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Narco News Issue #40

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Marcos in Guerrero: Abbiamo trovato la gente che stavamo cercando

Tra la tenerezza ed il coraggioso carattere dei guerrerenses, l’insurgente zapatista visita gli angoli della Montaña ed i villaggi della Costa


di Bertha Rodríguez Santos
Otro Periodismo con L’Altra Campagna in Guerrero

26 aprile 2006

Iguala, Guerrero, México.- Un caldo intenso spinge a togliersi i vestiti; le alte temperature che raggiungono i 40 gradi producono un’aria che brucia, avvolge l’atmosfera ed incendia il corpo. Nonostante ciò, circa mille persone aspettano attente il momento in cui parlerà il Subcomandante Insurgente Marcos, nella sua ultima tappa del viaggio nello stato dove la sua presenza ha ravvivato il carattere coraggioso dei guerrerense, il loro dissenso e rabbia contro il governo; la tenerezza dei suoi popoli e l’amore per la terra che chiamano patria.


Il Delegato Zero a Xochistlahuaca, Guerrero
Foto: D.R. 2006 Enlace Zapatista
Storicamente Guerrero è uno stato marcato dal disprezzo, dalla repressione e dai massacri da parte dei governi verso le comunità indigene e crurali – principalmente – che lottano per il rispetto dei loro diritti più fondamentali.

L’imposizione dei caciques del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), la repressione e la mancanza di democrazia hanno fatto sì che il professore rurale Genaro Vásquez Rojas fondasse nel 1959 l’Associazione Civica Guerrerense, che dieci anni più tardi si sarebbe trasformata nell’Associazione Civica Nazionale Rivoluzianaria (ACNR) che intraprese la lotta armata nello stato dopo i massacri di Chilpancingo nel 1960, ed Iguala nel 1962.

Oltre alle condizioni repressive, la grande miseria che esisteva in Guerrero spinse un altro maestro rurale, Lucio Cabañas Barrientos, nel 1964 si unisse al Movimento dei Maestri Rivoluzionari che tre anni dopo guidò la lotta armata nelle montagne con la formazione della Brigada Campesina de Ajusticiamiento; la creazione dei Comandi Armati del Partito de Poveri (PDLP) estese la sua attività alle città. In questo periodo, gli scontri armati più importanti si verificarono nel 1967, 1972 e 1974, anno in cui Lucio Cabañas cadde in combattimento.

Attualmente, la lotta di questi leader guerriglieri è molto presente tra la popolazione contadina, professori e studenti. Nello stesso tempo sono una ferita ancora aperta i massacri più recenti, come quello di Aguas Blancas, avvenuto il 28 giugno 1995, in cui furono assassinati da agenti della Polizia Giudiziale dello stato, 17 contadini accusati di appartenere all’Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR); e quello di El Charco avvenuto il 7 giugno 1998, quando soldati dell’Esercito Messicano massacrarono 11 indigeni ed uno studente della UNAM. Il governo sospende La Parota?

In questo contesto la storia si muove in Guerrero ed in México. In un clima teso per la minaccia da parte della Commissione Federale di Elettricità (CFE) di intervenire con l’esercito per portare macchinario e personale sull’area progettata per l’installazione della centrale idroelettrica La Parota; di sgomberare i manifestanti che mantenevano presidio di controllo in cinque punti e di procedere all’esproprio di migliaia di ettari di terre dei contadini, la visita del delegato zapatista della Commissione Sesta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) realizzata il 16 aprile, è stato uno degli eventi più significativi per il movimento di liberazione nazionale che promuove L’Altra Campagna.

Altrettanto decisivo per le centinaia di membri del Consiglio di Ejdos e Comunità in Opposizione alla Diga La Parota (CECOP) è stato l’incontro con il Delegato Zero, nella comunità di Agua Caliente, municipio di Acapulco, dove migliaia di persone si oppongono alla costruzione della diga.

Da prima dell’arrivo del Subcomandante Marcos gli oppositori parlavano della cancellazione del progetto, come ha segnalato il manifesto del CECOP agli zapatisti, letto in presenza di Marcos. Tuttavia, come ammesso dagli stessi oppositori, la presenza dell’Altra Campagna avrebbe dato “l’ultima spinta” per il ritiro del progetto.

Dopo gli avvertimenti del Delegato Zero che se l’esercito avesse attaccato le comunità che respingono il progetto – come aveva annunciato la CFE, questo fatto sarebbe stato ritenuto un’aggressione all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) – il governo statale e federale hanno mostrato la loro disperazione attraverso le dichiarazioni rilasciate da Zeferino Torreblanca, governatore dello stato per il Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) che ha negato l’intervento dell’esercito ed ha tacciato di “bellicoso” Marcos, e dal Presidente Vicente Fox attraverso l’incaricata degli affari indigeni, Xochitl Gálvez.

Un giorno dopo la visita di Marcos ai comuneros, secondo La Jornada, la CFE ha annunciato la sospensione della costruzione della diga a La Parota per trasferirla a Yescas, tra gli stati Nayarit e Jalisco.

Anche se ufficialmente la costruzione della diga è “stata posposta”, i contadini sostengono che continueranno in allerta per difendere le loro terre e le loro risorse, “anche con la vita se è necessario”. El Charco: Massacri, stupri e sterilizzazione forzata

Dopo un agitato viaggio attraverso una polverosa e sinuosa strada sterrata, L’Altra Campagna e la sua carovana sono arrivati a El Charco il 17 aprile, municipio di Ayutla de los Libres, dove il massacro di contadini perpetrato da elementi dell’Esercito Messicano nel 1998 è ancora vivo nella memoria della comunità.

Con un po’ di ritardo a causa delle difficoltà per i veicoli della carovana per salire le ripide montagne, la squadra di Otro Periodismo ha raccolto le testimonianze degli oratori.

Erika Zamora, una delle sopravvissute al massacro di El Charco, ha detto che dopo il massacro commesso dall’Esercito Messicano, la popolazione ha subito l’incremento di omicidi mirati, sterilizzazione forzata ed occulta delle donne indigene come diversi stupri da parte dei soldati presenti nell’area.

Da parte sua, Efrén Cortés – un altro dei sopravvissuti – narra la scena del massacro: “la maggioranza degli undici morti furono massacrati, (alcuni) arresi sotto a quel tabellone – indica il tabellone di pallacanestro che si trova nel campo dove si sono riuniti i presenti -. L’esercito viene addestrato per questo, per ammazzare. Mentre i nostri compagni stavano con le mani alzate, li scherzavano ‘perché sono guerriglieri’, li ammazziamo perché sono indios”, gridava i soldati, dice, e poi indica con la mano altri posti dove i contadini furono assassinati a sangue freddo.

Gli abitanti di El Charco, tra i quali ci sono indigeni mixtecos, m’ephaa e tlapanecos, hanno dichiarato di essere ormai stanchi della repressione governativa, della militarizzazione della regione e degli stupri delle donne indigene come avvenuto a Barranca Tecuani, Barranca Guadalupe e Barranca Bejuco (tra le vittime c’è Inés Valentina, indigena della regione).

Queste condizioni sono considerate dalle comunità parte di una Guerra di Bassa Intensità applicata dai governi statale e federale.

“Qui non solo vogliono distruggere la natura, vogliono distruggere le comunità”, ha affermato uno dei partecipanti che ritiene che il governo federale cerchi di sterminare gli indigeni che oppongono resistenza alle sue politiche repressive.

Da parte sua, Marcos ha dichiarato che i governi ci tengono inchiodati tra due paure: “la paura di morire nella povertà e la paura di morire se ci ribelliamo”.

Ha spiegato che il disprezzo che mostrano i governanti ed i ricchi verso gli indigeni è perché “gli facciamo schifo, perché siamo scuri ci disprezzano… ci umiliano, ridono di noi, ‘stronzo indio’, ‘pigronii’, ‘lazzaroni’, ‘l’indigeno è povero perché non lavora’ “, dicono.

“Qui lavorano dall’alba al tramonto. Loro se ne stanno là nelle loro grandi case, palazzi, hotel… Si fissano sugli alberi, sull’acqua, la terra, che vedono come una merce che possono vendere…(vogliono) distruggerci per vendere la terra”, ha aggiunto.

Ha detto che gli spagnoli arrivarono nelle terre messicane ad imporre il loro dominio, ora i potenti lo fanno usando i partiti politici. Attualmente, tra le altre cose, i messicani devono andare negli Stati Uniti e ci sono paesi di soli bambini ed anziani. Di quelli che se ne vanno “non sappiamo se sono vivi o morti…come se ci fosse una guerra”.

Il delegato zapatista ha paragonato la storia di sofferenza dei popoli indigeni con la storia di dolore del resto della popolazione, senza distinzione di razza o colore della pelle.

Si è riferito sarcasticamente all’ex governatore René Juárez Cisneros, che l’allora presidente della Repubblica, Ernesto Zedillo chiamava “il mio negro preferito”, per il colore della sua pelle. Marcos ha ricordato come ora questo ex mandatario vive nell’opulenza “perché non si tratta del colore”, ha dedotto Marcos.

“È la nostra stessa storia come gente oppressa”, ha detto e ritiene che questa lotta di resistenza non è solamente della gente del colore della terra, ma è una lotta di tutti i colori perché ci sono anche “biondi nella lotta”.

“Il ricco è quello che comanda l’esercito, che ordina di sterilizzare”, ha segnalato il ribelle. Considerando che chi detiene il potere sono pochi e gli oppressi sono molti, Marcos ha invitato i presenti ad unire tutte le forze per realizzare un’insurrezione di tutti, non separatamente. Felicità silenziosa degli indigeni, a Xochistlahuaca

La strada d’asfalto penetra come un enorme serpente tra i colli di questa terra colorata; i molti alberi di Parota sono un gigantesco regalo verde che oscilla i suoi rami cullati dalla fresca brezza.

Le casette brillano indifferenti condividendo lo spazio con gli alberi di prugna ed enormi radici di alberi sconosciuti. All’esterno delle case, a volte sulle porte, prendono l’aria fresca le donne indigene occupate a tessere i loro ricami e gruppi di giovani che conversano animatamente.

Come sempre, tentiamo di arrivare prima della carovana che accompagna il Delegato Zero perché a volte questo ci permette di conoscere un po’ di più le lotte locali ed intervistare la gente della comunità oltre ad evitare di essere travolti dal caos della carovana.

Dopo due ore di viaggio per la Costa Chica, passando per San Marcos, Copala Marquelia, Ometepec ed altri villaggi, il 17 aprile arriviamo nel “posto dei fiori” come fu chiamato dagli aztechi questo villaggio ora conosciuto ufficialmente come Xochitlahuaca o Suljaá in lingua dell’Amuzgo.

Nella strada principale del paese, un numeroso gruppo di indigeni aspetta Marcos. Due anziani che si trovano tra il gruppo di uomini che indossano costumi tessuti e sandali, hanno un violino ed una chitarra. Le donne indossano huipiles bianchi con fiori; alcune allattano i figli, altre restano timidamente in attesa. La loro presenza è così discreta che solo la sgargiante bellezza dei loro capelli neri e degli abiti colorati attrae gli sguardi dei visitatori.

Quando Marcos è sceso dall’auto sul volto dei presenti si è dipinta la gioia. Due donne anziane sono corse ad abbracciarlo. Il tempo è sembrato fermarsi, come se ci fossimo immersi alle radici di un Messico ancestrale. Doña Florentina López, una donna minuta e cordiale ha sorriso apertamente; Marcos le ha cinto le spalle col suo braccio sinistro e così si sono incamminati, accompagnati dai piedi scalzi di alcuni indigeni e repentine grida di “Viva E-Z-L-N!”.

Mentre camminavano, Marcos sosteneva la donna con tanta tenerezza da scuotere e commuovere alcuni dei presenti (l’insurgente camminava come prendendosi cura di un essere fragile che non voleva che si facesse male, come se si trattasse un essere molto caro).

La musica di violino ha accompagnato la breve marcia fino al chiosco dove altrettanto brevemente Marcos ha ringraziato per l’ospitalità indigena. Più tardi, le autorità tradizionali ed altri abitanti della comunità hanno raccontato la storia di usurpazione delle loro terre.

Evangelina Domínguez, di Radio Ñomndaá, “La Palabra del Agua”, ha spiegato che questa radio comunitaria ha cominciato a trasmettere due anni fa allo scopo di diffondere la cultura dei popoli indigeni, “conoscere la nostra sofferenza, la nostra forma di vita e per rallegrare le case”.

Riferendosi al privilegio che i poteri esecutivo e legislativo hanno dato ai monopoli dei mezzi di comunicazione in Messico approvando recentemente la Legge Federale di Radio e Televisione, nota anche come “Ley Televisa” (che secondo i lavoratori delle radio comunitarie li pone a maggiore rischio di essere chiuse), la giovane ha dichiarato: “adesso viene fuori che siamo criminali perché trasmettiamo la nostra parola e le nostre canzoni”.

“Con il benestare del Presidente della Repubblica – ha aggiunto – i deputati e senatori, vogliono compiacere i ricchi…vogliono dimostrare ai padroni di Televisa, TV Azteca e Telmex, che dispongono di spazi per le campagne politiche”.

Ha aggiunto che come popoli indigeni, le comunità hanno il diritto di beneficiare delle risorse presenti sul loro territorio, tra cui le onde radio, perché queste “sono di tutti e nessuno può venderle per diventare ricco”.

“Non possono proibirci di prendere l’acqua, di respirare la nostra aria…trasmettere la nostra parola chiara, libera e vera, la parola del popolo”, ha concluso.

Componenti del Colectivo Rebeldía, di Suljaá, hanno denunciato inoltre l’imposizione di autorità da parte dei governi, in contrapposizione alla forza delle autorità tradizionali nominate con il sistema di usi e costumi (gli abitanti si organizzano in assemblee nelle quali decidono a chi dare la loro fiducia, designando una carica di autorità).

Protestano che adesso, “con l’arrivo dei partiti politici, il governo ha trasformato la politica in un affare in cui investire che poi fanno pagare caro ai cittadini”. Per questo sottolineano che è necessario ottenere l’autonomia dei popoli.

Dopo aver presentato una sintesi di quello che ritiene un tradimento del governo non adempiendo agli Accordi di San Andrés Larráinzar su diritti e cultura indigena, la cui essenza era stata riassunta nella Legge della Commissione di Concordia e Pacificazione (COCOPA), contro la quale votarono i legislatori di tutti i partiti politici, Marcos ha anticipato che “nel nuovo Messico” che costruirà il movimento di liberazione che promuove L’Altra Campagna “deve esserci un posto per i popoli indigeni…Devono essere rispettati. Se no, sarà inutile”.

Per questo ha ricordato che i giorni 5 e 6 maggio si terrà a San Pedro Atlapulco, municipio di Ocoyoacac, Stato di México, il IV Congresso Nazionale Indigeno (CNI), dove si concorderà un piano nazionale per esercitare nei fatti i diritti dei popoli indigeni. El Rincón: Saluto alle armi

Davanti ad autorità e comandanti della Polizia Comunitaria, più di cento membri di questo corpo di sicurezza popolare hanno presentato le armi al Subcomandante Insurgente Marcos al suo arrivo nella comunità di Santa Cruz El Rincón, il 18 aprile.

Con le divise consunte di colore verde e nero e calzando i sandali all’uso contadino, gli elementi della Polizia Comunitaria, con i loro fucili, hanno formato 26 colonne di quattro elementi per presenziare all’incontro.

Dopo avere reso gli onori alla bandiera e intonato l’inno nazionale in lingua m’ephaa (tlapaneco), e dopo che Abad Flores Herrera, commissario dei Beni Comunali ha dato il benvenuto ai membri dell’Altra Campagna, il comandante del Comitato Esecutivo della Polizia Comunitario, Florentino García, ha informato che il corpo di poliziotti comunitari è formato da 612 elementi che formano 59 gruppi; ogni gruppo corrisponde ad uguale numero di comunità appartenenti ai municipi di San Luis Acatlán, Malinaltepec, Metlatonoc, Marquelia, Iliatenco, Cochoapa el Grande, Atlamajalcingo del Monte e Tlapa de Comonfort.

Gli abitanti hanno raccontato che poco prima del 1995 (quando si è formata la Polizia Comunitaria) la loro comunità ha cominciato a subire un’ondata di aggressioni, stupri e furti da parte di alcuni abitanti del paese. Le vittime delle aggressioni chiesero l’aiuto delle autorità municipali ma queste non risposero mai. Di fatto, a volte, gli abitanti della comunità acchiappavano i delinquenti e li consegnavano alle autorità ma queste li lasciavano liberi. Per questo, provvidero a formare gruppi di autodifesa.

La comunità scelse la gente più coraggiosa ed onesta della comunità, commenta Catalina García Castillo, che narra la sofferenza che subiva il suo popolo. Sulla base delle esperienze nella comunità, l’indigena giunge alla conclusione che per far fronte alle ingiustizie non “è necessaria un’arma, perché una buona organizzazione di uomini e donne è la forza del popolo…non sono necessarie le armi del governo per difenderci”, ribadisce.

La lotta dei contadini è costata la vita a molti di loro, eppure per gli indigeni “non vediamo più i loro volti, ma sono vivi nello spirito”.

Accompagnato da 13 rappresentanti del Consiglio Regionale di Autorità Comunitarie, comandanti attivi ed ex membri della Polizia Comunitaria che hanno preso posto dietro un lungo tavolo, Marcos si è presentato come il capo militare degli ufficiali e delle truppe dell’EZLN dicendo che quanto fatto a El Rincón per fronteggiare la delinquenza, è quanto si deve fare a livello nazionale contro “il branco di delinquenti e stupratori” che governa il paese. Elenco di oltraggi a Tlapa

A metà del percorso dell’Altra Campagna, il 19 aprile, rappresentanti del Centro dei Diritti Umani della Montaña, Tlachinollan, hanno presentato a Marcos la serie di oltraggi che subiscono gli indigeni della regione.

“La parola dei popoli naa savi, m’ephaa e nahuas della Montaña è stata la parola sacra che fa germogliare dalle nostre terre il mais ed i fiori, è la parola del rispetto che forgia la vita della comunità (…) Questa parola è stata repressa e soffocata dai caciques…stigmatizzata e criminalizzata dai governi razzisti, addomesticata e subordinata dai governi impostori che con le loro politiche indigeniste hanno perseguito la distruzione dei nostri popoli”.

Hanno criticato il sistema giudiziario che è come “una frusta degli oppressori usata per ferirci, estorcerci, per criminalizzarci”.

Malgrado il corso del Fiume Balsas bagni le comunità dell’area, gli abitanti condannano il fatto che il governo nega loro il diritto di poter contare sul servizio di acqua potabile. Ugualmente, respingono la politica di Vicente Fox di rimandare la soluzione dei conflitti agrari.

“I nostri popoli continuano ad essere storicamente dimenticati, i diritti fondamentali come l’istruzione, salute, casa ed alimentazione sono ancora un conto in sospeso”, segnalano nel discorso letto al Sup Marcos e firmato da 16 organizzazioni sociali e per i diritti umani della Regione della Montaña.

Condannano il fatto “vergognoso che nei nostri villaggi la seconda causa di mortalità siano le infezioni intestinali che potrebbero essere curate con un’infrastruttura medica di base”. Lamentano che l’unico ospedale provvisto di squadra di medici di base si trovi a cinque ore di distanza dalla maggior parte delle comunità. Esiste inoltre, un solo ginecologo per assistere 17 mila donne.

Riferendosi alla disoccupazione ed alla miseria prevalente nell’area, segnalano: “Oggigiorno il 45,7% dei fratelli indigeni non percepiamo nessuna entrata economica mensile, obbligandoci ad emigrare o morire, è per questo che dal mese di novembre al mese di aprile dobbiamo trasferirci in Bassa California, Sinaloa e Sonora, tra altri stati del nord, per lavorare come manodopera a basso costo e in condizioni di lavoro inumane”.

Denunciano inoltre la militarizzazione dello stato “che porta avanti una Guerra di Bassa Intensità per intimorire, smobilitare, perseguire e criminalizzare tutti gli uomini e le donne che lottano per la giustizia, l’uguaglianza e la democrazia. La Guerra contro la droga si è trasformata in una Guerra contro i poveri che ha devastato i territori indigeni, ha frammentato le comunità ed ha imposto la legge del più forte”. Difficoltà dell’Altra in Guerrero

Ad Atoyac de Alvarez, la seconda tappa di Marcos nello stato. il 15 aprile dopo il suo arrivo nella mattina a Zihuatanejo, si è verificato uno scontro tra membri del Consiglio Civico Comunitario Lucio Cabañas Barrientos (CLCB) – che figurano tra gli organizzatori dell’incontro locale – e membri di un settore dell’Organizzazione Campesina della Sierra del Sud (OCSS).

All’inizio era previsto un breve incontro pubblico nello zocalo e poi un incontro con gli aderenti in una scuola preparatoria. Intorno alle 6:00 del pomeriggio, gli organizzatori avevano quasi tutto pronto per ricevere il Delegato Zero nel chiosco dove c’è anche una statua di Lucio Cabañas. Improvvisamente, 9 ragazzine (tra le quali c’erano anche alcuni uomini) sono comparse davanti alla statua del guerrigliero con dei cartelli che chiedevano la punizione per gli assassini di Tránsito Mesino Lezma. Erano le figlie di Mesino Lezma, accompagnate da loro parenti, anche loro appartenenti all’OCSS.

Questi hanno posto un enorme striscione di plastica che rivendicava la lotta dell’OCSS, lanciata da José Luis Arroyo Castro, del CLCB. Questo fatto ha provocato isteria tra le ragazzine che hanno cominciato a piangere accusando l’altro gruppo di essere “un gruppo paramilitare” appartenente a Tendencia Democrática Revolucionaria (TDR).

Da entrambi i gruppi sono partite accuse (tra grida e spintoni) fino a che Arroyo Castro ha preso il microfono per dare la sua versione ai presenti. Poco dopo che aveva iniziato a parlare, le ragazzine sono corse ad affrontare l’altro gruppo ed è così cominciato lo scambio di pugni, schiaffi e tirate di capelli tra le donne delle due bande.

Le donne dell’OCSS chiedevano la punizione per gli omicidi di Miguel Ángel Mesino Mesino, Tránsito Mesino Lezma, Pascual Mesino Cruz, Alfonso García Rosas ed il bambino Carlos Gómez Mesino “tutti loro assassinati dal gruppo paramilitare La Patria es Primero – TDR”.

Il gruppo accusato, da parte sua, ha accusato i manifestanti di avere “negoziato” la morte dei contadini massacrati ad Aguas Blancas; prova di ciò, hanno affermato, è che una dei membri di quella fazione dell’OCSS – presente alla manifestazione – Rocío Mesino è consigliere comunale per lo Sviluppo Rurale, per il PRD. “Questa famiglia si è presentata per sabotare L’Altra Campagna”, hanno dichiarato quelli del consiglio civico comunitario chi più tardi hanno spiegato che l’OCSS è divisa in tre fazioni a causa della cooptazione dei suoi militanti da parte del governo dopo il massacro dei contadini.

Dopo la zuffa, gli aderenti si sono trasferiti nella scuola in attesa della riunione programmata ma dopo qualche ora, i coordinatori dell’Altra Campagna in Atoyac annunciavano che l’incontro era stato cancellato a causa dell’incidente.

La crisi all’interno del principale gruppo guerrigliero nello stato, l’EPR, è diventata evidente con l’esistenza di almeno sei scissioni all’interno dell’organizzazione armata, come riporta la stampa (ovviamente non confermato dagli interessati) tra le quali l’Ejército Revolucionario del Pueblo Insurgente (ERPI), La Patria es Primero-TDR, il Comando de Ajusticiamiento Lucio Cabañas, il Comando 28 de Junio, le Fuerzas Armadas Revolucionarias del Pueblo (FARP) e l’EPR stesso. Si ignora fino a che punto lo scontro nel chiosco abbia qualche relazione con la presunta guerra fratricida tra i guerriglieri.

Davanti a questo panorama il Delegato Zero ha deciso di assumere una posizione imparziale davanti al conflitto registrato nel chiosco. Bisogna segnalare che dalla sua apparizione pubblica l’EZLN ha optato di non avere rapporti con nessun altro gruppo armato. Dogmatismo ad Ayotzinapa

Un altro fatto che ha ritardato l’apparizione di Marcos e che ha posto a rischio la realizzazione dell’incontro svoltosi mercoledì 19 aprile, è avvenuto nella Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa, Raúl Isidro Burgos, “culla della coscienza sociale” e dove hanno studiato i professori guerriglieri Lucio Cabañas e Genaro Vásquez.

Componenti della Federazione di Studenti Contadini, Socialisti Uniti del Messico (FECSUM), volevano impedire l’ingresso di militanti che portavano le bandiere del Partito Comunista e quelle di anarchici. Alla fine, è stato permesso l’ingresso delle bandiere.

Più avanti, Marcos ha fatto un discorso che avrebbe potuto essere rivolto a comunisti, anarchici e militanti del Frente Propular Rivolucionario (FPR) che ad ogni evento ostentano le loro bandiere, fatto che da alcuni osservatori è considerato un atteggiamento da protagonista. Marcos ha spiegato che gli zapatisti hanno rinunciato alla loro bandiera nera con al centro una stella rossa a cinque punte, per inalberare la bandiera del Messico, che abbraccia tutti coloro che vogliano dal basso costruire un paese libero, giusto e democratico.

Da parte loro, gli studenti – che hanno intonato i classici inni di sinistra come “Venceremos” e “L’Internazionale” – hanno denunciato la politica della presente amministrazione foxista che vuole cancellare le 33 scuole normali rurali che esistono a livello nazionale per cedere il passo alla privatizzazione. In particolare, hanno sottolineato l’intenzione del governatore Zeferino Torreblanca Galindo di chiudere questa scuola normale.

“Quando il popolo si ribella per pane, libertà e terra, i potenti tremeranno, dalla costa fino alla catena montuosa!”, “Prima l’istruzione al figlio dell’operaio, poi l’istruzione al figlio del borghese!”, “Articolo Terzo della Costituzione: istruzione gratuita per tutta la popolazione!” sono stati alcuni degli slogan lanciati, a pugno chiuso, dagli studenti.

Marco Antonio Suástegui, portavoce del CECOP, si è presentato davanti agli studenti per offrire l’appoggio dei comuneros e garantire così che questa scuola non venga chiusa.

Prendendo la parola attorno alle 10:00 della sera, il sup Marcos ha ringraziato gli studenti per “il segnale che ci avete dato nell’accoglierci… è qualcosa che non si dimentica mai”.

Lo Zapatista ha detto che L’Altra Campagna ha trovò in Guerriero “lo stato più repressivo, più sanguinario e con il più elevato indice di miseria”.

Tra altre cose, il portavoce Zapatista ha avvertito gli studenti che nonostante il potere degli industriali capitalisti ed i politici che sono al loro servizio, così come i loro mezzi di comunicazione che diffamano chi persegue un paese più giusto accusandoli di essere ‘rivoltosi’ e di essere una ‘minoranza’: “arriverà un giorno in cui ci vedranno, arriverà un giorno in cui ci sentiranno. Arriverà un giorno in cui vedranno che né Lucio, né Genaro, né Guerrero, né Villa, né Zapata sono morti”. “Le strade torneranno a riempirsi della gente del basso”, sentenzia “I migliori figli di México sono nell’Altra Campagna”

Prima di andare per le strade della capitale dello stato, il 20 aprile, “214 aderenti di 14 organizzazioni politiche e culturali” che appoggiano L’Altra Campagna, hanno realizzato un forum nella Sezione 14 del Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell’Istruzione (CNTE) nel quale si è parlato della necessità di promuovere un cambiamento nelle relazioni tra uomini e donne nel processo di costruzione di un mondo senza violenza, per cui si richiede “democrazia dall’intimità fino alla piazza”.

Molte oratrici hanno condannato il machismo imperante nella società per cui le donne “sono emarginate, violentate ed assassinate”.

Uno degli oratori ha sfidato chi chiede al Subcomandante Marcos di togliersi il passamontagna. “Io quelli che vedo mascherati sono quelli del governo perché dicono una cosa e ne fanno un’altra…è meglio che siano loro a togliersi la maschera. Loro ci vendono la democrazia molto cara. Costa più cara la democrazia di una guerra”.

“Benvenuto nel nostro pensiero, nel nostro cuore e senza armi”, hanno detto a Marcos i simpatizzanti. A sua volta, lo Zapatista ha segnalato che “di tanto in tanto i popoli partoriscono una generazione di ribelli ed in ogni tanto questa generazione di uomini e donne incomincia a dire ‘No’ e a dire ‘Basta!’ “.

Marcos ha aggiunto: “La domanda che fa partorire alla storia i suoi raggi luminosi è Che fare? Non si tratta solo di subire un’ingiustizia, ma che la gente che sta in basso inizi ad ascoltare i suoi Dolori. Alcuni optano per la strada più facile, altri decidono di costruire qualcosa di nuovo”.

Non basta, ha aggiunto Marcos, guardare solo gli splendori di Lucio e Genaro ma anche di altre persone non conosciute che hanno lottato. “Non basta voltarsi indietro nel non arrendersi”, poiché guardando indietro si scopre mancano gli strumenti per costruire la strada “e ci rendiamo conto che dobbiamo costruire questi strumenti. Non basta dire ‘No’, ma costruire il nuovo”.

Chiarisce: “L’Altra Campagna non è per tutti. L’Altra Campagna sta cercando in tutto il paese questa generazione di uomini e donne” che dalle loro realtà alzino la bandiera della dignità ribelle. “E’ toccato ancora a noi partorire questo paese come nel 1810 e 1910… Noi che stiamo nell’Altra Campagna siamo i migliori figli di questo paese”.

Per il Boulevard René Juárez Cisneros, l’ex governatore chiamato da Marcos “il negro prezioso” che represse i movimenti contadini, la marcia “dell’Altro Guerrero e dell’Altro Messico” è avanzata tra grida di appoggio all’Altra Campagna, all’EZLN ed al Subcomandante Marcos. Si chiedeva anche la liberazione di tutti i prigionieri politici del paese.

Dai balconi di case e palazzi molte famiglie salutavano il ribelle chi rispondeva sorridendo ed agitando la mano sinistra.

Giunti alla piazza centrale dalla città, più di mille persone hanno accolto tra gli applausi il delegato Zapatista. Alcune donne che gli hanno appeso al collo una ghirlanda di fiori di cempasúchitl, se lo sono quasi mangiato di baci. Subito, il Subcomandante ha rivolto il suo messaggio alla cui conclusione ha deposto un’offerta floreale davanti alla statua di José María Morelos y Pavón, esponente dell’Indipendenza. “La puttana più cara e più inutile del mondo”

Circa mille 500 persone provenienti dalla regione di Tierra Caliente si sono riunite nella piazza centrale di Iguala il pomeriggio del 20 aprile. Nonostante la spietata afa, l’interesse per ascoltare il Subcomandante Marcos è rimasto alto per tutta l’ora di durata dell’incontro.

Gli oratori hanno criticato i passati governi dello stato come quello di Rubén Figueroa Alcocer ritenuto responsabile del massacro di Aguas Blancas, così come suo padre Rubén Figueroa Figueroa che alla fine degli anni ‘70 perseguì implacabilmente gli attivisti sociali, molti dei quali furono sequestrati e desaparecidos.

Il giovane Pavel González nel suo discorso appassionato ha criticato il ruolo svolto attualmente dai partiti politici in Messico. “I partiti politici sono i principali ed unici protagonisti nella lotta per il potere; hanno smesso di essere burocrati delle masse e si sono trasformati in professionisti delle elezioni. Hanno abbandonato le bandiere ideologiche e le rivendicazioni di classe; i loro dirigenti hanno guadagnato più peso nelle organizzazioni e si sono dedicati solo alla ricerca del voto dei cittadini (…) “.

“I partiti (‘elettorali’) ed i loro politici si vantano di essere democratici ma la democrazia che essi presumono si sostenta sul denaro delle corporazioni e sull’imperialismo: accettano l’alternanza dei politici ma non delle alternative politiche. Per loro, un presidente democratico oppure no – eletto dalle urne o meno, che abbia oppure no appoggio popolare – mantiene il capitalismo “, ha sottolineato.

Ha segnalato che molti uomini e donne di Guerrero hanno apportato idee e sangue per costruire un Messico diverso con democrazia e giustizia sociale: “Genaro Vásquez, Lucio Cabañas, i contadini di Aguas Blancas e tanti altri anonimi e no, hanno sempre lottato fino al fine della loro esistenza”.

Rivolgendosi ai presenti, Marcos si è pronunciato contro il sistema dei partiti politici perché questi “hanno trasformato la politica nella puttana più cara ed inutile del mondo”.

D’altra parte, ha assicurato che “L’Altra Campagna ha trovato in Guerrero gli uomini e le donne di cui aveva bisogno, che sentono scorrere nel loro sangue Guerrero, Emiliano Zapata, Villa, Lucio Cabañas e Genaro Vásquez”.

Oltre ad esporre i temi che ha affrontato nei diversi incontri con i guerrerenses, Marcos che sudava copiosamente, ha chiesto ai presenti di unirsi all’Altra Campagna per costruire un paese dove il governo ubbidisca e non comandi.

“Non stiamo promuovendo un’insurrezione armata, ma civile e pacifica, un’insurrezione dei nostri dolori, un’insurrezione per unire la nostra dignità, per unire la nostra ribellione e farli tremare… E’ arrivata l’ora di scegliere se andare avanti con il Messico che abbiamo o creare un altro paese”, ha concluso tra un mulinello di giornalisti, fotografi e seguaci che l’hanno accompagnato fino al veicolo che l’ha portato fino allo Stato di México dove continuerà a promuovere la ribellione nazionale contro il sistema capitalista.

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