<i>"The Name of Our Country is América" - Simon Bolivar</i> The Narco News Bulletin<br><small>Reporting on the War on Drugs and Democracy from Latin America
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Narco News Issue #39

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La lunga notte ed il sogno del risveglio…

Atto pubblico a Tuxpan, Jalisco


di Subcomandante Insurgente Marcos
Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

31 marzo 2006

22 marzo 2006

Buona notte compagni e compagne. Buona notte Tuxpan, Jalisco E uno speciale buona notte, compagni indigeni e compagne indigene

Raccontano nostri più antichi, la gente che ci dirige, i nostri maggiori, la gente di età, gli anziani, che i primi dei, quelli che fecero nascere il mondo, lo fecero quasi giusto. Con questo volevano dire che l’avevano fatto pari: non c’era chi stava sopra e chi sotto, la terra non era di proprietà di nessuno, non c’era chi la comandasse, né carte che la dividessero, né denaro che la corrompesse.

E raccontano i nostri più antichi, che quei primi dei fecero anche i primi uomini e le prime donne, gli uomini e le donne di mais, e che da allora il mais fu sacro per questi uomini e queste donne, i primi che popolarono queste terre. Ma raccontano anche che quei primi dei si stancarono, si fecero da parte e si riposarono perché avevano lavorato molto per fare il mondo e per farlo bene. Ed arrivò un altro turno ed altri dei, e poi altri ed altri, mentre il mondo continuava a camminare, come deve camminare, in basso.

E raccontano anche che è arrivato un giorno in cui un turno di quegli dei, non dei primi che fecero nascere il mondo, ma sempre dei primi, e cominciò ad agitarsi ed a far casino perché aveva trovato qualcosa che non andava, e convocarono una riunione, un’assemblea con gli uomini e donne di mais.

Una volta riuniti dissero loro: “C’è un problema, abbiamo trovato un problema perché è saltato fuori che i primi dei, proprio i primi, quelli che fecero nascere questo mondo, si dimenticarono di dirvi una cosa. Si sono dimenticati di dirvi che sarebbe arrivato un momento, in questo mondo, in cui sarebbe arrivato l’inganno a popolare queste terre”.

E quegli dei, ormai non i più primi, ma che erano sempre importanti, incominciarono a spiegare agli uomini e donne di mais, che sarebbe arrivato un giorno il denaro e che, con lui, il potere avrebbe seminato l’inganno per tutta la terra. “Quel giorno – dissero quegli dei – la notte si allungherà per molti anni, per secoli, quando arriveranno l’inganno ed il denaro a popolare la terra. Niente sarà ciò che sembra, ci sarà l’inganno e sembrerà verità, ci sarà chi si dirà originario di queste terre e si venderà al potente, ci sarà chi userà il nostro canto, la nostra lingua, il nostro vestito, per far pensare che abbassiamo la testa davanti al denaro. La notte sarà notte ed anche il giorno sarà notte, però l’inganno ci farà credere che nulla è cambiato.

E l’inganno maggiore che seminerà il potere del denaro, sarà quello di farci credere che è sempre stato così e che non cambierà mai. Ed in quell’inganno vivranno per molto tempo gli uomini e le donne di mais, su quelli che noi chiamiamo popoli originari di queste terre – e come il mais nella sierra Huichola ha molti colori, anche i popoli e la pelle delle persone avranno molti colori -, ma questo inganno regnerà su tutti e tutti penseranno che è verità ciò che è menzogna. Per molto tempo sarà così e grande sarà il dolore della nostra gente e piangeranno molto le nostre donne, i nostri uomini, i nostri anziani ed i nostri piccoli”.

Rimasero tutti zitti gli uomini e le donne di mais, aspettando di vedere se gli dei che li stavano avvisando avrebbero detto loro qualcosa più. Gli dei rimasero silenziosi e dissero che non potevano farci niente ed incominciò un gran casino, un gran vociare nell’assemblea degli uomini e delle donne di mais: che avrebbero fatto adesso, come avrebbero saputo quando sarebbe arrivato il giorno in cui l’inganno avrebbe popolato la terra e sarebbero iniziati il dolore e la sofferenza per gli uomini e le donne di mais.

Gli dei dissero che non sapevano il giorno giusto e non sapevano neanche come avrebbero potuti liberarsi da quella malvagità che sarebbe arrivata sulla terra, ma che qualcosa potevano fare. “Noi – dissero gli dei che popolarono il mondo, quelli che parlarono con quegli uomini e donne di mais, facendo un piano ed una proposta – quando arriverà quel giorno dell’inganno e la notte si allungherà ed il giorno sarà una menzogna, vorrà dire che il giorno si è stancato, che il sole è rimasto addormentato e bisognerà svegliarlo”. Per poterlo svegliare ci sarà bisogno di un bel sogno, di una buona memoria e del coraggio per lottare.

“Noi – dissero gli dei -, quello che possiamo fare, è aiutarvi affinché quando arrivi quel giorno sappiate che cosa fare”. Ed allora nell’accordo dell’assemblea di quegli uomini e donne di mais, i popoli originari di queste terre, ci si mise d’accordo che sarebbero stati loro i guardiani, i vigilanti, per vedere quando quella notte sarebbe arrivata.

“Il problema non è la notte – dissero gli dei -, il problema è non lasciarsi ingannare e non credere che sia eterna e che non finirà mai. Per questo dovete conservare il bel sogno, dove il sole torna a nascere e dove torna a crescere il giorno, ma con verità: allora il mondo tornerà ad essere uguale” – dissero.

“Come accadrà tutto ciò? – chiesero gli uomini e le donne di mais.

E gli dei risposero: “Sceglieremo tra di voi, i più fermi, i più coraggiosi, i più saggi ed a loro consegneremo loro il bel sogno del domani, quando arriverà quella notte”.

Immediatamente gli uomini che stavano nell’assemblea dissero “io”, “no, io” ed incominciarono a litigare tra di loro, per dimostrare chi era il più coraggioso, il più fermo ed il più saggio. Gli dei li lasciarono litigare un po’ nell’assemblea e poi dissero loro: “Se ci date un’opportunità, allora noi potremo dirvi chi sono i più forti, i più coraggiosi ed i più saggi tra di voi”. E dato che non arrivavano ad un accordo tra di loro nell’assemblea, dissero: “Va bene, che scelgano gli dei”.

Ed allora, quei primi dei, che non erano proprio i primi, ma che qualcosa di primo avevano, scelsero un anziano ed un’anziana e dissero: “questi sono i più forti, i più saggi ed i più coraggiosi di questa comunità. Affidiamo loro il sogno nella pelle, affinché quando arrivi il giorno che ci si deve risvegliare, gli uomini e le donne di mais non dimentichino come dev’essere il mondo”.

Si presentarono l’anziano e l’anziana agli dei e tentarono di mettere il bel sogno nella bisaccia, ma non ci stava, tentarono di metterlo nelle tasche dei pantaloni o nella camicia, ma neanche lì ci stava. Tentarono di caricarlo nelle mani, ma non potevano, e non sapevano come fare per conservare il bel sogno della nuova alba. Ed allora gli dei dissero loro che era nella pelle dove devevano tenerlo, e dissero: “A partir da ora, gli anziani e le anziane, porteranno la memoria del bel sogno della nuova alba”. Ed incominciarono a metterglielo nella pelle del viso, delle mani e di tutto il corpo, quel bel sogno affinché ci stesse ed affinché nessuno sapesse che l’avevano lì ed apparvero le rughe nella gente più anziana, perché in realtà le rughe che hanno sul viso, sulle mani e sul corpo, conservano quel bel sogno per ricordarlo.

Quando fecero il conto, i primi dei e la gente dell’assemblea, dissero che non bastava, che era necessario sapere pure quando sarebbe stato necessario svegliarsi. Gli dei proposero allora che qualcuno conservasse il buon ricordo e tornarono a chiedere chi era il più coraggioso, il più saggio ed il più forte dell’assemblea. Tornarono a litigare gli uomini, per dimostrare chi era il migliore, ma non giunsero a nessun accordo ed allora domandarono agli dei chi di loro era il migliore, il più coraggioso, il più forte ed il più saggio.

E gli dei scelsero una donna: “questa è la più coraggiosa, la più forte e la più saggia tra di voi”. Ed affinché conservasse il sogno del ricordo che bisognava svegliarsi, glielo misero tra i capelli. Da allora, dicono gli antichi, le donne e gli uomini di mais riconoscono nelle donne indigene le più sagge, tra quelle intrecciono i loro capelli: è nella treccia dove si conserva questo sogno grazie al quale ci si deve risvegliare.

Quando stavano già per andarsene, i primi dei, che avevano già affidato agli anziani ed alle donne indigene la cassa dove si sarebbe conservato il bel sogno che sarebbe tornato a far nascere il mondo, cominciarono a raccontare la storia di quello che sarebbe successo, di come sarebbe arrivato il potente, di che colore sarebbe stata la sua pelle, di quello che avrebbe fatto, di come avrebbe seminato l’inganno, di come molti di noi indigeni ci saremmo venduti, di come la maggioranza sarebbe stata ferma, di come si sarebbe dovuto badare alla terra, perché in lei c’era il futuro e la vita di ognuno, di come sarebbe arrivato il potente ad offrire più inganni, di come sarebbe arrivato a dire che sempre era stato così, di come ci avrebbe venduti e di come noi tutti avremmo comprato, che noi popoli indios saremmo stati i meno: i meno saggi, i meno forti, i meno abili, le meno persone, quasi animali.

Dissero che sarebbe arrivato quel giorno, e quel giorno arrivò insieme agli spagnoli, quando conquistarono queste terre. Da allora, benché ci sia stata l’indipendenza, benché ci sia stata la rivoluzione, noi come popoli indios continuiamo ad essere trattati con disprezzo, per la nostra lingua, per il nostro colore, per la nostra statura, per il nostro modo d’essere e da allora alcuni membri dei popoli indios, si vendono a quello di sopra ed insieme a loro stessi ed alla loro anima vendono le nostre danze, i nostri colori, le nostre feste e la nostra lingua.

In questo tempo che abbiamo camminato per queste strade della nostra patria che è il Messico e che ci siamo incontrati con i popoli indigeni, con i popoli originari, abbiamo cercato di dire e di ascoltare questa storia di dolore e da tutte le parti abbiamo trovato lo stesso, la stessa indignazione e la stessa rabbia, perché i nostri diritti e la nostra cultura non sono rispettati.

Ma adesso c’è qualcosa di nuovo, adesso siamo di fronte alla distruzione delle nostre terre, alla spoliazione di ciò che c’appartiene, di quanto ci hanno dato da conservare e da curare.

Dicono da qualche parte, nelle montagne di questo paese, gli uomini più vecchi e le donne più vecchie, che è necessario che la notte finisca, che si devono slegare le trecce dei capelli, che deve frugare nelle rughe e che si deve parlare ora del bel sogno che è necessario affinché finisca già la notte dell’inganno che ci hanno venduto e che ritorni l’alba e che il giorno sia giusto, sveglio quando gli tocca o addormentato quando gli tocca.

Dicono che se questo non succede, la lunga notte sarà definitiva e non ci sarà più terra da possedere, né terra da curare né terra da amare.

Dicono che se non ci risvegliamo dall’incubo dell’inganno che ci hanno venduto, non ci sarà più nulla per cui lottare.

Grazie, compagni, grazie compagne.

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