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Nella presa di Atenco ci sono stati diversi feriti da arma da fuoco, rivela un medico di una ONG

In carcere ha visitato tre feriti da colpi d’arma da fuoco; il più grave deve essere ricoverato in ospedale


di Emir Olivares Alonso
La Jornada

24 maggio 2006

Il giorno dell’assalto della polizia a San Salvador Atenco sono stati molti i feriti da colpi di arma da fuoco e non solo Francisco Javier Cortés Santiago – l’adolescente ucciso – assicura il medico Fernando Rubí Apreza, presidente dell’Organizzazione Multidisciplinare per la Salute della Popolazione Indigena ed Emarginata (OMSPIM).

Insieme a Guillermo Selvas, anch’egli membro dell’OMSPIM – che è stato arrestato con la figlia Mariana, studentessa della Scuola Nazionale di Antropologia e Storia – era arrivato ad Atenco per prestare assistenza medica agli abitanti feriti negli scontri del 3 maggio.

“Abbiamo visto persone ferite da colpi d’arma da fuoco. Io ho assistito uno dei colpiti dalle pallottole. E’ stato medicato e portato in una clinica privata. Era una ferita d’arma da fuoco calibro 38. Le prime cure le ho prestate io”, ha dichiarato.

Sapendo che il suo amico, il dottor Guillermo Selvas, era stato arrestato, Rubino Apreza si è recato ad Almoloya de Juárez, stato del Messico, per cercare di vederlo. Dopo vari tentativi andati a vuoto, è poi riusciti ad entrare nella prigione di Santiaguito.

Fino ad oggi, è l’unica persona che non fa parte delle autorità che sia riuscito a passare oltre i parlatori della prigione di Santiaguito. Il medico racconta che la settimana scorsa è riuscito a vedere i tre detenuti “più gravi” per il pestaggio subito dagli agenti di polizia durante l’operativo a San Salvador Atenco.

Racconta che il sabato 13 maggio, grazie ad un permesso medico ottenuto per Octavio Castilla – anche lui detenuto – è riuscito ad avere accesso alla prigione. “Questo giovane ha un’insufficienza renale per trauma prostatico e richiede di un sondino per decongestionare la vescica. Sono riuscito ad entrare solo per visitare lui ma ho conosciuto parte del personale medico della prigione”.

Tuttavia, racconta che il giorno seguente è entrato con la commissione per lasciare provviste di acqua e dolci per i carcerati che sono in sciopero della fame e, grazie al personale medico conosciuto il giorno prima, è riuscito ad entrare all’area dell’infermeria.

“Lì ho potuto visitare i detenuti. Per primi ho visto i più gravi ed i feriti”. Si tratta di Heriberto Nopaltitla, contadino di 58 anni; Arnulfo Pacheco, impossibilitato a camminare, di 55, e Paulino Zavala, falegname di 60 anni.

Rischio di vita vegetativa

Descrive che Nopaltitla presenta fratture multiple al braccio, delle ossa del polso e di un dito. “Il suo corpo è tutta una macchia di lividi ed escoriazioni; le costole sono fratturate; gli ho contato 19 ferite nel cranio. Queste lesioni mettono a rischio la sua vita perché i lividi provocano la coagulazione del il sangue che non si scioglie e viaggia nel flusso sanguigno. Si possono produrre complicazioni vascolari cerebrali, come trombosi, e questo può portare una vita vegetativa”.

Ritiene che il più grave dei tre sia Pacheco che, per la sua menomazione fisica ha opposto meno resistenza ed è stato gravemente colpito. Presenta, spiega, colpi in tutto il corpo e questo gli ha generato un “trauma” con la conseguente perdita del controllo degli sfinteri. “Inoltre, da otto giorni c’è sangue nelle urine e gli arti sono infiammati per la ritenzione idrica prodotto delle bastonate; ha ricevuto un colpo alla gola che gli ha leso la faringe e per questo non riesce a mangiare; ha fratture multiple alle costole. È il più grave dei tre. Perché la sua vita non corra pericolo dovrebbe essere ricoverato ed assistito da uno specialista. Nel peggiore dei casi, potrebbe subentrare insufficienza vascolare cerebrale o cardiopolmonare”.

Mentre, Zavala, che soffre diabete, “sembra una mappa di piaghe”, aggiunge il dottore; inoltre ha lesioni al cranio, viso e naso, due costole fratturate e fatica a respirare.

Fernando Rubí Apreza spiega che dopo aver visitato questi tre uomini, il personale medico della prigione l’ha aiutato ad accedere alle celle e visitare i detenuti. “Ho dato priorità alle donne ed ho visitato Bárbara Italia Méndez che è stato oltraggiata con mani ed oggetti. L’hanno svestita e messa in posizione supina, oltre che ferirla, palparla, le hanno ferito i genitali; è stata l’unica che ho potuto visitare”.

Per qualche ragione era cominciata a circolare la voce che all’interno della prigione c’era un medico che visitava i detenuti, ed il personale dell’infermeria gli ha chiesto di lasciare l’ambulatorio. Tuttavia, dice di aver inviato una lettera al direttore di Prevenzione e Reinserimento Sociale dello stato del Messico, Alejandro Carmona, nella quale chiede il permesso di entrare nella prigione per continuare con le analisi cliniche dei detenuti.

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