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Narco News Issue #42

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Massacro in Chiapas: sei donne, tre uomini e due bambini assassinati nei Montes Azules

Le comunità indigene e le organizzazioni dei diritti umani avevano informato il governo statale e federale delle minacce, ma le autorità non hanno fatto niente


di Al Giordano
El Otro Periodismo con L'Altra Campagna in Chiapas

14 novembre 2006

Oggi, lunedì 13 novembre, presunti paramilitari hanno compiuto un massacro nella regione dei Montes Azules in Chiapas, uccidendo nove persone tra donne e uomini, e due bambini, tutti indigeni.

Le vittime assassinate, secondo un documento scritto a mano ricevuto da Narco News dalle comunità civili zapatiste nella regione, sono:

  • Marta Pérez Pérez

  • María Pérez Hernández

  • María Nuñez González

  • Petrona Nuñez González

  • Pedro Nuñez Pérez

  • Eliver Benítez Pérez

  • Antonio Pérez López

  • Dominga Pérez López

  • Felicitas Pérez Parcero

  • Noilé Benítez (8 anni)

  • Un bambino appena nato non ancora battezzato

I dettagli del massacro, in una zona molto isolata, lontana dai centri urbani e di informazione, sono ancora incompleti, ma i funzionari statali e federali erano stati informati da tempo dei segnali di allarme della violenza che si stava sviluppando nella regione. Le autorità erano già state allertate, in luglio ed agosto, da organizzazioni dei diritti umani ma, invece di prendere in mano la questione, da allora la polizia e le altre agenzie hanno solo aggravato i problemi.

Le persone uccise vivevano e lavoravano nell’ejido Dr. Manuel Velasco Suárez II, noto come Viejo Velasco Suárez, una comunità contadina stabilitasi nel 1984 per mezzo di un accordo col governo messicano. Loro e le generazioni passate, avevano vissuto in altre parti della Selva Lacandona che era stato dichiarata “riserva naturale” nel 1972. Ieri come oggi, l’imprimatur ecologico è risultato avere a che vedere più col saccheggio di madre natura che proteggerla: la creazione della biosfera dei Montes Azules è servita per concedere al governo messicano il monopolio sullo sfruttamento del legname e di altre risorse naturali. Come parte dello spettacolo e della simulazione ambientale, 66 famiglie del gruppo indigeno Lacandone – una popolazione che si calcola oggi intorno alle centinaia, discendente dai popoli maya della penisola dello Yucatan che emigrarono in Chiapas secoli fa – erano state dichiarate le uniche amministratrici di oltre 600.000 ettari di selva tropicale, a condizione di cedere i diritti economici sulla terra al governo.

I conflitti nella zona portarono all’accordo del 1984 realizzato da Viejo Velasco Suarez e dalle altre comunità, protette apparentemente, dalla legge: Flor de Cacao, Nuevo Tila, Ojo de Agua e San Jacinto Lacanja, tutte nella stessa regione dove si trovano le rovine degli antichi templi Maya di Yaxchilán, conosciuti in tutto il mondo, sul grande fiume Usamacinta che segna il confine del Messico col Guatemala.

Gli undici morti del massacro di oggi avvengono – come spesso succede con i massacri – in un momento in cui il governo federale messicano è tornato ai brutti e vecchi giorni della repressione su vasta scala (in Atenco lo scorso maggio ed attualmente a Oaxaca). In momenti come questo, i paramilitari ed i corpi di polizia prendono coraggio dai segnali che arrivano dall’alto ed aumentano le loro storiche aggressioni contro queste comunità – in particolare indigene – percepite come ostacoli di fronte agli interessi economici.

Il governo federale di Vicente Fox ed il suo segretario di governo Carlos Abascal (“il macellaio di Oaxaca”) era stato avvertito quest’anno della bomba ad orolegeria di violenza che minacciava Viejo Velasco Suárez ed altre comunità nella regione dei Montes Azules.

Primi Avvertimenti

Il19 luglio di quest’anno, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, aveva diffuso un’allerta intitolata “Minacce di sgombero e persecuzione di comunità indigene nella Selva Lacandona”. Conosciuto come il “Centro Frayba”, questa organizzazione è stata fondata dal vescovo emerito Samuel Ruiz ed è rispettata in tutto il mondo grazie al suo lavoro onesto e dettagliato.

L’organizzazione dei dirtti umani avvertiva che aveva ricevuti rapporti secondo i quali:

“... Sabato 14 luglio un distaccamento di Pubblica Sicurezza si è stabilito nei pressi della comunità di Ojo de Agua, El Progreso, con la minaccia di sgomberare le famiglie di quella comunità in maniera violenta, famiglie che stanno difendendo il loro diritto alla terra come popoli indigeni…Anche noi che viviamo a San Jacinto Lacanja, Flor de Cacao e Viejo Velasco siamo minacciati di sgombeo”.

Il centro Frayba segnalava nella sua allerta del 19 luglio:

“E’ opinione del Frayba che questo è un problema storico con una serie di irregolarità e raggiri da parte delle istituzioni e dei funzionari che eludono gli accordi precedenti, manipolano gli attori del conflitto generando maggiori problemi, minacciano di sgombero violento per obbligare le comunità e le organizzazioni a ’sedersi a negoziare’ o non assumono gli impegni presi durante le negoziazioni con le comunità di conflitto”.

Il centro Frayba chiese che le autorità del governo prendessero misure per “garantire la sicurezza e l’integrità personale delle famiglie” delle quattro comunità indigene minacciate, di rispettare gli accordi del 1984 e gli altri che concedevano loro le terre, e di rispettare i trattati internazionali che garantiscono dette protezioni ai popoli indigeni.

Alcune settimane dopo, i rappresentanti di quell’organizzazione, insieme ad una delegazione di nordamericani di Globale Exchange, come l’ONG Maderas del Pueblo e Xi’Nich, partirono in una missione per le comunità coinvolte per andare ad indagare sui fatti. Global Exchange pubblicò un rapporto detagliato di sette pagine, che spiega molto del contesto storico del conflitto e, in maniera interessante, le difficoltà e gli ostacoli che si sono presentati durante I loro tentativi di visitare le comunità.

Il rapporto così si concludeva:

“Sebbene le ragioni esatte dell’esclusione di queste quattro comunità dal processo di legalizzazione della terra non sono chiare, i fattori geografici e politici ci forniscono una pista importante. Tre delle comunità – Flor de Cacao, San Jacinto Lacanja, Ojo de Agua, El Progreso – si trovano su un terreno in cui c’è ancora legname pregiato che la comunità Lacandona vuole sfruttare, secondo Miguel Ángel García, di Maderas del Pueblo. Si trovano inoltre sulle rive del fiume Usumacinta, una delle fonti più importanti di acqua potabile nella regione. Anche il Piano Puebla-Panama, la proposta del governo per la ”modernizzazione“ economica del paese, contemplano la costruzione di centrali idroelettriche sull’Usumacinta. Inoltre, molti dei testimoni, credono che la ragione per la quale la comunità Lacandona ed i comuneros vogliono la terra per sé stessi, è per svilupparla a fini turistici, poiché il sito archeologico di Yaxchilan è vicino, e la comunità Lacandona partecipa fortemente al commercio turistico. La quarta comunità, Viejo Velasco, a causa della sua adesione all’EZLN, può essere percepita dal governo messicano come un impedimento alla massimazione dei profitti. In effetti, poco dopo la nostra visita a El Desempeño, funzionari del governo hanno sgomberato con la forza la comunità base d’appoggio civile dell’ EZLN Chol de Tumbala, che stava definendp la procedure di diritto alla terra. I funzionari del governo federale, statale e locale dovrebbero prendere provvedimenti immediati per garantire l’integrità e la sicurezza di Ojo de Agua El Progresso, Flor de Cacao, San Jacinto Lacanja e Viejo Velasco. Queste comunità hanno diritto – tanto secondo l’accordo del 1984 che con gli accordi raggiunti alla tavola rotonda di Limonar – alla sicurezza della terra. Il governo locale, statale e federale dovrebbe agire immediatamente per fermare le minacce di sgombero illegale e far ritornare le famiglie che sono fuggite dalle loro terre, se così lo desiderano. Equità e giustizia non chiedono niente di meno”.

L’organizzazione internazionale di diritti umani inviò i suoi risultati al presidente messicano Vicente Fox, al suo segretario di governo Carlos Abascal, al governatore del Chiapas Pablo Salazar Mendiguchía ed a vari burocrati dipendenti da ognugno di loro.

Invece di realizzare azioni per correggere i mali, i governi statale e federale hanno messo in moto gli eventi – dando segnali di impunità – che hanno provocato, oggi, il massacro di undici civili indigeni.

Aggressioni in aumento

Seconco una cronologia scritta a mano degli eventi avvenuti da allora, ricevuta oggi da Narco News, di cui sono autori le comunità coinvolte, le aggressioni contro di loro sono aumentate dopo aver informato i governi di Fox e di Salazar:

  • Settembre 19: “Alle 4:30 p.m. comuneros di Nueva Palestina sono arrivati armati di machete, fucili, bastoni, asce e pietre”. Hanno distrutto la casa di una famiglia. Alle 8 p.m. hanno sparato colpi contro un edificio dove dormivano donne e bambini.

  • Ottobre 4: Comuneros di Nueva Palestina hanno attaccato con pistole due contadini nel loro campo di fagioli, distruggendo le coltivazioni.

  • Ottobre 8: Membri della comunità Nueva Palestina alleata con il governo si sono riuniti ed accordati per attaccare gli abitanti di Viejo Velasco Suárez.

  • Ottobre 9: L’attacco è avvenuto distruggendo la casa di una famiglia; quel pomeriggio hanno sequestrato un membro della comunità che è stato “gravemeente ferito” nella colluttazione.

In un altro documento scritto mano inviato a Narco News, datato sabato 11 novembre, i membri della comunità spiegano che i comuneros di Nueva Palestina avevano tagliato la fornitura d’acqua, obbligando la comunità di Viejo Velasco Suárez a rirendersi l’acqua ed espellere undici dei comuneros invasori dalla loro comunità. Il documento riporta i nomi e le firme degli uomini espulsi.

Dice:

“Chiediamo a quelli di Nueva Palestina, ai governi statale e federale, di rispettare questo accordo e finire con la violenza da entrambe le parti nella nostra comunità. Riteniamo responsabile il governo di qualunque cosa possa succedere…”

“Mercoledì 1 novembre 2006, quelli di Nueva Palestina hanno chiuso l’erogazione dell’acqua fino ad oggi sabato 11 novembre dell’anno in corso. È per questo che i gruppi originari di questa comunità realizzano la seguente azione…ci dissociamo dai gruppi di Palestina e non vogliamo che continuino a molestarci in questa comunità di Viejo Velasco, ed ognuno di loro firma il suo accordo per andare via e non ritornare mai più per non causare più problemi con i residenti originali”.

Secondo una email appena ricevuta dalle famiglie degli uccisi:

“Gli aggressori sono stati abitanti della comunità di Nueva Palestina, avendo in comune i tristi eventi successi nel massacro di Acteal (del 22 dicembre 1997 in Chiapas), poiché i parenti delle vittime ci confermano che esistevano diversi posti di blocco della forza pubblica nei loro dintorni senza fare atto di presenza”.

Secondo un comunicato di oggi, Maderas del Pueblo, gli aggressori erano di Nueva Palestina e sono arrivati all’alba “4 subcomuneros del gruppo aggressore, arrivati nella comunità fortemente armati e con l’intenzione di sgomberare violentemente le famiglie collocate”.

Due giorni dopo, oggi, sei donne, tre uomini e due bambini di questa comunità sono morti. Al momento di andare in stampa, diverse organizzazioni dei diritti umani e la Giunta di Buon Governo di Roberto Barrios delle basi civili dell’EZLN, così come Otro Periodismo con l’Altra Campagna, stanno investigando sui dettagli di un altro massacro annunciato.

Traduzione Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo

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