Marcos avverte che il Messico della rabbia e dell’indignazione sta per esplodere
Annuncia che il 1º maggio nel DF si terrà “un’altra” celebrazione della Festa dei Lavoratori
di Hermann Bellinghausen
La Jornada
17 febbraio 2006
Puebla, Pue. 16 febbraio - Il subcomandante Marcos ha annunciato oggi che il primo maggio prossimo sarà a Città del Messico dove parteciperà ad “un’altra” celebrazione della festa dei Lavoratori. Inoltre, ha invitato l’altra campagna di tutto il paese, a realizzare una giornata di lotta per quella data.
Questo, dopo aver incontrato i rappresentanti poblanos di alcuni dei sindacati nazionali più importanti del paese. Quello di oggi, ha detto Marcos, è stato un incontro che gli zapatisti aspettano da 22 anni. C’erano operai ed impiegati della Volkswagen, telefonisti, della Previdenza sociale, del SNTE, dell’industria tessile. Prima si era riunito con coloni, intellettuali, universitari, graffittari, in una variopinta sfilata di “zapatismo urbano“.
Dopo averli ascoltati, il delegato Zero ha dichiarato: “Questo Messico esploderà“. Mentre fuori il “nuovo” governo priista si sgretola davanti agli occhi del paese intero, nelle riunioni de L’altra campagna qualcosa si sta forgiando qualcosa di serio.
L’incontro de L’altra campagna con la città di Puebla ha toccato un’intensità particolare. Chiuso tutto il giorno nella sede del Sindacato Nazionale dei Telefonisti, il delegato Zero si è riunito con più di mille persone in diversi incontri in successione, convocati ad ore diverse, a cui ha partecipato la più vasta gamma dello zapatismo urbano fino ad ora mai vista.
Come ha detto il ricercatore John Halloway, uno dei primi teorici dello (o dallo) zapatismo: “Ci sembra importante discutere quello che significa lo zapatismo in un contesto urbano. Lo zapatismo è una rottura con il capitalismo e la politica tradizionale della sinistra, per questo ci sembra doppiamente che sia ‘un’altra’ campagna. Dobbiamo creare un spazio dove dire basta. Lo zapatismo è come creare questo spazio, con il rifiuto del verticismo, delle strutture tradizionali. È un catalizzatore delle lotte sociali“.
Prendendo la parola, il delegato Zero ha affermato: “Abbiamo ascoltato le parole di tutti voi e crediamo di avere ora un panorama più ampio. Come zapatisti, pensiamo che i giovani subiscano attacchi da varie parti. Una, è la versione dei mezzi di comunicazione di massa di come deve essee la gioventù o la ribellione. La ribellione light, soft. Propongono un modo di essere giovane e di essere ribelle che non ha nessuna trascendenza nella società.
L’altro attacco arriva dalle altre generazioni che ritengono che la gioventù mentre strappa i fogli del calendario deve rinsaldare i suoi principi per essere alla fine quello contro cui ha combattuto da giovane. Ma il problema non è generazionale, il problema è che i giovani nel loro ambito culturale e sociale, si scontrano direttamente con il potere dello Stato, la repressione, la persecuzione, la prigione e, non poche volte, la morte.
Si combatte per far capire che è uno spazio di tutti e non dell’EZLN. Si deve costruire uno spazio per la gioventù, per le sue domande, e non limitarlo agli studenti. Perché ci sono molti giovani che non studiano, che se la giocano ogni giorno, come dicono loro, per guadagnarsi la giornata, ed anche così trovano spazio per discutere, concordare e fare azioni che li legano con altri settori che realmente mettono in discussione quello che sta accadendo in tutto il paese“.
Allontanare lo sguardo dallo specchio
Per ore, i cittadini di Pueba hanno descritto le loro lotte e istanze con una profondità militante e decisa. La ricorrente delusione. Giovani di tutti i tipi, con inquietudini diverse, ma con un’unità di tono ribelle che contrasta con l’immagine neoliberista della Angelópolis, in apparenza un “non luogo” affinché si generino cambiamenti sociali profondi.
Ha citato la “specularità” della riunione, perché “sembra nata all’improvviso, ed ora possiamo parlare e qualcuno può ascoltarci. Quello che noi vediamo qui ed in altri stati, è un lavoro previo che non è stato facile, ci sono state discussioni, rotture; sia come sia, questo impegno comune che è L’altra campagna ha permesso che gente che non ha partecipato direttamente al lavoro, possa avvicinarsi e dire la sua parola.
I compagni hanno insistito più volte sul fatto che questo spazio è ormai aperto, che non stato creato solo per il nostro passaggio per Puebla, ma si propongono di continuare a lavorare sulle problematiche che affrontano come giovani, come cittadini, come lavoratori o, prima, come popoli indios.
Nel nostro passaggio per la Repubblica abbiamo visto dolori, sofferenze che non hanno spazio in questo auditorium e che hanno dovuto giungere al nostro orecchio per altre direzioni, non in una riunione di cittadini o urbana. Perché qualcuno qui ha detto che chi muore di fame è perché lo vuole, o chi viene ammazzato è perché si lascia ammazzare, ed altre cose assurde.
Non è vero. Ci sono compagni che non hanno da mangiare che sono di qui di Puebla, della mixteca, che ci hanno parlato del dolore, della sofferenza, dell’indignazione e la rabbia per potere strappare dalla terra qualcosa da mangiare, e ci sono volte che non è possibile. Se questa rabbia ed indignazione si perdono, restano sole e alla fine si rasformano in una profonda disperazione…“.
L’altra campagna, ha detto Marcos, “deve essere capace di voltarsi a guardare l’altro, ma non solo l’altro più vicino o l’altro che è come noi, ma l’altro che sta in basso. Il sistema capitalista sta realizzando, in questo Messico del basso che bisogna ascoltare e vedere, una vera guerra di sterminio; c’è chi lo vede e chi no, ma c’è, e questo Messico sta per esplodere.È quello che abbiamo ascoltato nel nostro passaggio per il sudest del Messico.
Bisogna insistere in questo altro modo di fare politica. E bisogna anche resistere alle tendenze, all’interno dell’altra campagna, di omogenizzazione, che qualcuno ordini o detti la linea, che sia zapatista. Bisogna insistere in questo impegno, perché nel momento in cui si parla, si ascolta e ci si trova, incomincia a germinare l’immaginazione.
Questo è qualcosa di tanto nuovo che non c’è un manuale. Questo è un vantaggio di cui dobbiamo approfittare. La speranza che L’altra campagna non si trasformi in quello che stiamo criticando sta precisamente nei gruppi e nei collettivi dei giovani, fondamentalmente quelli che fanno lavoro culturale.
Vi chiediamo solo di guardare ad altri settori. Così come voi siete perseguitati e avete una lotta ed una storia da raccontare, e che merita di essere ascoltata, non solo per il rispetto che dobbiamo al compagno, ma anche perché c’è molto da imparare, mi riferisco alla storia dei popoli indios del paese che continua ad essere la parte fondamentale e la radice della nostra storia, e sarà la parte fondamentale della trasformazione che stiamo proponendo. Dobbiamo essere capaci come gruppi o collettivi di allontanare un po’ lo sguardo dallo specchio ed incominciare a guardare l’altro che lotta insieme a noi“.
La punta dell’iceberg
Si tratta dunque, ha affermato il delegato Zero, “di rivolgere il nostro sguardo ed il nostro cuore molto lontano, verso quell’orizzonte che si avvicina perché lo stiamo costruendo. Non è qualcosa lontano, o che nemmeno esiste, ma è qualcosa che costruiamo tutti insieme.
Quella che noi abbiamo conquistato sulle montagne del sudest messicano è solo una parte. Usavamo l’immagine di un iceberg, dicevamo che era solo la punta di un grande movimento che stava nascendo e che quella punta aveva il colore scuro dei popoli indios ed il dettaglio geografico delle montagne del sudest messicano. Perché sembra che in questi anni siano spuntate molte punte di quell’iceberg di ribellione sociale che c’è nel nostro popolo, nella parte in basso e della sinistra. Se questo non si vedeva o non ha avuto l’impatto mediatico della sollevazione zapatista si deve a situazioni che stanno in alto, non in basso.
Si incomincia a costruire un puzzle la cui figura non si sa come sarà. Incominciamo a dare forma a questo grande puzzle che è un altro paese. Se ora stiamo privilegiando la parola è necessario capire che lo si deve dare anche all’ascoltoo. In nessun altro forum sociale nazionale si trova questo spazio per la gioventù. Bisogna ascoltare quello che è successo in altre parti di Puebla. Si sta preparando una grande sollevazione nazionale per spazzare via tutto quello che sta in alto, (Mario) Marín compreso“, ha concluso il subcomandante Marcos.
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