<i>"The Name of Our Country is América" - Simon Bolivar</i> The Narco News Bulletin<br><small>Reporting on the War on Drugs and Democracy from Latin America
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Narco News Issue #39

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Gli zapatisti "hanno preso" per la prima volta la Città di Palenque

Poi, incontreranno gli abitanti del quartiere dei chamulas maya di San Cristóbal


di Concepción Villafuerte
dal Chiapas

3 gennaio 2006

Palenque, Chiapas, 3 gennaio. - Marcos è uscito alle otto di mattina da San Cristóbal de Las Casas, il convoglio di circa 20 veicoli con a bordo una dozzina di indigeni con i volti coperti, si è fermato al distributore di benzina di Ocosingo per permettere agli zapatisti di andare ai servizi e poi tutto è proceduto senza intoppi.

Al passaggio dei veicoli, vigilati da vicino da poliziotti di ogni municipio che veniva attraversato, gruppi di indigeni zapatisti o simpatizzanti della causa, salutavano e gridavano viva.

I turisti che oggi vengono qui a Palenque “forse con sorpresa si sono resi conto di essere venuti a visitare delle rovine ed avete trovato gente che vive, che cammina, che parla e soprattutto, che grida e sta gridando Basta”, ha detto il Subcomandante Marcos nella piazza centrale davanti a circa cinquemila indigeni dei villaggi zapatisti della zona.

Nel terzo giorno di viaggio per Chiapas, il Delegato Zero ha lasciato la motocicletta a San Cristóbal ed a bordo di un camioncino bianco chiuso si è trasferito a Palenque rivendicandola come “il simbolo della cultura maya, del suo splendore e del suo avanzamento”.

Davanti a circa cinquemila indigeni incappucciati delle comunit zapatiste delle vicinanze della citt , Marcos ha così detto riferito a questo posto archeologico “i ricchi capitalisti lo usano solo perché sia visitata e conosciuta come se fosse ormai una cultura morta, come se noi indigeni maya, alcuni zapatisti ed altri non zapatisti, non esistessimo più o fossimo morti con la vittoria del neoliberismo nel mondo”.

Nel chiosco del parco centrale, dove prima aveva estratto la sua macchina fotografica per riprendere la manifestazione, Marcos ha dichiarato che “all’uscita della citt erano nascosti degli allevatori armati che li stavano aspettando”.

L’ingresso del contingente di indigeni e la colonna di veicoli ha provocato qualche difficolt nel traffico e decine di famiglie, mentre aspettavano che il traffico si smaltisse, stavano ai bordi delle strade e guardavano incuriositi il passaggio della manifestazione sempre guardata a distanza da pattuglie di polizia.

Nella via principale dove è passato il gruppo, molto lentamente, molti commercianti hanno chiuso i negozi nonostante gli indigeni continuassero a ripetere: “Non abbiate paura, la nostra lotta è pacifica, non è contro i commercianti lavoratori ed onesti, è contro il malgoverno. Non avrete nessun problema, unitevi all’Altra Campagna, vi invitiamo a farlo”.

Le autorit municipali osservavano il passaggio degli indigeni dai balconi e quando Marcos è apparso sul palco hanno estratto le loro macchine fotografiche e sono scesi nella piazza.

Juan José Hernández, del gruppo misto La Estrella, è scettico rispetto alla mobilitazione che dice sì essere politica, tuttavia sostiene che “fa paura alla gente, vederli così tutti coperti, per questo hanno chiuso le loro porte”.

Manifesta poco interesse per qualsiasi altro movimento politico o elettorale: “è sempre lo stesso, guardi, sono 12 anni che lottano ma continuano a stare male nelle comunit , è tutta una bugia”.

Vive da 25 anni nella citt ed assicura che è la prima volta che arrivano gli zapatisti perché nel 1994 “dicevano che sarebbero arrivati, che stavano per farlo, la gente si nascose ed io uscii a vedere, ma non accadde nulla”. Con quell’errore strategico militare, ammesso dalla guerriglia, si impedì che prendessero Palenque.

Marcos ha dichiarato che il concentramento di oggi è una piccola dimostrazione di quello che è la forza zapatista nel nord del Chiapas che si unir con la “Altra Campagna” alla forza delle organizzazioni di lavoratori delle campagne e delle citt .

Ha inoltre segnalato che il concentramento “è un messaggio per gli allevatori ed il governo, affinché lo prendano in considerazione nel caso volessero fare qualcosa. Dovranno pagare le conseguenze di quello che potrebbe accadere”.

Ha aggiunto che ora l’EZLN “cerca di unirsi con altre forze di lavoratori delle campagne e delle citt per trasformare questo sistema in qualcosa di più giusto, più libero e più democratico”.

Riferendosi alle campagne elettorali presidenziali che iniziano il 18 gennaio prossimo, il leader guerrigliero ha detto che “Nei prossimi giorni che verranno, ascolteremo un mucchio di promesse, bugie, nel tentativo di alimentare le nostre speranze che le cose miglioreranno se ci sar un nuovo governo; ogni volta, ogni anno, ogni tre anni, ogni sei anni ci vendono questa bugia, ed ogni tre anni, ogni sei anni ce la ripetono. Noi pensiamo che non ci daranno niente, niente che non conquisteremo con le nostre forze, con la forza organizzata per trasformare le cose”.

Il meeting si è concluso dopo le cinque del pomeriggio senza incidenti, sono state sventolate la bandiera messicana e la bandiera nera con la stella rossa dell’EZLN e sono stati intonati gli inni nazionale e zapatista.

Hanno preso la parola alcuni indigene basi di appoggio e leader civili che hanno ringraziato della visita il Subcomandante che pernotter a Palenque con la sua comitiva e torner domani mattina presto a San Cristóbal de Las Casas.

Discorso del Delegato Zero nella citt di Palenque

Buon pomeriggio a tutti e tutte:

Abbiamo scelto di venire qui a Palenque, in questo luogo simbolo della cultura maya, del suo splendore e del suo avanzato livello di sviluppo, ma che i ricchi capitalisti usano solo perché sia visitata e conosciuta come se fosse ormai una cultura morta, come se noi indigeni maya, alcuni zapatisti ed altri non zapatisti, non esistessimo più o fossimo morti con la vittoria del neoliberismo nel mondo. Forse con sorpresa vi siete resi conto di essere venuti a visitare delle rovine ed avete trovato gente che vive, che cammina, che parla e soprattutto, che grida e sta gridando “Basta”, che ora cerca di unirsi con le altre forze dei lavoratori della campagna e della citt per trasformare questo sistema in qualcosa di più giusto, più libero e più democratico.

Nei prossimi giorni che verranno, ascolteremo un mucchio di promesse, bugie, nel tentativo di alimentare le nostre speranze che le cose miglioreranno se ci sar un nuovo governo; ogni volta, ogni anno, ogni tre anni, ogni sei anni ci vendono questa bugia, ed ogni tre anni, ogni sei anni ce la ripetono.

Noi pensiamo, i compagni dell’Altra Campagna, di cui facciamo parte come EZLN, che non ci daranno niente. Niente che non conquisteremo con le nostre forze, con la forza organizzata per trasformare le cose.

I governi che abbiamo, a parte mentirci, derubarci del poco che abbiamo, ci vendono a caro prezzo le cose che dobbiamo comperare mentre ci pagano una miseria quello che produciamo come contadini ed operai

Noi pensiamo che tutto quello deve cambiare e non cambier dall’alto, dove la destra sta distribuendo le sue bugie da una parte all’altra mentre intasca milioni e milioni di pesos.

Pensiamo che si può cambiare solo dal basso o a sinistra, per questo invitiamo tutti e tutte a chiedersi, gente umile e semplice, se vuole cambiare le cose, se vuole per sé, per i propri figli, per i propri nipoti un mondo dove possa vivere senza paura.

Senza paura di essere umiliato o disprezzato per il colore della pelle, per il modo di camminare, per il modo di parlare, per la cultura, o per il posto che occupa in questa societ .

un mondo dove possiamo essere rispettati per il lavoro che facciamo, per il nostro valore in quanto esseri umani e non per il nostro conto bancario, o il tipo di auto o gli abiti che possediamo, un mondo dove i lavoratori occupino il posto che meritano.

Perché loro, i lavoratori, sono quelli che fanno camminare il mondo, e lo fanno fiorire. Sono i ricchi ed i potenti quelli che lo distruggono.

Oggi siamo qui a Palenque accettando l’invito di un’organizzazione di lavoratori: la Centrale Unitaria dei Lavoratori (CUT).

Qui davanti a tutti voglio salutare questi fratelli e sorelle che ora sono i nostri compagni e compagne e vogliamo dare questo simbolo, abbiamo invitato i compagni e le compagne basi di appoggio dell’EZLN nella zona nord.

Alcuni sono venuti, come il governo e gli allevatori che ci aspettavano armati, nascosti, all’uscita della citt , per darsi conto della dimostrazione della forza zapatista nel nord del Chiapas.

È un messaggio che inviamo loro affinché lo prendano in considerazione perché nel caso volessero fare qualcosa, dovranno pagarne poi le conseguenze.

Ora vogliamo dare il simbolo dell’unit di un movimento indigeno degno, come è l’EZLN, con un movimento di lavoratori anch’esso degno come è la CUT

Oggi stiamo inviando questo messaggio: una delle strade che percorrer l’Altra Campagna è l’unit di indigena, di operai, di contadini, di maestri, di studenti, di impiegati, di tutti quelli che lavorano e producono in questo paese, e non di quelli che stanno in alto e si arricchiscono col nostro sangue. Vogliamo dare oggi questo messaggio di unit tra indigeni e lavoratori, con questa unit di azione tra l’EZLN e la Centrale Unitaria dei Lavoratori. Grazie fratelli della CUT che ci avete ricevuti, grazie popolo di Palenque che ci avete accolto, speriamo di andare sempre più avanti in questo lavoro e di tenervi informati.

Quarto giorno dell’Altra Campagna, di nuovo a San Cristóbal

Al ritorno a San Cristóbal de Las Casas, si aspetta una riunione con un gruppo di abitanti della zona nord di questa citt chiamata “La Hormiga”. Di questa zona particolare della citt “coleta”, si dicono molte cose strane, cominciando dai suoi abitanti che dopo 32 anni di esilio, sono sopravvissuti, si sono moltiplicati ed ora dominano gran parte della citt .

“La Hormiga” è un insediamento irregolare che fu acquisito e popolato in principio da indigeni chamulas – poi si sono aggiunti altri popoli – che erano stati espulsi dalle comunit di origine per differenze religiose.

I primi chamulas profughi furono trasferiti come animali in recinti di bestie nel mese di novembre del 1974; erano più di 1.400 tra uomini, donne e bambini.

Il caciques chamulas, quelli che comandano nel villaggio, sono i distributori della Pepsi Cola e della Coca Cola, simboli di potere, poiché la commercializzazione di questi prodotti era assegnata per concessione speciale. Nessuno altro che i ricchi del villaggio potevano vendere, decidevano loro chi e come dovevano governare il villaggio.

Molte religioni, evangeliche, battiste, presbiteriane e molte sette, testimoni di geova, pentecostali ed un’infinit di sigle, sono penetrate tra i chamulas, hanno raccolto adepti e causato divisioni.

Il villaggio di Chamula è uno dei più chiusi che esistono tra gli indigeni. I chamulas sono chamulas in qualunque parte del mondo; tuttavia, si sono divisi nel momento in cui hanno accolto altre religioni diverse dalla cattolica.

E non è perché realmente i chamulas siano cattolici, apostolici e romani. No, la religione cattolica è stata adattata ai loro costumi. Tengono la chiesa come vogliono loro, cioè, praticano le loro usanze all’interno della chiesa ed utilizzano la religione cattolica come un mezzo per continuare i loro costumi.

È un’attrattiva turistica visitare la chiesa principale a San Juan, che è l’unica, e vedere gli “iloles” (guaritori) mentre fanno riti di purificazione e pregano facendo offerte materiali per guarire da qualche malattia una persona e la sua famiglia.

Cambiando religione, i convertiti al protestantesimo hanno smesso di praticare i riti cattolici dove era sempre presente il posh, bevanda alcolica che preparano loro stessi.

Gli evangelici non bevono più, non accendono più candele, non fanno più rituali, non partecipano più alle feste, si allontanano dal gruppo, dalla comunit , e pregano diversamente. Queste divisioni esplosero nel 1974, quando le autorit chamulas ordinarono retate in tutti i dintorni di Chamula e trascinarono fuori dalle loro case centinaia di famiglie. Le imprigionarono e poi il governo dello stato “prestò” i camion affinché li portassero fuori del villaggio e li lasciassero in recinti per bestiame. L’argomento dei “difensori” di questi indios sgomberati fu che se loro, il governo, non li avesse fatti uscire da Chamula, i caciques li avrebbero ammazzati. Fu così che cominciò quell’esodo che giorno per giorno è proseguito aumentando la popolazione dei profughi.

Ai pastori evangelici si riempì il loro territorio di fedeli e si cominciò a formare una cintura di miseria attorno all’antica Ciudad Real degli spagnoli, ora San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico.

Furono anni ed anni di denunce, proteste, lotte affinché il governo fermasse le espulsioni. A Chamula seguirono altri municipi degli Altos del Chiapas: Chenalhó, Pantelhó, Mitontic, tra altri; si è perso il conto. Il dosso di La Hormiga si è andato riempiendo di baracche malfatte, precarie, senza servizi. In questa zona ci sono ora 45 colonie (quartieri) irregolari con migliaia di abitanti di tutti i credo, di tutti i partiti, di tutti i popoli indigeni dei dintorni della citt “coleta”. Sono molti e si calcola che siano ormai due terzi della popolazione della citt calcolata di oltre 150 mila abitanti, perché i censimenti non sono credibili.

La storia di La Hormiga ha 32 anni, i suoi abitanti originari sono orami vecchi e molti non ci sono più. I leader attuali arrivarono bambini in citt , alcuni non erano ancora nati. Trentadue anni dopo, La Hormiga è un emporio, si è riprodotto il modello “caciquil” del villaggio, ci sono tanti ricchi come tanti poveri, tutti indios. Si sono andati appropriando di tutti i terreni a nord della citt , sono pochi quelli che ancora hanno un padrone meticcio.

Ora, quei bambini indios che arrivarono in questa citt senza sapere perché, sono leader. Uno di questi, Domingo López Ángel, ha invitato il Subcomandante Insurgente Marcos a visitare La Hormiga.

Il curriculum di Domingo López è così lungo da scrivere un libro. E’ passato da tutte le religioni, per tutti i partiti politici, è stato deputato per il PRD, arrestato guidò una rivolta nella prigione dove convinse oltre 80 detenuti indigeni che sarebbero usciti di prigione, e loro gli credettero, ed uscirono; il governo accettò la revisione dei loro casi e la ricerca di una soluzione giuridica per rimetterli in libert . López Ángel disse: “vivi o morti, usciremo dalla prigione”. Chiamò la stampa, la Commissione dei Diritti Umani e, di fronte a tutti, tirarono fuori una tanica di benzina, se la versarono addosso e con un fiammifero in mano minacciarono di darsi fuoco. Fu un atto spettacolare, temerario. Per quell’audacia il governo acconsentì alla liberazione di più di 80 indigeni carcerati.

Con la consulenza di Gaspar Morquecho, un antropologo approdato a San Cristóbal negli anni settanta del secolo scorso, organizzò il CRIACH, Consiglio Regionale di Indigeni degli Altos del Chiapas, agglutinò gli evangelici ed acquisì grande prestigio. Poi vinse una poltrona per il Partito della Rivoluzione Democratica e, audacemente, com’è la sua natura, commise alcuni illeciti e fu esautorato ed arrestato per la seconda volta.

In sua assenza, crebbe un’altra organizzazione, l’OPEACH, Organizzazione dei Popoli Evangelici degli Altos del Chiapas, il cui leader Manuel Collazo, un giovane indio di quelli arrivati in fasce durante le espulsioni, rilevò il comando lasciato da López Ángel, ma questa volta non con l’audacia, come faceva Domingo López Ángel, ma con la mitraglia.

Sotto le minacce, il controllo della zona nord è rimasto per molto tempo nelle mani di Collazo chi serviva incondizionatamente chi era al potere in cambio dell’impunit . Così Collazo è arrivato fino all’inizio del governo di Pablo Salazar, attuale governatore del Chiapas.

Il 7 marzo 2003, Manuel Collazo fu arrestato perché il governo non poteva più nascondere tanta impunit . Quel giorno, le milizie di Manuel Collazo incendiarono il mercato principale, tre negozi tra i più importanti furono saccheggiati ed incendiati, seminarono il terrore in un’area di 500 metri e nessuna polizia poteva intervenire. Esattamente il giorno in cui il signor governatore mostrava alla stampa nazionale, attraverso un programma alla televisione nazionale, quanto bene stava il suo governo. Nel bel mezzo delle qualit e dei progressi governativi, apparve l’immagine dell’incendio e del saccheggio del mercato che un reporter aveva osato narrare. Questi fatti che si stavano svolgendo nella citt di San Cristóbal amareggiarono il reportage del governatore che ordinò di catturare Manuel Collazo che ancora oggi si trova in carcere.

Nella zona nord della citt “coleta”, a La Hormiga, si traffica in armi, clandestini, droga, legname, auto rubate, in tutto quello che si può. È un segreto che sanno tutti. È quello che hanno imparato a fare per sopravvivere quegli indios-bambini che arrivarono profughi nel 1974. Ora, sono il terrore della citt , nessuna autorit penetra facilmente nell’intrico delle 45 colonie indigene che si uniscono per mantenere il controllo con il governo, e contemporaneamente controllare la propria gente che deve essere sottomessa a quello che ordina il pastore, il rappresentante della colonia o quello che ha il mitra.

In questa colonia oggi ci sar il Delegato Zero.

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