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Narco News Issue #39

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Marcos invita a trasformare il sudest del paese nella “base di una grande ribellione”


di Hermann Bellinghausen
La Jornada

24 gennaio 2006

Xpujil, Camp., 23 gennaio -Quello che sta nascendo qui, come ormai in tutto il paese, è una cosa alla quale bisogna dare un nome: una ribellione nazionale che cerca di trasformare il paese. Non cambiare soltanto un governo, ma cambiare chi detiene la ricchezza e chi la produce; cambiare il regime di disprezzo che subiscono sia gli indigeni che le donne, i bambini e le persone della terza età“. Queste parole, pronunciate qui a Xpujil, riassumono quello che il subcomandante Marcos ha manifestato con insistenza nelle giornate e nelle riunioni di oggi e ieri sera in lungo e in largo per Campeche (dove ha ricevuto una calda accoglienza): trasformare il dissenso in ribellione, e senza bisogno delle armi, lanciare una lotta congiunta che sia un’autentica ribellione. “La nostra idea che stiamo portando dappertutto, è che ci si unisca in questa lotta. Alla fine lo faremo, che vi uniate o no, ed alla fine vinceremo perché stiamo lavorando bene, con intelligenza, con decisione, e perché non ci arrenderemo né venderemo“. Si farà con chi “non importa quanto lo picchino o quanti colpi gli daranno, ma che non si arrenderà“. E confida: “non siamo 100, siamo già molte migliaia“.

Si tratta, ha detto, “di non avere paura, e se c’è, di controllarla, di non restare soli, e mirare a che questo paese cambi da sinistra e in basso“. Ha ripetuto le sue già note critiche a tutti i partiti politici e ai loro candidati alla presidenza, ma queste sono state particolarmente dure per il priista, Roberto Madrazo, “un criminale, un ladro che non ha nessuno scrupolo per quello che ha rubato, invischiato anche coi narcotrafficanti, ma non con quelli che seminano la droga, ma quelli che posseggono grandi proprietà“. Ha citato il presidente Vicente Fox che non ha cambiato niente di quanto aveva promesso; sua moglie, Martha Sahagún, ed i figli di lei (los “grandes transas“), per “i bei soldi che si stanno portando via“.

Rispetto al candidato perredista, ha insistito sul fatto di essere circondato da salinisti, “essendo stato Salinas de Gortari ha fregare l’ejido e la terra comunale; ci ha gettati nella tomba per farci morire in quanto contadini“. Marcos ha squalificato anche il PT e Dante Delgado, di “Convergencia“, partito di cui egli è “il solo padrone, perché è come il suo negozio“, e si mette sempre “con chi che ha più denaro“.

Nella straordinaria e affollatissima manifestazione svoltasi questo pomeriggio a Xpujil (municipio di Calakmul) hanno partecipato organizzazioni ed ejidatari choles, tzeltales, maya e meticci, tutti con un marcato sentimento filozapatista. A loro, il delegato Zero prima si è rivolto in tzeltal: “qui, nella selva di Campeche, ci sentiamo a casa“, attribuendo “la situazione di povertà e necessità” al fatto che “ci hanno derubato e tutti i giorni ci rubano il nostro lavoro“.

La mattina, il delegato Zero aveva fatto una sosta fuori programma nel villaggio di Hopelchén (7 mila abitanti) iniziando una lunga traversata per la cosiddetta “regione chenera” di Campeche. Chen significa pozzo in lingua maya; in questa regione non ci sono fiumi, solo pozzi nella selva pianeggiante e bassa ed anche se fu sede di importanti città maya come Dzibitún e Calakmul, sul confine messicano di Dzibalchén, Becanchén e Pekchén l’acqua scarseggia e si nasconde.

A Hopelchén si è rivolto ad oltre un centinaio di persone che l’aspettavano nella piazza centrale, principalmente maya di bassa statura, ma anche a decine di biondi menoniti di un metro 80 di altezza nei loro tipici abiti che vivono e prosperano nei “Chenes” da mezzo secolo. Da lì fino ai lontani ma vicini Quintana Roo, Belice e Guatemala si apre un’area che ha dato rifugio a guatemaltechi e chiapanechi dagli anni ‘80. Prima di attraversare buona parte della regione con la caravana che lo accompagna, il delegato Zero si è rivolto ai hopelchenses per invitarli all’Altra Campagna. “Da tutti i posti dove passiamo incontriamo gente che sta soffrendo, ed anche gente che dice ‘no’, che vuole ribellarsi ed unire la sua dignità a quella dei compagni di altre parti“.

Riconosce anch’egli di venire dal sudest messicano, “come qui“, dove gli indigeni sono disprezzati e perseguitati. “In alto fanno caso solo a chi ha soldi“, dice molto familiarmente, e molte signore assentono in silenzio. Annuncia che se non ci saranno cambiamenti, spariranno i piccoli commercianti e la proprietà della terra. “Metteranno solo centri commerciali“. E gli abitanti, se resteranno, “saranno schiavi” nelle terre che furono loro. “Lasceremo che ci tolgano tutto, fino alla vergogna, con la testa bassa, o con questo movimento cominciamo a camminare insieme?“, domanda Marcos, col tono didattico, esplicativo, in castigliano di indio, che usa ora frequentemente per invitare la gente ad unirsi all’Altra Campagna. “Lo faremo senza bisogno di grande clamore“, aggiunge. “Così come si fanno le grandi ribellioni, quando la gente comincia ad ascoltarsi. Voi qui sapete chi ha buon cuore. Con questi bisogna unirsi“.

Rivela che gli zapatisti della terza età, sono molto importanti nei loro villaggi, dove non vengono “buttati via ” quando non hanno più forza. “Là non facciamo così. La gente anziana è la più saggia, quella che ci guida. E loro ci stanno dicendo: devi lottare, ma non solo, cerca altri che stanno come noi e che vogliono pure organizzarsi, porta loro la tua parola ed ascolta il loro cuore, invitali a combattere insieme. E se non sono convinto, che ci pensino, e poi forse prenderanno coraggio“.

La sera di domenica, durante il meeting nella Concha Acustica della città di Campeche, il delegato Zero si era rivolto a centinaia di persone, in maggioranza giovani rockettari, ma anche famiglie e lavoratori: “Vogliamo sollevare la dignità, il coraggio e la ribellione e trasformare il sudest del Messico non in un angolo, ma nella base di una grande ribellione che scuota il paese e faccia crollare tutta quella massa di fannulloni che vivono del nostro lavoro”, ha detto. Ha descritto il sudest messicano come “un paese in più dell’America Centrale che manda solo manodopera negli Stati Uniti, e ricchezze, petrolio, legname, molte risorse naturali (per cui) distruggono le nostre terre in Chiapas, Tabasco, Campeche, Yucatan e Quintana Roo, nell’angolo più disdegnato, l’immondezzaio dei politici dove ci mandano qualsiasi bastardo perché si arricchisca sulle nostre spalle“.

Ma “nel basso di questo paese, incomincia a scorrere un fiume sotterraneo, a tessersi una rete di comunicazione che sta già suonando i tamburi della ribellione. Vi invitiamo ad unirvi a questo grande movimento che è ormai avviato, che suona questa ribellione che incomincia a risuonare nel centro della Repubblica e nel nord, e che col suo strepito raggiunge anche l’altro lato della frontiera nord“. “Tutti fanno parte di un paese che è il Messico, degno e ribelle, e si sta ribellando“. Forse, ha detto, “siamo pochi, o molti, ma la cosa certa è che questo paese si scuoterà, tremerà, si risolleverà e camminerà con un altro passo; non più il

passo elegante e criminale di chi sta in alto, ma con il passo di chi sta in basso“. La gente “in alto“, i giudici, il Presidente del Messico, i sottosegretari, deputati e senatori hanno trasformato questo paese in una “vergogna“. Con riferimento implicito allo scrittore Sergio Witz, condannato dalla Corte Suprema di Giustizia della Nazione, il subcomandante Marcos segnala: “Qui a Campeche un poeta lo mette in rima e l’accusano ingiustamente di macchiare l’onore della bandiera nazionale, quando quelli che stanno gettando le loro porcherie sulla nostra patria e sulla bandiera sono quella massa di fannulloni nel governo, che non fanno altro che abbassare lo sguardo e la fronte e fare da spalla per farci spremere dai grandi stranieri“. Ha concluso: “Dobbiamo scegliere e vi proponiamo due opzioni. In una, quelli che stanno in alto dicono di scegliere tra uno o un altro. E in questa, proponiamo di scegliere quello che c’è nel nostro cuore ed incominciare a lavorare per costruirlo. Questa storia deve essere fatta conoscere a tutti e incominciare a fare un accordo ed una grande rete nazionale di ribellione per avanzare con un altro passo e costruire un altro paese“.

Ed ha aggiunto che la proposta dell’Altra Campagna è di trasformare il paese in maniera radicale e definitiva. “Non veniamo a promettere soluzioni, veniamo a portarvi un problema, il problema che bisogna trasformare questo paese, perché se no, finiranno per distruggerlo quelli che stanno in alto“.

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