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Narco News Issue #39

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In Quintana Roo, Marcos incontra uno stato in marcia

Il Subcomandante zapatista ascolta le storie locali che parlano di lotte instancabili ed ansie di un cambiamento


di Teo Ballvé
Otro Periodismo con l’Altra Campagna

20 gennaio 2006

“Nelle prigioni e nei cimiteri ci sono quelli che lottano per la giustizia, gli attivisti sociali e nei posti di governo ci sono i criminali” ha dichiarato il Delegato Zero Marcos in un meeting con i simpatizzanti, domenica, nella città di Chetumal, capitale di Quintana Roo. “Dovrebbe essere il contrario, ed è questo che dico agli agenti del governo, arriverà il giorno in cui sarà il contrario”. Fino a che questo accada, Marcos ha incoraggiato i presenti a “non arrendersi e proseguire con le loro lotte”. Durante il giorno ha incontrato simpatizzanti ed aderenti all’Altra Campagna che hanno potuto condividere con lui le loro storie sulle lotte locali.

In un incontro, più tardi a sera, nel parco La Alameda, il suo primo atto pubblico fuori dal Chiapas dopo anni, si è identificato con le lotte di cui aveva sentito parlare durante il giorno nelle riunioni precedenti. Ha affermato ad un pubblico di circa 700 persone, di non essere venuto per guidare i movimenti che hanno lottato duro e per lungo tempo nella zona, ma per imparare da loro, perché gli zapatisti “hanno bisogno del vostro aiuto”.

“Qua c’è molto dolore”, ha detto. “Oggi ho ascoltato molte storie dolorose”. In particolare ha citato il dolore degli indigeni maya contadini di Nicolás Bravo, il sequestro illegale di centinaia di ettari dell’ejido Chetumal ed i violenti tentativi dello stato contro la comunità vicino alla spiaggia, di Mahahual, che sta lottando contro il sequestro delle sue terre.

La terra non si vende

Due contadini di Nicolás Bravo sono stati i primi a parlare col Subcomandante nel primo di due incontri, che ha occupato quasi tutto il giorno. Molti altri membri dell’ejido avrebbero assistito all’incontro ma, puntuali come un orologio, dei camion mandati dal PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale) sono arrivati nella comunità la stessa mattina per distribuire cibo, coperte, vestiti e provviste, o elemosine, per convincere i contadini a restare.

Determinati a non perdere l’occasione di un colloquio personale con Marcos, i contadini sono venuti a Chetumal per spiegare i problemi che devono affrontare le persone dell’ejido.

Il più giovane dei due contadini ha cominciato: “la mia preoccupazione personale è sull’Articolo 27 della Costituzione, che ha riformato la questione agraria. Qui, in Quintana Roo, molti ejidos stanno tenendo riunioni per vedere se accedere al Procede (Programma di Certificazione di Diritti Ejidali) e molti indigeni non vogliono entrare in questo programma. E non tutti gli ejidos accettano la proposta dello stato. Allora io voglio domandargli che cosa comporterebbe questo progetto per la nostra comunità”.

Marcos ha spiegato “dalla riforma di Salinas, poi seguita da Zedillo e Fox, il governo sta mettendo fine agli ejidos ed alle proprietà comunali… trasformandole in terre che possono essere vendute e comprate. Comincia quindi l’offensiva economica del governo che impoverisce i contadini, fino a che non resta loro nient’altro che la loro terra. La riforma permette alla gente di comprarla e venderla, ma i contadini sono poveri e non possono comprare, non gli resta altra opzione se non quella di vendere. Allora la gente vende”.

Stretti attorno al piccolo tavolo, lo scambio sul Procede è proseguito per 20 minuti: si è parlato della storia messicana, sui temi della terra, sull’esperienza zapatista e sui conflitti col governo. “Prima, la terra non apparteneva a chi la lavorava” ha detto Marcos, “ora la situazione è la stessa. La terra non è più di chi la lavora. A quel tempo si ribellò il Generale Emiliano Zapata, adesso è il nostro turno di lottare per la nostra terra”.

I contadini chiedevano a turno, confermando con cenni del capo le risposte del Delegato. L’uomo adulto spiegava che ogni volta che la comunità ha tentato di organizzarsi indipendentemente dai partiti politici, il governo mette in atto degli operativi per fermarli o più aiuti economici, ed allora tutti se ne stanno tranquilli”.

“Sei tu, Marquitos”, ha chiesto un altro, un contadino molto più vecchio. “Sì”, ha risposto lo zapatista. “Bene, benone, da 30 anni stiamo lottando, e siamo ormai stanchi. E non abbiamo aiuti”. L’uomo maturo ha cominciato quindi a parlare di come, indipendentemente dal governo che c’è, non ci sono mai cambiamenti nella sua comunità. La sua frustrazione è cresciuta sempre di più mentre parlava dei politici che hanno chiesto l’appoggio della sua comunità. Alla fine, quando sembrava che non ce la facesse più, ha cominciato ad estrarre di tasca dei volantini di propaganda elettorale. Arrabbiato, ha cominciato a gettarli sul tavolo, davanti al Subcomandante, mentre malediceva i nomi dei politici.

Terra si! Aerei no!

Di fatto, conflitti per la terra e i decadenti partiti politici del Messico, sono stati gli argomenti ricorrenti. In mezzo ai conflitti per la terra più caldi della zona, c’è una controversia sull’espansione dell’Aeroporto Internazionale di Chetumal. L’aeroporto fu costruito negli anni ‘40, ma i contadini sgomberati che vivevano sulle terre ejidales dove ora sta l’aeroporto, non sono mai stati risarciti per la sottrazione delle loro terre. Sotto lo slogan “San Salvador Atenco ha segnato la strada” – in riferimento all’opposizione riuscita da parte dei contadini alla costruzione di un aeroporto internazionale alla periferia di Città del Messico – i contadini dell’ejido Chetumal chiedono il risarcimento dei 229 ettari che sono stati presi illegalmente.

Dopo aver incontrato i contadini nel 2001, l’allora governatore, Joaquín Hendricks Díaz, disse a El Día che l’aeroporto era il pezzo centrale dei suoi progetti per “integrarsi con il Belize, Guatemala e Centro America e compiere la lunga aspirazione di fare di Chetumal il cuore strategico del mondo Maya”.

L’implementazione del Plan Puebla-Panama (PPP) – un’iniziativa della Banca Mondiale per Centro America e sud del Messico – richiede l’espansione dell’aeroporto di Chetumal e così la città potrà servire come centro regionale per il commercio ed il turismo. Il movimento per l’ampliamento dell’aeroporto sotto gli auspici del PPP, ha solo risollevato le richieste dei contadini. “PPP non è che una perfetta definizione degli interessi di pochi stranieri nel nostro paese” ha detto Álvaro Marrufo, venuto per parlare con Marcos come rappresentante dell’ejido Chetumal.

Marrufo ha detto alla gente che l’intenzione del governo è di ampliare e poi privatizzare l’aeroporto e che, nonostante il beneficio che sicuramente ne verrà dalla vendita, la comunità rimarrà senza la sua terra. “Penso che sia ovvia l’intenzione dei governi federali e statali di Quintana Roo, di cacciarci dalle terre per la loro commercializzazione e futura vendita con lauti guadagni per le corporazioni transnazionali”.

Recentemente, il governo s’è preso 90 ettari di terra dell’area residenziale che circondava l’aeroporto. Un’altra volta, dice Marrufo, le procedure corrette sono state completamente ignorate ed i residenti sono stati obbligati ad accettare un pagamento infimo. “È un chiaro tentativo di prendere le nostre terre, questa terra è stata illegalmente commercializzata dall’agenzia dello stato che è l’autorità che dovrebbe, per legge, lottare per i nostri diritti come ejidatarios”, ha aggiunto.

Fernando Cortés de Brasdefer, un archeologo che ha ospitato nella sua casa il Delegato Zero e le riunioni, ha commentato: “I contadini hanno deciso di non cedere di un passo, perché non sono stati pagati, fino ad allora, la loro lotta continuerà”.

“Quando il governo mi vede arrivare, chiude la porta”

Il popolo costiero di Mahahual affronta un problema simile. Nel 1979 un gruppo di famiglie hanno formato l’Associazione Fratelli Flores Magón per lanciare una lotta contro il furto delle loro terre da parte dei promotori commerciali quando il boom turistico iniziò ad estendersi tra Cancun e Chetumal. Un braccio di terra fu venduto ad Isaac Hamui Abadí, un promotore di successo legato al governatore Joaquín Hendricks Díaz. Abadí ha subito costruito un muro intorno alla sua proprietà per impedire che i residenti di Mahahual raggiungessero la spiaggia passando sulle sue terre.

Uno dei leader dell’Associazione, Sergio Benjamín Carvajal Rejón, ha indicato un mucchio di lettere inviate alle autorità dello stato per chiedere l’intervento del governo per la soluzione del conflitto. In quel mucchio c’erano anche alcune lettere di risposta. Una risposta del governo dello stato diceva che era “tecnicamente” e “legalmente impossibile” intervenire. Un’altra lettera, scritta da Carvajal, denunciava la campagna di violenza ed intimidazione rivolta ai membri dell’Associazione.

Carvajal ha detto ai presenti alla riunione: “Quando ve ne andrete” ha detto rivolto alla stampa e al tavolo dove sedeva Marcos, “quando la stampa sarà andata via, quando tutto questo finirà ed ognuno tornerà a casa sua, saremo qui a beccarci la repressione che il governo, gli operativi politici e quelli d’accordo col governo, sicuramente ci scateneranno contro”.

Carvajal ha aggiunto che la gente di Chetumal è costretta costantemente ad uno scontro con il governo e c’è bisogno di avere modi di comunicazione che possano allertare il resto del paese e del mondo sul “carico di rappresaglie ed ingiustizie che il governo ci infligge”. Una delle maggiori proteste, oltre alla violenza diretta contro lui ed i suoi colleghi, è sul fatto che il governo, letteralmente nega loro l’accesso: “quando mi vedono arrivare, sbarrano la porta degli uffici pubblici, come se fossero chiusi”.

Una porta si chiude, un’altra si apre

A Chetumal, e nel resto di Quintana Roo, al Delegato Zero raccontano di questa ed altre lotte che la gente dello stato sta portando avanti. Qui non mancano storie per il Subcomandante, storie di e sulla gente che lotta in basso a sinistra. Lui viene in questa terra dei maya per portare la nuovissima missione degli zapatisti delineata nella Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona:

“Quello che faremo è chiedervi della vostra vita, la vostra lotta, il vostro pensiero su come sta il nostro paese e come fare affinché non ci sconfiggano… secondo quello che ascolteremo ed impareremo, costruiremo… un programma nazionale di lotta, ma un programma che sia chiaramente di sinistra cioè anticapitalista cioè antineoliberista, cioè per la giustizia, la democrazia e la libertà per il popolo messicano”.

Nello scenario del parco La Alameda, Marcos, con calma, ha detto alla gente: “dobbiamo decidere se continuare con un paese che ci esclude, o se ne costruiremo uno differente. Questa è l’altra opzione”. Ed ha chiarito: “Non siamo venuti qua per invitarvi ad uccidere o morire, ma siamo venuti per… organizzarci insieme a voi affinché non si ripeta un primo gennaio 1994, perché nessuno più debba prendere un arma, coprirsi il viso e cambiarsi il nome, per essere visto”.

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