamento degli aderenti negli accampamenti ed anche una cooperazione economica perché il movimento possa continuare a far sentire la sua voce: se gli impresari riuscono a portarsi via l’acqua di El Batón è un pezzo della patria che muore e questo non si deve permettere.
Il dissenso che si palpa in questo stato è profondo. L’indignazione e la rabbia per tanta repressione ha rotto il silenzio e si è potuto ascoltare direttamente dalla voce degli indigeni, dei contadini, degli intellettuali, di giovani ed operai.
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